28 luglio 2015

Wayward Pines

Quando i film si fanno ad episodi.

Una serie evento, firmata da M. Night Shyamalan, che fin dal suo inizio richiama nemmeno troppo velatamente cult come Lost, Twin Peaks e Big Fish.
Il ritmo è anche quello, fitto di misteri, fitto di indizi che si devono ricordare e accumulare per poter capire dove si sia risvegliato l'agente Burke, cosa nasconde la gente di Wayward Pines, paesino all'apparenza perfetto, poche auto, immerso nel verde, in cui si risveglia dopo un incidente stradale, in un ospedale deserto in cui una subdola infermiera si prende cura di lui e a cui viene assegnata di diritto una casa.


Ma c'è del marcio in Wayward Pines, lo si capisce subito. Non ci sono grilli, la gente è guardinga e sospettosa, e la sua ex (collega e amante) è lì, in carne e ossa, dicendo di viverci da ormai 10 anni quando solo 5 settimane prima si erano incontrati nella centrale dei Servizi Segreti, prima di sparire in quel nulla in cui Ethan Burke era stato incaricato ci cercarla.
L'appeal con questi elementi non poteva che essere alto, perchè scoprire la verità è sempre un gioco a cui ci piace giocare, e laddove la fuga sembra non concessa, il capire il perchè è forse più intrigante dei piani per fuggire stessi.
Peccato però che a metà serie tutto questo si perda, tutto venga risolto per noi in uno spiegone in cui se non bastano le parole, ci pensano le immagini, e il classico colpo di scena alla Shyamalan ci è servito, in anticipo e lasciandoci così in attesa di un finale in cui tutto potrebbe essere rimesso in discussione.


La serie evento, che cita random Twin Peaks, si spegne così, proseguendo lentamente e tristemente per qualche altro episodio che serve solo a rendere più insopportabile il cattivo di turno, e più insofferente quel Ben, uno dei peggiori ragazzini mai visti in una serie, sia per come il suo personaggio è scritto, sia per come è interpretato da un monoespressivo Charlie Tahan che si merita quindi quella pre-fine fra le più stupide mai pensate.
Per quanto se la possano cavare bene i redivivi Matt Dillon, Juliette Lewis e Shannyn Sossamon, e per quanto Terrence Howard nei panni del viscido e sadico stia sempre bene, Wayward Pines affonda nel già visto, delineano infine atmosfere da zombie movie, in cui tutta la tensione costruita scema in un nonnulla in cui i vari personaggi si trovano a muoversi tra incredulità e cieca fede.
Non bastano i temi tanto cari del destino, del potere e della religione, né basta quel finale che non è certo lieto e in cui tanto per cambiare Shyamalan chiude il cerchio là dove si era aperto: la delusione ha ormai preso il suo corso, inarrestabile, e la serie evento si chiude senza troppo dispiacere per in questo suo unico e singolo ciclo.


6 commenti:

  1. Il libro da cui è tratto mi era piaciuto discretamente. La serie la vedrò a breve, se ne parla malino e purtroppo la trilogia in tv non verrà completata...

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    1. Da quello che ho leggiucchiato, la trilogia è quasi tutta affrontata qui, e visto come va a finire, sono felicissima non se ne faccia un'altra stagione. Aspetto il tuo giudizio, sono sicura che almeno la prima parte ti convincerà, poi, purtroppo, ci si perde parecchio.

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  2. Porcheria assoluta.
    Ma quanto è stupida la scena in cui il ragazzino, verso la fine, viene colpito in testa dalla pietra?
    Ho riso fino alla fine del seasoon finale, praticamente.

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    1. Pure io, e tra le risate ne ero contentissima, uno dei personaggi peggio scritti e peggio recitati.

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  3. Sono d'accordo.
    Una serie che a metà scade totalmente...
    Ma che si sono fumati per tirare fuori sti mostruosi Abbies?!?
    E Ben è proprio insopportabile. Se la gioca alla grande con Carl di The Walking Dead. :)

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    1. E forse lo batte, per me, almeno Carl un minimo di senso ce l'ha, anche se aspetto con impazienza il giorno in cui pure lui verrà preso a sassate.
      Fortuna che serie evento più che bella serie significa serie che finisce subito.

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