27 luglio 2015

What Lives Inside

Quando i film si fanno ad episodi.

Arriva un punto in cui il bambino che è dentro di noi muore.
La causa il più delle volte è la vita stessa, che chiede di abbandonare la magia, le fantasia e i sogni per fare i conti con la realtà.
Taylor con quella realtà ha dovuto farci i conti presto, lui che era figlio del papà d'America, lui che ne vedeva però tutti i difetti, che doveva subire i mancati appuntamenti, la sua assenza alle feste di compleanno, lui che in quel mondo di fantasia creato da un padre sognatore il cui bambino ancora viveva e gli permetteva di non crescere, di non essere del tutto responsabile.
Quando questo padre muore, sono in tanti a sentirsi orfani, i fan della serie The World Beyond lo piangono come fosse appunto uno di famiglia, che gli ha permesso di crescere in un mondo colorato, popolato di mostri buoni e gentili.
Non Taylor invece, per cui quel padre se n'è andato da tempo, per cui il funerale, la veglia, sono impicci nel mezzo del lavoro.
Ovvio che proprio a lui, proprio al suo lato scorbutico, che dimentica anche il dolore di una madre ora vedova, sia chiesto di tornare in quel mondo, di ritrovare il bambino scomparso.


Come una moderna Alice, come in una classica produzione Disney, Taylor viene invitato in questo mondo, ne viene catapultato fuori, ne viene risucchiato ancora una volta, vedendo come il grigiore stia ora avanzando, togliendo ogni colore.
Semplice e un po' banale, la storia di Taylor prodotta dalla Dell che ne approfitta per piazzare il suo tablet in modo non del tutto naturale, è una storia che nella sua semplicità arriva al cuore.
Il merito non è di quel Colin Hanks (unico protagonista vista la presenza breve di Catherine O'Hara e di quello che può essere considerato un cammeo da parte di J. K. Simmons) che ha ereditato, purtroppo per lui, tutto il buonismo e l'ingessatura del padre Tom, né di effetti speciali che ricalcano alla meglio gli ambienti di Alice in Wonderland o di una puntata qualunque di Once Upon a Time. Il merito è di una storia che in soli 40 minuti il cuore ce lo mette, e lo fa battere, per quanto intingendolo in mielosità e scontatezze.
Sviluppata più a lungo avrebbe potuto perdere ogni punto a favore, ma come web series -il cui mondo continua ad essere investigato da queste parti- la si vede e la si gode, finendo piuttosto soddisfatti e in qualche modo arricchiti da una lezione che mai dovremmo dimenticare: coltivare i sogni, le passioni e la fantasia, far vivere sempre, in un angolo della nostra mente o del nostro cuore, quel bambino che è in noi, e che ha il grande privilegio di poter non crescere.
Perchè solo vedendo la magia che è dentro, possiamo vedere quella che è là fuori.


2 commenti:

  1. Visivamente, un gioiellino. E forse - a lungo - questo non lo avrei tollerato troppo. Vedi OUAT.
    Ci aggiorniamo per qualche altra webseries che ci piacerà pure, anche se non riusciremo a metterla bene a fuoco. :)

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    1. Il problema delle web series è che difficilmente vengono sottotitolate, anche, ne ho trovato un paio, comedy, ma si fatica, mannaggia.

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