9 settembre 2015

Venezia 72 - De Palma


Neanche il tempo di rimanere delusi dal suo Giovani si Diventa, che ti ritrovi Noah Baumbach a Venezia, assieme a Jake Paltrow, a presentare un documentario su Brian De Palma, premiato questa sera con lo Jaeger-Le Coultre, Glory to the Filmmaker Award.
Più che un documentario, però, siamo davanti a una lunga intervista, in cui solo De Palma stesso è chiamato a parlare, è chiamato a raccontarci la sua vita.
Si parte dall'infanzia, con la famiglia di certo non felice, si passa subito agli studi, alla passione per il cinema che nasce ai tempi dell'università per poi parlare, ovviamente, di ogni suo film.

Questa lunga intervista in cui nessuno si aggiunge, in cui a De Palma davanti a un caminetto blu si contrappongono solo spezzoni delle sue opere e foto per mostrarci di chi sta parlando, sfiancherebbe anche il più appassionato.
La fortuna di Baumbach e di Paltrow è che il loro interlocutore conosce i tempi dello spettacolo, sa come intrattenere e grazie ad aneddoti gustosissimi, grazie ai racconti di dietro le quinte e giudizi impietosi verso colleghi e remake, quella a cui assistiamo è l'ennesima lezione di questa mostra: quella di un maestro, che da sempre ha una sua chiara visione del cinema, e che nel bene e nel male l'ha portata avanti.
Non nascondo che a me, De Palma, non ha mai entusiasmato. Proprio per quella tecnica, per i suoi esperimenti visivi e quei movimenti di macchina ben studiati, ha sempre avuto una patina di finzione che non riesco a mandar giù, film cult a parte. A fare la differenza poi, ovviamente, le trame dei suoi film, quelle sceneggiature tra l'azione e il giallo che non entrano propriamente nelle mie corde.
Ma come artigiano, come regista che vuole arrivare e vuole distinguersi, vuole trovare modi sempre nuovi per costruire la scena, non si può non ammirare il coraggio e l'avventatezza di De Palma.
L'intervista impreziosita dai suoi modi semplici, che ci fa scoprire come anche i suoi più grandi capolavori al botteghino poco hanno incassato, la si gode in tranquillità, scorre liscia senza quelle innovazioni che il regista stesso avrebbe voluto o potuto usare.
Lo si ascolta, quindi, e lo si ringrazia, per aver condiviso la sua storia, per averci arricchito e incuriosito.

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