8 settembre 2015

Venezia 72 - Sangue del mio Sangue


Due sono le storie, due sono i toni, uno solo è l'ambiente: il convento prima, le carceri poi di Bobbio.
Marco Bellocchio torna nel paesino delle sue vacanze e lo fa per raccontare due storie che, luogo a parte, non è così semplice unire.
La prima parte del film ci trasporta in anni bui, in anni in cui la Chiesa dominava, in cui essere seppelliti (per suicidio) in terra sconsacrata era un'onta potente. Federico cerca di rimediare, cerca di convincere i monaci e le suore a ripensarci, a spostare il corpo del fratello per una madre spezzata dal dolore. Per farlo, la sua amante deve confessare di essere stata posseduta dal diavolo, di averlo sedotto e portato nella via del peccato, solo così il suo gesto estremo avrebbe un senso e non sarebbe più una colpa. Benedetta è però testarda, supera la prova dell'aqua, del pianto, non cede. E Federico ne è ammaliato. Solo con il fuoco la sua forza diminuisce e si arriva alla soluzione estrema: murarla viva.
Un salto improvviso nel tempo ci porta più avanti, ci porta all'oggi in cui quel convento, diventato carcere, è ora abbandonato e viene abitato abusivamente dal cosidetto vampiro, sospeso tra la vita e la morte, che esce solo con il buio, che assieme a tanti altri a Bobbio, finti ciechi, finti invalidi, truffano lo Stato.
Il suo rifugio rischia però di essere acquistato da un ricco russo in cerca di affari, portato sul luogo da un sedicente ispettore.
Nella notte che segue, seguiamo questo vampiro dal dentista, alla ricerca con i mezzi di oggi della verità, mentre viene folgorato per l'ultima volta dalla bellezza di una giovane.
Entrambe le storie racchiudono un'atmosfera sognante, un'atmosfera che il borgo suggestivo racchiude bene: natura incontaminata, spazi ricchi ed eleganti, musiche che nella loro classicità, nella loro sacralità sono invece quanto mai moderne.
Più intensa la prima parte, che fa vivere passione e dolore, più disincantata la seconda, che si lascia andare a toni più leggeri, che guarda l'oggi con un'ironia convincente.
Prese singolarmente, si è davanti a opere che convincono, che appassionano e divertono, prese nel loro insieme, questa passione e questo divertimento perdono un po' della loro forza, si aggiungono domande e dubbi a cui devo ancora trovare risposta.
Di certo Bellocchio non lascia indifferenti, si fa sentire, e in attesa di capirlo, può bastare anche così.

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