8 settembre 2015

Venezia 72 - Viva la Sposa!


Non è commedia, non è dramma, come Balto il nuovo film di Celestini sa soltanto quello che non è.
Prova a far ridere, prova ad infilarci vecchie barzellette, vecchie filastrocche e situazioni dolci e disincantate, ma tutto finisce per far pena.
Prova allora a virare sul dramma, affrontando temi pesanti come le morti in caserma, come il giro delle truffe, ma non bastano pochi, intensi minuti per stabilizzare il film.
Il problema è forse proprio questo: si vuole raccontare tanto, si vogliono seguire tanti personaggi che tutto risulta en passant.
Il protagonista è lui, Celestini, nei panni del classico ubriacone di provincia, che passa la sua giornata al bar, a promettere a tutti che smetterà di bere, che quello che ha davanti è l'ultimo bicchiere o a trovare una scusa per berlo. Ha in affido quello che forse è suo figlio, avuto da una prostituta frequentata in altri tempi, ed è innamorato di Sofia, ragazza arrabbiata che finge la fuga.
La vita di Nicola incrocia quella di un altro disperato quando gli investe il padre, ed entra così nel giro di truffe che con pochi soldi lo mantengono meglio. Ma poi c'è quella prostituta che fa fuori il suo pappone, c'è il carrozziere che ridipinge il suo furgone, c'è una giovane rumena ma romana che fa gli occhi dolci al figlio, e c'è una sposa, quella sposa del titolo, che sta girando l'Italia in luna di miele e compare qua è là, per le strade o sullo schermo della TV.
Tutto questo assume quindi i tempi e la sostanza di un pasticciaccio, di tante situazioni legate male, approfondite ancora meno, in particolare quella sposa che non si spiega e resta una metafora, forse, senza soluzione. Il cast corale, troppo corale, vede anche la prezzemolina del festival Alba Rohrwacher, il personaggio sfruttato peggio, il più sacrificabile, nonostante il suo nome.
Quella che si intravede è un'Italia davvero ai margini, una Roma di periferia e di casi sociali. Un'Italia davvero disperata.
Che non sa far ridere. Non sa far riflettere.

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