23 settembre 2015

Via dalla Pazza Folla

Andiamo al Cinema

Ci sono film che inizi, e sembra che siano sempre lì, fermi all'inizio.
La narrazione procede, certo, capitolo dopo capitolo, scena dopo scena, ma sembra che tutto sia ancora in costruzione.
E poi ti ritrovi che metà della durata totale di quel film è già passata, che la costruzione è avvenuta e continua a crescere, che quei capitoli, quelle scene, si sono sommate senza lasciarti il tempo di addentrarti davvero in loro.
È il problema dei film film che hanno troppo da dire, troppo da raccontare, e che non possono perdere tempo in raccordi silenziosi e preparatori, ma ti buttano addosso tutto subito, ogni capitolo è essenziale, ogni scena è un episodio che deve essere raccontato.
A ben guardare è il problema dei film che vengono tratti dai romanzi, in cui tanto è stato scritto, tanto c'è da raccontare, e il lavoro dello sceneggiatore si fa così più arduo.


È il problema di Via dalla Pazza Folla, che pur riuscendo ad emozionare, lo fa grazie alla bravura degli interpreti più che dello sceneggiatore.
Chiariamo: il problema non è la trama, non è la storia complessa ma a suo modo ancora moderna che Thomas Hardy ha pubblicato nel 1874, il problema è come la penna d'eccellenza di David Nicholls ha tradotto il tutto, non riuscendo a togliere, non riuscendo a sacrificare, dividendo il tutto per capitoli essenziali, neanche fossimo nel suo One Day.
La storia di una donna indipendente, che non cede al matrimonio di convenienza, che trova la ricchezza (ereditata) mentre quel suo pretendente perde tutto e finisce per essere il suo più fedele sottoposto nella sua tenuta, una donna indipendente che non cede a un secondo matrimonio di convenienza, ma cede infine alla passione, al fascino di una divisa, sapendo in cuor suo di sbagliare, rendendosene conto troppo tardi, questa storia è complessa, è lunga soprattutto, attraversando anni e problemi, attraversando pericoli e amori.


A fare la differenza, a salvare il tutto, sono però degli attori perfetti: Carey Mulligan non perde un colpo e nei panni della donna bella, contesa ma padrona di sé è bellissima, come bellissimo è la mia nuova ossessione, esplosa in tutto il suo sex appeal in A bigger splash, qui, Matthias Schoenaerts è altrettanto sexy, perchè è quell'amore primo, unico, saggio che si fa osservatore, che si fa appoggio. Suoi contendenti sono l'alquanto noioso Michael Sheen (a cui il ruolo visto Masters of Sex cade a pennello) e il giovane Tom Sturridge, decisamente meno fascinoso di Matthias.
Ma come si dice, al cuore non si comanda, e Carey sceglierà suo malgrado, finendo per ferire e ferirsi, diventando la protagonista di un'epopea sentimentale che solo nella seconda parte cresce davvero, mostra il risultato di tutte quelle somme.
L'emozione, fortunatamente, arriva sempre, arriva da subito con quegli sguardi palpitanti, con quelle scene raffinate che mostrano tutta la maestria di un Thomas Vinterberg che anche nel passato, anche nel non inquietante e nel non cattivo, sa il fatto suo.
Scene che sembrano quadri, un'eleganza indiscutibile, che si sente anche in campo musicale, con musiche dal popolare al nobile, con la stessa Carey che torna magnificamente a cantare dopo la prova in Shame.
Tutto questo fa dimenticare anche quei difetti di composizione.
Perchè alla fine, quel che conta, è trovare l'amore anche lì dove è sempre stato, nascosto tra crescendi che non crescono, nascosto nello sguardo innamorato di un attore belga.


5 commenti:

  1. Concordo con te. Prima parte introspettiva, lenta il giusto, ma poi si procede per accumulo.
    Succede troppo in troppo poco, ma già la trama coi poligoni amorsi alla Harmony - non me ne vorrà Hardy - non mi faceva particolarmente impazzire di per sé. Tutto bello, tutti belli, la regia è di un perfezionismo magnifico, ma alla fine è l'ennesimo pacchetto ben confezionati.

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    1. Essendo donna con la tendenza ad emozionarmi anche per un gatto che passa per strada, alla fine lo salvo perchè l'ammmore che sboccia fa il suo effetto. Loro bellissimi e bravissimi, regia molto in stile inglese, a mancare è una trama un pochino più originale o semplicemente da gestire meglio.

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    2. Che Nicholls pensi a scrivere libri libri, perché quelli gli escono bene proprio.
      Se non avevi visto la miniserie scritta da lui, The 7.39 facci un pensiero: ti piacerebbe. :)

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    3. Ricordo che ne avevi parlato e da qualche parte me lo ero pure segnato! In questo autunno di nuovi inizi ma di tempi buchi, potrei concedermelo finalmente :)

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  2. Sarà una delle prossime visioni: sono curioso perchè di solito Vinterberg o mi piace da matti o mi fa incazzare.

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