6 settembre 2016

Venezia 73 - The Bad Batch


E' sempre la più attesa la seconda prova di un regista che si è imposto con la prima diventando un cult.
Erano altissime quindi le aspettative per The Bad Batch, seconda prova i Ana Lily Amirpour, che abbandona i vampiri, il bianco e nero, un'immaginaria città dell'Iran a favore di cannibali, il colore, un immaginario deserto senza stato e senza leggi nel mezzo dell'America.
Già questo bastava per far venire l'acquolina in bocca.
Aggiungeteci un cast che parte dalla modella-attrice Suki Waterhouse e dall'indimenticabile Khal Drogo Jason Momoa e finisce con Jim Carrey, Keanu Reeves e Giovanni Ribisi, e che la Amirpour voglia fare le cose in grande è chiaro
Ci riesce?

Spiace dirlo, ma i limiti di questo film, sono gli stessi che avevo trovato in A girl walks home alone at night: una fotografia e una regia perfette, che affascinano in modo innegabile, ma poca sostanza. Per fare una battuta di cattivo gusto, visto il tema, c'è poca carne al fuoco in The Bad Batch, come se l'idea iniziale, di un pezzo di deserto in cui confinare al loro destino gli scarti della società, divisa in cannibali che predano i nuovi arrivati mangiandoli pezzo dopo pezzo e una città-sogno con il suo boss e i suoi strani commerci, mancasse la vera e propria storia, cosa raccontare, cosa sviluppare in un tale ambiente.
La prima parte che vede la bella Arlen cercare di sopravvivere pur con parti mancanti, è la più riuscita, vuoi per il ribrezzo, la tensione, il sangue che si sentono. Poi, dentro a un sogno, dentro a Comfort e in preda all'LSD ci si perde, e non basta il tentativo di storia d'amore, di ricerca e appartenenza a tenere in piedi il tutto.
Il pensiero va a Mad Max, anche lì la storia consisteva in un lungo road movie di fuga e guerra, ma qui manca l'adrenalina, le corse, l'azione, sono sostituiti con grandi silenzi, grandi piani di un deserto sconfinato e bellissimo.
Suki Waterhouse è purtroppo o per fortuna più bella che brava mentre Jason Momoa si staglia anche solo con la sua presenza fisica sulla scena, sono relegati a ruoli piccolissimi, in disparte, i nomi più noti del cast, che non riescono così a brillare a dovere.
Se la Amirpour una cosa la sa fare, è però affascinare e immergere in un'atmosfera da lei decisa, e almeno in questo ci riesce, grazie a una fotografia e a movimenti di macchina che inquadrano un mondo alla deriva e grazie soprattutto a una colonna sonora capace di creare tensione quando serve, e di divertire usando vecchie hit che stonano in mezzo a braccia e gambe servite come pasto principale.
Tirando le somme, tanto può la Amirpour alla regia e nel creare un soggetto, tanto è manchevole nella sceneggiatura, aggiustata questa, per il suo terzo film potrebbe finalmente far faville anche ai miei occhi.

4 commenti:

  1. E io non ho ancora visto l'esordio della regista (ma la voglia continua a essere poca)...

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    1. L'esordio forse grazie al biancone nero é ancora più affascinante, ma sì, anche lì é la storia con i suoi dialoghi a non avermi convinto..

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  2. Anche io avevo avuto la tua stessa impressione dal suo film precedente.
    Questa volta però spero che almeno i cannibali possano convincermi di più... :)

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    1. Giochi in casa, in più hai una modella bellissima protagonista e per quanto poco una struttura più americana... Vedremo ;)

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