7 settembre 2016

Venezia 73 - Diario di Bordo, Giorno 5-7

Continua la mia avventura veneziana, QUI le puntate precedenti.

GIORNO 5

Cosa non si fa per James Franco!
Per la precisione: ci si sveglia all'alba e si boicotta Mel Gibson.
Dite che è un sacrificio da poco? Insomma, parlate con le mie occhiaie e con le ore di sonno arretrato, poi, sì, sono la prima ad ammettere che evitare un film patriottico e melenso come la storia del primo obiettore di coscienza americano girato da Mel Gibson non è chissà quale sacrificio, per buona pace della critica che lo esalta e parla già di Oscar.
Staremo a vedere, nel caso, nelle sale normali.

Ma si parlava di James Franco, vera calamita a Venezia, che ieri ha portato così tanti fan in delirio da causare fioriere volanti e insulti da parte degli accreditati rimasti fuori dalla sala a favore del pubblico non pagante. Per questo motivo questa mattina sono arrivata al Lido presto, mettendomi in una fila già piuttosto lunga che nel giro di mezzora è diventata chilometrica.
Ma sono entrata.
E sono anche rimasta delusa.
Non per il messaggio ancora drammaticamente attuale che In Dubious Battle lancia su diritti e condizioni di lavoro, ma per una trasposizione piuttosto debole che cede a inutili romanticismi. Il fato mi è stato comunque favorevole visto che in pausa pranzo mi sono beccata James in pausa pranzo con i suoi baffoni, al di là del vetro del bar vista spiaggia. Mica male.
La giornata è proseguita all'insegna della leggerezza e dell'umorismo, che ci stanno sempre bene soprattutto in una giornata così calda: El Ciudadano Ilustre è un piccolo gioiello che almeno un premio lo vincerà, e meritatamente per come è scritto e per come è interpretato, la speranza è che arrivi anche nei nostri cinema.
Anche oggi, poi, la mia asocialità è stata messa da parte per la giornata che come ogni anno la mia mamma passa al Lido, e quindi, pranzo finalmente decente assieme alle sue amiche, passeggiata in tranquillità, e poi insieme a vedere King of the Belgians, scelto da me visto che lo scorso anno, con quel mattonazzo di Tharlo, non c'era andata bene.
Anche qui, risate, tante, leggerezza, pure, in un folle on the road verso casa, verso un Belgio spezzato in due. E non te lo aspetti dai registi di quell'altro mattonazzo de La Quinta stagione!
Usciamo dalla sala felici, ancor più perchè vediamo il re (Peter van den Begin) in persona che accetta selfie, autografi e complimenti.
E' però già il momento di tornare sola e di scrivere tutto quello che ho visto, motivo per cui il blog ha avuto un picco di pubblicazione nell'unica ora libera disponibile. Poi, breve sbirciata a quel barbuto di Mel Gibson (sì, è invecchiato) e a Andrew Garfield (no, non mi piace) e dentro a vedere La Regiòn Salvaje che nella sua follia e assurdità -anche se la cosa assurda è che sia in concorso- regala scene che sono già un cult.
Questa volta per cena non resto fregata, ed è incredibilmente presto, incredibilmente so già dove sta il kebabbaro e rientro a casa ad un orario decente per poter recuperare un po' di quelle ore arretrate per cui James Franco dovrebbe sentirsi in colpa.
Ed è tutto, in quella che è la giornata giro di boa, e che fa arrivare i giorni più tranquilli per chi non se ne vola a Toronto e sta a vedere anche i film non americani.

GIORNO 6

Il giro di boa si è sentito, Venezia si è svegliata nel grigiore e in una pioggia leggera, io mi sono svegliata solo più leggera, basta grandi star, basta film di richiamo per cui fare code, basta affollamento del weekend.
La fine sembra vicina, è per quanto possa essere bello vivere solo di cinema, il buon cibo, gli orari normali o anche semplicemente il mio bagno, mi mancano parecchio.
Arrivata a questo punto, ho deciso anche di fare un punto sui vicini di poltrona che mi sono capitati finora, che qui a Venezia è diverso che nei soliti cinema, non ci sono solo quelli che parlano, commentano o anticipano il film, ci sono:
- I FRETTOLOSI quelli che anche se le luci si sono spente, la sigla della mostra è partita e i titoli di coda pure, devono assolutamente finire il loro discorso con il vicino e accelerano le parole pur di riuscirci, creando ancora più disturbo
- I SOCIALI quelli che non rinunciano a controllare i social durante il film, o che se annoiati ne passano buona parte della visione attaccati, per poi applaudire convinti a film terminato
- I RUMOROSI quelli con il fischio al naso perenne, ogni respiro, un fischio, neanche fossero stati scritti da Pirandello.
- GLI IRREQUIETI quelli che non stanno comodi in nessuna posizione, che per evitare di addormentarsi si mettono dritti dritti, si buttano di lato, in avanti, indietro, a destra o a sinistra, si grattano i capelli, la schiena, non trovano pace. E nemmeno chi gli sta seduto dietro
- I MISTERIOSI la categoria più misteriosa, quella composta dai tossitori anonimi. Parte in media un colpo di tosse ogni due minuti in sala, ma mai una volta che fosse di un mio vicino di posto. Chi sono questi untori? Dove si nascondono?
Visto che mi sono prolungata troppo in questa premessa, lo avrete capito che nella giornata di oggi non è successo niente di particolare, a parte aver pagato 9 euro per una triste caprese composta da un pomodoro, una mozzarellina e un paio di foglie di rucola.
La mattina è partita all'insegna della leggerezza di Piuma e nonostante i "Vergogna!" partiti in sala, io mi sono divertita, a parte qualche eccesso di romanità. Subito dopo, le lacrime, l'intensità e la bellezza del documentario One more time with feeling, sulla costruzione del nuovo album di Nick Cave e i Bad Seeds, ma soprattutto sull'elaborazione del lutto del cantante dopo la morte del figlio. Cercatelo, anche se non siete suoi fan o non conoscete la sua musica, merita davvero.
Ancora scossa e con gli occhi che a fatica trattenevano altre lacrime, ho incontrato il buon Saur/Kris Kelvin di Solaris, ci siamo aggiornati sulle rispettive visioni e così anche la parte socialità della giornata è stata compiuta.
Tempo di una costosa caprese, e si torna in sala per la delusione My Art non che mi aspettassi chissà chè, ma dalla madre di Lena Dunham speravo in una maggiore attenzione per la scrittura.
La lunga pausa del pomeriggio l'ho passata seduta per terra in sala stampa a scrivere, e seduta su uno scoglio in riva al mare a leggere, perchè sì, tra sale,film e red carpet, ci si dimentica che basta attraversare la strada e ci si ritrova in spiaggia.
Il troppo relax si è fatto bilanciare dalla coda lunghissima per Une Vie, ma la sala Darsena non teme i sold out, e così ho visto anche la vita di merda di una donna a metà '800, scusate il francesismo, ma davvero, maiunagioia per la protagonista.
Leggera e rilassata come non mai, me ne sono tornata a casa, il sorriso non mi abbandona perchè finalmente, domani, il settimo giorno, la sveglia è puntata alle 9. Sì. Le 9. Per buona pace di Kim Rossi Stuart.

GIORNO 7

Sette giorni, sette giorni.
Sono passati sette giorni e mi sembra di fare questa vita da sempre, e la cosa inizia ad essere pesante.
Non che non sia bello vivere di soli film, ma quando i buoni film scarseggiano, le cose si complicano.
Se la mattina ho rinunciato al nuovo film di Kim Rossi Stuart -e leggendo qua e là, non mi sono persa granchè- per potermi rifornire di ogni cibo e merendina in modo da sopravvivere fino a venerdì senza farmi spennare, e se i due film in concorso erano gli unici punti fissi dell'agenda quotidiana, il pomeriggio si è rivelato un'incognita.
Che fare? Scegliere il film giapponese? Il film nepalese? Il documentario di Santoro?
Ho scelto il male minore, e ho scelto il documentario di Bill Morrison Dawson City: Frozen Time. Si parte da una scoperta che ha dell'incredibile, scavando per costruire un nuovo centro ricreativo, sono venute alla luce decine e decine di bobine di film risalenti ai primi anni del '900, film muti considerati perduti da sempre, cinegiornali, riprese amatoriali. L'instabile nitrato di cellulosa altamente infiammabile che negli anni in drammatici incendi aveva fatto perdere nel tempo testionianze e film, qui è stato conservato senzza troppi danni sotto una pista del ghiaccio. Il documentario parte quindi a ricostruire la storia americana a partire dagli spezzoni di questi film che rivedono la luce, una storia che si incastra con quella della città di Dawson (no, non Capeside), protagonista della corsa all'oro, della ricchezza della famiglia Trump che lì costruì hotel, casinò e bordelli, dell'espansione del cambiamento della società. Mi dilungo così tanto perchè non ne ho scritto nel blog, non sapevo bene come prenderlo un documentario che aveva tra le mani un simile materiale, ma che si perde a raccontare didascalicamente quanto accade in America e nel mondo dalla fine dell'800 agli anni '70. Ce n'era bisogno? Visto che le palpebre sono calate in più punti tranne in quelli direttamente collegati alla città di Dawson e a quelle bobine e al loro destino, probabilmente no.
Se però una cosa buona è venuta fuori da questa visione, è che ho evitato la pioggia. Un temporale si abbattuto sul Lido, ma posso dire di averne sentito solo i tuoni e la pioggia scrosciante, perchè uscita dalla sala c'era già il sole.
Ma torniamo alla mattina, dove dopo esser stata in una Venezia che non parla continuamente di film, che se ne frega dei fischi e delle polemiche, del programma o delle interviste, insomma, la Venezia dei turisti, sono arrivata comoda comoda al Lido per The Bad Batch.
Ancora una volta, Ana Lily Amirpour affascina, con una regia, una fotografia e un soggetto davvero ben confezionati, ma non approfondisce la sceneggiatura. Ed è un po' un peccato.
Il momento socialità del giorno c'è stato con il collega del Teatro Montegrappa Boris, che qui al Lido fa il proiezionista, e con cui sono stata costretta (si scherza, eh, sisi) a fare una foto per la pagina fb del teatro. Se volete, potete andarla a vedere.
La tranquillità della giornata, con il sonno che non incalza, ma con il vento che inizia a soffiare freddo, fa già arrivare sera e il momento di un Malick documentarista per National Geographic.
Voyage of Time è composto da immagini di rara bellezza, con a fare da sfondo una colonna sonora suggestiva e la voce suadente di Cate Blanchett. Ci vuole un po' per farsene avvolgere, ma una volta dentro il film, dentro a quanto di bello la natura, la vita, ha da offrire, si resta catturati.
Finisce prestissimo questa giornata, tanto da farmi vedere una puntata di Veep durante la cena, restare a gingillarmi su internet senza paura della sveglia.
Sembrano lontani i tempi delle corse e delle nottatace, ma meglio che me ne stia zitta, che domani tocca vedere l'ultimo film alle 22.

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