19 febbraio 2017

La Domenica Scrivo - Domande

Questa domenica, scrivo domande.
Scrivo domande che mi frullano per la testa da un po', riflessioni banali, magari, ma che sentivo il bisogno di mettere giù per bene, di condividere.
Ce ne saranno ancora, spero, di domeniche così, perché la ritengo una gran verità il fatto che la vera intelligenza non stia nelle risposte, ma nelle domande.



Cosa pensano tutto il giorno gli autisti che guidano in mezzo al traffico delle grandi città?
Gli autisti come quelli che da Stansted ti portano nel centro di Londra, ogni giorno, lo stesso percorso, lo stesso traffico caotico, loro che sanno che tu torni a casa, o che stai per iniziare a goderti una vacanza?
Cosa pensano in generale un po' tutti, quando se ne stanno in silenzio, in disparte, magari a guardare fuori dalla finestra, fuori dal finestrino.
Io, mentalmente, scrivo.
Me ne rendo sempre più conto che scrivo più nella mia testa che non davanti ad un computer, o con una penna in mano.
Ma mi sono sempre chiesta, ad esempio, cosa mia nonna facesse tutto il giorno in quella stanza d'ospedale che l'ha accolta per mesi e mesi, con la TV spenta, con la finestra in realtà distante dalla sua visuale.
Si può non pensare a niente?
O a una certa età, sono i ricordi, gli anni passati, a vivere al nostro posto, dentro di noi?
Non ho mai avuto il coraggio di chiedere, e un po' me ne pento, ma c'è una predisposizione per chi di anni ne ha un po', per starsene in silenzio, composto, senza pensare: "cavoli, che tempo perso, questo qui, potrei vedere un film, potrei leggere un libro."
No, non se lo dicono mai, loro.
Se ne stanno lì, e pensano, vivono, chissà che cosa.

E quindi, la domanda successiva, viene spontanea.
Uno scrittore, di quelli che scrivere è lavoro, è mantenersi, smette mai di lavorare? Mette mai a riposo il cervello o se ne sta sempre all'erta, sempre attento a ciò che pensa, a ciò che vede e vive, cercando quel qualcosa di particolare da rubare, da prendere in prestito, da mettere nero su bianco nel suo lavoro?
Quanto bello è guardare fuori dalla finestra, immerso in se stessi, e dire: sto lavorando?

Ma l'acqua, di cui si conosce la formula chimica, perché non la si può creare in laboratorio?

Me lo sono già chiesta in quella domenica in cui ho parlato, scritto, di unicità.
Ma continuo a chiedermelo:
perché esistono ancora tribù, popolazioni rimaste allo stadio primitivo? Cosa li ha salvati, o messi in disparte, rispetto all'evoluzione generale, al progredire degli altri, verso il medioevo, per dire, verso l'Illuminismo, l'elettricità, le case, i computer?
Cos'hanno loro, di diverso da noi che abbiamo voluto cambiare e continuiamo a cambiare?
Stoicismo?
Paura?
Gli manca qualcosa, a livello geografico, per essere rimasti così in disparte o sono loro in realtà ad aver trovato l'equilibrio perfetto, a stare bene stando lì, dove sono?

E poi: ce ne saranno altre di popolazioni che non conosciamo, che vivono senza saperlo in un passato così remoto rispetto al presente?
E come ci si sente quando l'oggi, il futuro, lo si incontra?
Come si sente quell'esploratore a farsi portatore di una notizia come: "Salve, ma lo sapete che il mondo è andato avanti senza di voi, che avete perso un treno?" anche se magari, loro per primi sono scesi in corsa da quel treno?

Cosa fanno i gatti quando non li vediamo, quando escono dalla nostra casa e se ne vanno in giro?
Qualcuno mi presta una go-pro e un chip GPS?

Mi chiedo da sempre poi, come sia essere testimoni di un evento unico, come si sarà sentito quel produttore a me sconosciuto a sentire per la prima volta, che so, Stairway to Heaven? O un gran classico dei Rolling Stones? Lo avevano capito i Led Zeppelin che pezzaccio avevano scritto o si saranno presentati dicendo, guarda, abbiamo provato e riprovato ed è uscito questo.
Lo capisce, insomma, un artista di aver fatto un Capolavoro, quello con la C maiuscola che il tempo non spazzerà via, o è quella persona che lo ascolta, o lo legge per la prima volta, a capirlo, se ci riesce?
O infine, è proprio il tempo a renderlo tale, uscendo nel momento giusto, nell'epoca giusta, perché lo so che se oggi una band -anche la più famosa- se ne uscisse con una simil Stairway to Heaven verrebbe eclissata in radio dall'ennesimo pezzo di Fedez, non me ne voglia Fedez.
Quante variabili entrano in gioco, quindi, quando si fa la Storia?

E a proposito di storia, mi chiedo sempre, in visita per città, per musei e palazzi, se lungo il mio cammino, il mio piede non poggi, non cammini, nell'esatto percorso, non si fermi nell'esatta orma di chi -re, principe, persona importante- lì viveva, o è passato.
E mi immagino una realtà fatta non di tempo, ma di spazio, in cui si sovrappongono, uno dopo l'altro, tutti coloro -me compresa- che si sono ritrovati nello stesso esatto luogo, preciso preciso. Condividendolo.

Ma lo zucchero, quando scade, come scade?

6 commenti:

  1. Soprattutto l'ultima è davvero una bella domanda...comunque sono tutte domande condivisibili e che forse anch'io mi sarei fatto, ma in effetti una risposta quasi non c'è e quasi non serve ;)

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    1. Esatto, la risposta almeno alle domande più riflessive, nemmeno la cerco. Mi dicono comunque che lo zucchero no, non scade, come il sale.

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  2. https://www.youtube.com/watch?v=mLGuFQ60Z6g

    :)

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    1. Bellissima, non conoscevo né la canzone né la cantate, grazie :)

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  3. Uno scrittore non smette mai di lavorare. E nemmeno un blogger.
    Qualcuno quindi dovrebbe pagarci solamente per esistere. :)

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    1. Appena trovi quel qualcuno, fammi sapere, che pretendo una tariffa oraria!

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