30 giugno 2018

Il Sacrificio del Cervo Sacro

Andiamo al Cinema

Il cinema greco è un cinema inquietante.
Il cinema di Yorgos Lanthimos, greco, è inquietante.
Il sacrificio del cervo sacro è inquietante.
Assioma facile, aggettivo abusato, forse, ma quanto mai vero, per un cinema che sempre più poggia le sue radici sulle tragedie della sua antichità, rivisitandole, rivivendole, trasformandole.
Pur sconfinando e affidandosi ad attori di alto calibro del circolo di Hollywood, Lanthimos non dimentica nemmeno questa volta le sue origini, e a partire da Ifigenia in Aulide, costruisce una storia... inquietante, esatto.


La storia di un sacrificio, al quale è chiamato uno stimato chirurgo.
La storia di una vendetta, servita fredda, servita dopo mesi di amicizia che si trasforma in stalkeraggio.
La storia della crisi di una famiglia, del suo disfacimento borghese, che in realtà sa superare inquietantemente bene questa crisi.
Meglio non dire troppo di una sceneggiatura che fa di dialoghi scarni e de-mozionati il suo punto di forza, meglio non parlare oltre di un piano malvagio, la cui veridicità è sempre in bilico, meglio soffermarsi sugli sguardi, invece: quello confuso ma allo stesso tempo sicuro di sé de-ll'inquietante- Barry Keoghan, quello smarrito, incapace di far fronte a uno scacco matto prima, a una scelta doverosa poi di un marito e padre chiamato all'impossibile, quello volitivo di una moglie che bada alle apparenze, che pragmatica non si lascia scombinare se non dall'impotenza del marito, e quello complice, di certo assoggettato, di una figlia al primo amore.
Bastano questi sguardi a comporre un quadro, una storia, che come sempre si fatica a concepire, a capire per come mette i brividi.


Come una parabola biblica, però, come una tragedia greca, il sacrificio c'è, da sempre è contemplato anche se poco osannato al giorno d'oggi.
Se i dialoghi quasi atonali fanno sentire la freddezza di una famiglia in cui l'amore è anestetico, ci pensa la regia di Lanthimos a creare sussulti di estasi, con la sua geometria perfetta, con la ricerca di nuovi punti di vista, con scene che spezzano il fiato per la loro bellezza (Ellie Goulding cantata sotto un albero, la seconda caduta del piccolo Bob) e con quegli interni luminosi e pure caldi a tratti, asettici e vuoti in altri.
Se Colin Farrell è ormai uscito dalla mia personale lista nera degli attori da evitare, Nicole Kidman sempre in ottima forma fa pensare a quel Kubrick che qua e là influenza Lanthimos, vuoi per l'overture buia, vuoi per quella musica classica che fa da contrappunto e quell'inquietudine sempre latente, e fa pensare pure alla violenza psicologica, spinta di un certo Haneke.
Paragoni mica da poco.
Qui c'è il sangue però, c'è una scelta lasciata al caso -ma forse non del tutto-, c'è della follia e c'è la tragedia, e ci sono un finale, una composizione e una struttura giustamente premiate a Cannes. C'è il grande cinema, soprattutto, c'è personalità, quella che urtica, osa, fa discutere e non può lasciare indifferenti.

Voto: ☕☕☕☕/5



8 commenti:

  1. Mi ha davvero stomacato, forse quanto Kynodontas, però non me lo scordo.

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    1. Un'inquietudine che si insinua poco a poco, la prima parte poi in cui ancora i giochi non sono rivelati, fa stare più male del resto per me. Finale -amarissimo- a parte.

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  2. Film... inquietante, esatto.
    Però come dici ci sono anche squarci di bellezza, su tutti la cover di Ellie Goulding.
    Riepilogando: un film di inquietante bellezza.

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    1. Adesso mi tocca recensirlo...

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    2. Riepilogo giustissimo, vette di inquietudini sempre più alte dalla Grecia.

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  3. Sono in netta minoranza, me ne rendo conto, ma mi ha disgustato. Per me è un film eccessivo e ricattatorio, girato benissimo (vedo che tutti - giustamente - citiamo la sequenza del malore del ragazzo ripresa dall'alto, affascinante e terribile) ma decisamente troppo, troppo pesante. I paragoni con Kubrick li eviterei, quelli con Haneke possono starci... ma mentre il grande cineasta austriaco è sempre "chirugico" e lucidissimo nelle sue spietate analisi della società moderna, qui non si dice davvero niente di nuovo: la storia, anche per chi non conosce Euripide, è abbastanza prevedibile, la messinscena inutilmente ed eccessivamente violenta, malsana, per impressionare lo spettatore meno smaliziato. "The Lobster" e i film precedenti erano geniali nella loro "lucida follia", qui ci ho trovato solo orrore a comando.

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    1. Come vedi non siamo d'accordo, ti dirò che l'ho preferito al più freddo The Lobster, che non era riuscito a fare centro per una certa discontinuità. Qui, invece, non conoscendo la tragedia greca e non immaginando un finale tanto amaro, l'inquietudine l'ho sentita tutta e l'ho sentito soprattutto nonostante i toni volutamente freddi degli attori. A compensare, poi, il calore della musica classica e la bellezza della regia. Insomma, non c'è stato ricatto nei miei confronti, ma una scommessa vinta.

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  4. Ciao, anche io ho parlato di questo film sul mio blog. Mi è piaciuto, in generale. Secondo me i suoi punti di forza sono la fotografia e la musica. I dialoghi non mi hanno entusiasmato, ma probabilmente servivano proprio a rendere estraniante e angoscioso il tutto...
    Buona giornata,
    Aonaran

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