Che cosa fa di un film, un film di Terrence Malick?
Probabilmente pochi elementi servono per distinguerlo dalla massa: dei campi di grano poetici, dei movimenti di macchina dal basso che vanno attorno ai protagonisti, una voce fuori campo altrettanto poetica, e il suo soffermarsi sulla natura, sugli animali, sulla loro bellezza.
Ovviamente tutto questo è racchiuso anche ne I giorni del cielo, ultimo film prima della pausa ventennale che il regista si prese, e che gli ha probabilmente dato il riposo necessario per la sfilza di film in uscita e in lavorazione che ha al momento.
Il tema di questa pellicola sembra riprendere e modificare quello della fuga e dell'insoddisfazione già affrontata con La Rabbia Giovane. Anche in questo caso, infatti, i protagonisti sono due giovani che scappano, abbandonando una vita non facile a Chicago dopo che Bill ha ucciso il suo padrone di fabbrica. Il ragazzo decide così di spingersi nelle enormi distese agricole del Texas assieme alla fidanzata Abby e alla sorella di lei, Linda, fingendosi tutti una famiglia.
Il lavoro da quelle parti non manca, ma Bill, come dice Linda, è quel genere di persona che vuole più di quel che gli serve, e spinge così Abby tra le braccia del proprietario terriero, sperando che la sua malattia li lasci ricchi eredi.
Ma se i conti non vanno fatti senza l'oste, al cuore non si comanda, e i detti hanno sempre la loro base di verità.
Ovvio così aspettarsi una girandola di gelosie e vendette che vedrà la fuga come soluzione estrema a tutti i problemi possibili. Questa volta però, non c'è la gloria ad attenderli (come era invece per Martin Sheen), c'è forse una nuova vita, che continua però a solcare campi già esplorati.
Trattandosi di un film di Malick, è bene ricordare che la trama per quanto ancora lineare rispetto a un The Tree of Life, è inframmezzata da quelli che sono sipari naturalistici di rara bellezza, su cui l'occhio del regista si è probabilmente posato durante le riprese.
Gli elementi di cui sopra sono tutti presenti in questo film, e tutti vanno ricondotti al lato tecnico della fotografia, impeccabile e attenta ai dettagli, capace così di essere metaforica ed evocativa. Non a caso, l'unico premio Oscar delle 4 nominations ricevute, se lo è portato a casa proprio Néstor Almendros.
La musica non è certo da meno, composta e riarrangiata dal nostro Ennio Morricone, riesce a catturare e descrivere i sentimenti sempre più tormentati dei protagonisti, laddove un Richard Gere non riesce espressivamente o la bellezza di Brooke Adams oscura.
Al suo secondo lungometraggio, quindi, il regista conferma di avere delle qualità uniche e probabilmente irripetibili, per raccontare i tumulti del cuore, i sentimenti repressi e la forza della natura come loro metafora.
forse il film di terrence malick che amo di meno, ma comunque un signor film!
RispondiEliminaSarà colpa di Richard? Per me è stato un bell'ostacolo da superare trovarmelo protagonista..
Eliminaa me era piaciuta molto la partenza, ma poi si perde un po'... c'è un netto calo di tensione nell'ultimo terzo.
RispondiEliminala fotografia era splendida!!
Anche il finale non è dei migliori, ma la fotografia così come il taglio registico salvano il tutto!
EliminaIl Malick dei grandi film.
RispondiEliminaAltro che i pipponi recenti!
Il confronto con To the wonder è davvero impietoso.
EliminaQuello era un gran Malick... un film ogni tanto, ed erano tutti capolavori. Concordo con James Ford, è irriconoscibile oggi.
RispondiEliminaDomani parlerò della sua ultima fatica, e non ci saranno molti elogi, purtroppo.
EliminaIl suo secondo miglior film (il terzo è "La sottile linea rossa" e il primo è "The Tree of Life"). Immagini di una bellezza rara. Per me un capolavoro.
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