Ci sono cartoni che non importa l'età, ti conquistano.
Era il lontano 2004, e il mio migliore amico tornò da un viaggio in America con un regalo piuttosto singolare: il peluche di un polpo, color verdeacqua, con una triste t-shirt marrone e l'aria imbronciata. Per lui, invece, si era scelto due pantofole a forma di fetta di formaggio, emmental, visti i buchi rappresentati.
Ci volle qualche mese per scoprire che quel polpo si chiamava Squiddi e che quel formaggio era in realtà una spugna, si chiamava SpongeBob ed era il protagonista di un'omonima serie animata che finalmente arrivava anche in Italia conquistandoci e folgorandoci sul colpo.
Folle, ironico, non-sense, insomma, esilarante.
Da lì iniziò il nostro amore per quella spugna dai pantaloni quadrati, e non importava la nostra età, non importava l'orario, ma si contagiava anche la famiglia a vederlo, facendoci spesso e volentieri più di una risata assieme.
Da lì iniziò poi una sfida a colpi di gadget: portachiavi, diari, quaderni, calendari, uova di Pasqua che no, non è ancora finita. Alla faccia dei nostri 26 anni suonati.
Potete quindi immaginare l'ansia e la trepidazione all'annuncio di questo nuovo film, dopo che il primo ci aveva entusiasmati come non mai, con risate arrivate alle lacrime grazie a cammei sopraffini come quello di Mitch Buchannon e un senso di ilarità che strizza spesso e volentieri l'occhio ai grandi.
Potete quindi immaginare la nostra parziale delusione, soprattutto dopo settimane per riuscire ad avere un giorno in cui far combaciare i nostri impegni, per il risultato che ci si è parato davanti: questa nuova avventura non ha lo stesso mordente di quella passata, finendo per sembrare -ed è il peccato peggiore per un film tratto da una serie- solo un episodio allungato.
Colpa forse della trama che parte dall'acerrima lotta di Plankton per conquistare la ricetta segreta dei Krubby Patty, attraverso escamotage finalmente vincenti ma che mandano in subbuglio l'intera Bikini Bottom, ormai assuefatta dai panini cucinati dalle sapienti mani di SpongeBob. Non ci vorrà molto, quindi, perchè la città diventi una città apocalittica, con scoiattoli che impazziscono, Stelle marine che si fanno più meschine.
Ma c'è una carta da giocare, c'è una macchina del tempo da costruire e un vero cattivo da rintracciare: quel pirata che ci fa da narratore -oltre che da sigla- vero responsabile con sotterfugi metaletterari.
A vederla scritta, la trama sembra ricca e corposa, ma in realtà la prima parte del film è passata con molta lentezza, con tocchi di brio qua e là (dati dalle citazioni filmiche e non, che il pubblico adulto ha saputo cogliere) ma con dialoghi e soluzioni non troppo convincenti, molto infatili, anzi, e quindi non troppo d'impatto.
Fuori dall'acqua, e già con i viaggi nel tempo (e con i delfini), per fortuna le cose cambiano, portando SpongeBob nei giusti binari, donandogli tutta quell'insensatezza che lo ha reso un mito, un'icona.
A fare da contorno, ovviamente, colori vivaci e sgargianti, effetti speciali nella terraferma fantastici, e un Antonio Banderas che dopo la gallina Rosita non ha più paura di doversi mettere in gioco senza prendersi sul serio, tanto noi non lo facciamo più.
La sensazione, a detta di quel mio migliore amico, è che questo film numero due sia più commerciale, dovuto più al successo del primo che ad una vera e propria esigenza, anche se gli 11 anni passati sembrerebbe dimostrare il contrario.
La sensazione è che comunque è venuto a mancare un pizzico di genialità, che avrebbe reso questo SpongeBob qualcosa più di un divertimento esilarante, lo avrebbe reso ancora una volta una spugna cult da adorare.
Debbo ancora vederlo, ma ho molti dubbi. C'è un premietto per te dalle mie parti.
RispondiEliminaIn conclusione l'ho trovato geniale come sempre, però leggermente inferiore all'originale
RispondiEliminaSarà che prima non conoscevo lo Spugnone, ma mi è piaciuto da impazzire!
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