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27 giugno 2015

Il Regno dei Sogni e della Follia

E' già Ieri -2013-

Sbirciare dietro le quinte, fa sempre tornare un po' bambini.
Se si sbircia poi dietro le quinte, attraverso il buco della serratura dello studio Ghibli, lì dove si crea la magia, allora il tornare bambini diventa obbligatorio.
Quello che ci viene mostrato dall'occhio indiscreto di Mami Sunada è il maestro Miyazaki al lavoro in quello che sarebbe poi diventato il suo ultimo film.


Alle prese con la sua opera più complessa e profonda, oltre che personale, Hayo viene seguito in tutte le fasi della creazione di Si Alza il Vento, mostrando quindi un processo che ruota tutto attorno alla sua persona.
Non c'è sceneggiatura, non ci sono script con i dialoghi, la bozza di quello che il film sarà viene direttamente disegnata, in tratti leggeri e colorati di acquerello dalle mani stanche dello stesso Maestro: dalle 9 alle 21 la sua giornata è dedicata al disegno, a visualizzare i tempi, i cambi di scena, le parole che i suoi protagonisti si diranno.
E' una fase lunga e complessa, dove cambiare idea è permesso, dove il silenzio religioso è spezzato solo dalle battute assieme alla sua assistente personale e alle pause di ginnastica a cui anche gli altri lavoratori sono chiamati, per sgranchirsi, per ricaricarsi.
La giornata tipo di Miyazaki non ha niente di eccezionale se vista dall'esterno: matita e colori, un giro liberatorio sul tetto per respirare aria (non del tutto) pulita, per osservare la natura che lì sopra cresce rigogliosa, la visita agli scolari dei dipendenti nella scuola dello Studio, la spesa, la spazzatura, le chiacchiere con i vicini, il ritorno a casa, con il ritiro dalle finestre delle pecorelle di Heidi, statue da lui salvate dallo shop del Museo Ghibli, una cena semplice, e poi si ricomincia.
La vera magia, la vera follia, ci è nascosta, è dentro quella testa che sembra non fermarsi, dietro quegli occhi chiusi che visualizzano la prossima scena, le prossime parole.
Quando lo script è finalmente finito, dopo mesi di duro lavoro e pazienza, si passa alla realizzazione vera e propria, e qui i vari disegnatori sono chiamati a sottostare al severo gusto del loro capo, a cercare di non snaturare il suo stile ma di adattarvisi, nel frattempo si passa alla scelta delle voci, al marketing che inizia.


E qui lo sguardo si fa più ampio, con la politica dello studio mostrata all'opera, lo sguardo sulle vendite dei gadget, con gli accordi che Toshio Suzuki sigla, discute e accetta, con la decisione di mettere in una sana competizione i due fondatori, Miyazaki e Isao Takahata e le loro opere.
Ma se il primo è ligio e diligente, il secondo è noto per fermarsi, per bloccarsi, per procedere più lentamente, e Hayo non gli risparmia niente, mostrando un rapporto tanto contrastato che passa dall'ammirazione reciproca a velenose frecciatine.
Poco comunque ci è mostrato del processo creativo che ha portato a La Storia della Principessa Splendente, la concentrazione è sempre lì, sui problemi nel disegnare e ricreare a dovere gli aeroplani, sulla scelta quasi fortuita del regista Hideaki Anno come voce per Jiro, sulle conferenze stampa in cui Hayo dà sfogo alla sua fantasia.
Lui è il centro del documentario, e la macchina da presa lo segue ovunque, registrandolo all'opera come in riflessione.
Il tutto si appesantisce quindi, in 118 minuti di durata questo dietro alle quinte sfianca non poco, perchè manca uno stile, manca quel guizzo che altri documentari danno a storie simili. Qui si segue e si registra, si osserva come Ushiko, il gatto randagio dello Studio, sonnolenta presenza che si muove con circospezione.
I tuffi al cuore però ci sono, causati da una lettera, da una risposta a quella lettera che mostra così il passato di Hayo che si ricollega al film che sta realizzando, alla scelta di cambiarlo, quel finale, dando speranza.
Allo Studio come alla sua vita.
Spente le macchine da presa, oscurato quel buco della serratura, resta la sorpresa in un'ordinarietà dove sogni ce ne sono, follia un po' meno.


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