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11 settembre 2015

Venezia 72 - Go With Me


Ci siamo, siamo alla fine.
Questo è l'ultimo film visto in questo Festival di Venezia pieno di sorprese e di bei film, ora ci aspettano solo i premi e le considerazioni e poi, da lunedì, tutto finirà archiviato, compresi i millemila post con i quali vi ho ammorbato aggiornato.
Go with Me è l'ennesimo film fuori concorso presentato in questi 10 giorni: tanti, davvero troppi.
E anche questo, come altri, trova il suo senso all'interno della Mostra solo supponendo che i nomi di Anthony Hopkins e dei giovani Julia Stiles e Alexander Ludwig potessero attirare del pubblico in più, ma tenendo conto che i primi due hanno dato forfait, i dubbi restano.

Siamo tanto per cambiare in periferia, in territori grigi e sperduti nei quali la giovane Lilian torna dopo la morte della madre e dopo averne ereditato la casa. La città sembra essere tenuta sotto scacco dall'imprevedibile Blackway: droga, prostituzione, violenza e sangue sono tutte di sua responsabilità, e purtroppo per Lilian, pure lei finirà sotto il suo mirino. Un tentativo di stupro prima, l'uccisione del gatto poi, la mettono in allarme ma visto che lo sceriffo come molti è intimorito da Blackway, la ragazza si rivolge ai boscaioli e falegnami del luogo e trova solo nell'anziano Les e nel giovane timido e balbuziente Nate degli angeli custodi.
Il trio parte alla ricerca del malvivente per poterci parlare, ma man mano che ne scoprono le malefatte, che scoprono come terrorizza la città e sfrutta i più deboli, il piano si evolve: lo uccideranno.
Un thriller intriso nello sporco e nel freddo di una città di confine, dove la legge se la si crea o è semplicemente quella della natura: vince il più forte, il più furbo.
Un on the road in cui i personaggi sono ben interpretati, in cui Hopkins gigioneggia che è un piacere, ma che manca della costruzione giusta, del substrato di questi personaggi, per renderceli davvero credibili, loro e il loro piano.
Ray Liotta è ovviamente perfetto nei panni del gangster psicopatico ma è probabilmente il suo personaggio il più sacrificato, relegato in un'ombra che vorrebbe essere un'aura temibile ma che finisce per essere troppo flebile.
Go with me si lascia vedere nonostante queste mancanze e queste sbavature che fanno ipotizzare una maggiore solidità nel romanzo da cui è tratto (scritto da Castle Freeman Jr.), ma non è di certo il modo migliore per concludere quest'avventura.
Peccato.

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