Era un lunedì mattina di settembre, ero a Venezia, nella mia stanza di fortuna, e la sveglia per una volta era puntata sul tardi.
I giorni prima erano stati quelli più frenetici: levatacce per organizzarsi con i vaporetti, nottate per riuscire a vedere tutto, a scriverne anche, per la folle decisione di un festival che nei suoi primi giorni ha ammassato tutto quel che più si aspettava.
Il lunedì, invece, sembrava la calma.
Un film italiano in programmazione, fuori concorso, ambientato in quella Roma di cui non avevo così voglia, con alla regia un nome mai sentito.
Potevo farne a meno, mi dicevo.
Potevo approfittarne per dormire finalmente qualcosina di più, per fare la spesa della sopravvivenza e tirare avanti per i prossimi giorni.
Tanto, nel caso, un film italiano in Italia esce sempre.
E infatti è stato così.
Peccato che ora, a distanza di due mesi, dopo aver letto solo un gran bene di Non essere cattivo, mi è dispiaciuto non avergli dato importanza, non aver ritagliato quel po’ di tempo, sottraendolo a me, a un regista che in molti, nella vita vera, hanno trattato probabilmente allo stesso modo.
Fortunatamente, al cinema Non essere cattivo c’è arrivato, tanto da tornare pure nella rassegna del multisala della zona, per dire, tanto da rappresentarci ai prossimi Oscar, tanto da far conoscere anche a me il nome di Claudio Caligari.
Questa attesa, questa posticipazione, è almeno servita per farmi una cultura, per conoscerlo questo regista sconosciuto, apprezzandone le poche -solo due- opere precedenti.
Per vederlo ritornare nel set, dopo i 15 di inattività, di anni ne sono passati altri 17.
In mezzo, ancora una volta tanti progetti, tante sceneggiature mai decollate.
Ancora una volta, però, una luce c’è stata, la tanta convinzione di chi gli è stato vicino, l’ostinazione, l’impegno che ha il volto di Valerio Mastandrea, per mettere un regista già sofferente e che quel film non lo avrebbe visto finito, lì dove doveva stare: dietro la macchina da presa, sulla sedia del capo.
E ancora una volta siamo a Roma, anzi, siamo a Ostia, e ritorniamo lì dove tutto era iniziato, vicino al mare, con un gelato in più da gustare.
Ci sono di nuovo di mezzo le droghe, gli scatenati anni ’90 in cui i giovani avevano bisogno dell’ebbrezza, non si ponevano problemi di orari, di stipendio, di trovarsi un lavoro o regolarsi: la loro vita senza regole, senza restrizioni, è davanti ai nostri occhi.
Senza essere cattivi, senza essere buoni, semplicemente vivendo del momento, senza pensare alle conseguenze.
Ma è un quadro diverso rispetto a quello di Amore Tossico, sono anni ancora più esagerati, dove ormai cocaina e eroina girano senza problemi, e l’intento di Caligari non è più quello neorealista, quasi documentaristico su una generazione allo sbando, quello che ci vuole raccontare è un sentimento, forte e indissolubile, come l’amicizia.
E così conosciamo Cesare e Vittorio, fratelli non di sangue ma per scelta, fratelli che condividono lo sballo, lo ricercano forsennatamente, tirando avanti con piccoli spacci, piccoli giri tutti loro.
La prima parte scorre via come dentro un Trainspotting, godendo e sorridendo -seppur amaramente- davanti a questi sballati, che si fanno senza un motivo, rischiando come una sorella che non c’è più, come una nipote che non per scelta si trova il destino segnato.
Finché tutto non cambia, passano gli anni, la festa senza fine almeno per Vittorio è finita: l’amore, la responsabilità, hanno bussato là dove il limite è stato superato. Cesare invece no, alla vita del lavoratore non si vuole arrendere, preferisce ancora dimenticarsi, uscire di testa, finché non è il fratello che davi perduto a cercare di salvarti, a venire nuovamente rapito da un carisma che è pazzia, che è un grido d’aiuto.
Cesare e Vittorio, Vittorio e Cesare che si sorreggono, si cercano, si aiutano. Ma si perdono, ognuno dentro i suoi guai viene da dire.
E noi ci perdiamo con loro, in un degrado che sembra irreale, in borgate e famiglie che sembrano lontane, in situazioni al limite che si vorrebbe dimenticare.
Caligari invece ce le mostra, ancora una volta, quell’Ostia, quei giovani, quei problemi.
E lo fa con uno sguardo ancora una volta vero, senza troppi filtri, giocando con la sua macchina da presa, innalzando due attori come Alessandro Borghi e Luca Marinelli a livelli altissimi, facendoceli odiare, facendoceli amare. Assieme all’intensa Silvia D’Amico sono la dimostrazione di quanto questo regista fosse capace nel dirigere, nel dare spessore ai suoi personaggi, nel saperli inquadrare alla perfezione.
E dispiace ancora di più non averlo conosciuto, non averlo sostenuto, averlo snobbato per qualche ora di sonno e di libertà.
Perché dentro quella speranza che sta nel sorriso di un futuro da scrivere, dentro un destino, dentro una richiesta che sta fin nel titolo, ci sono tutte le lacrime che guardano al passato, e che inevitabilmente, iniziano a scendere.
Bellissimo e commovente, come solo la vita vera sa essere. Peccato avere perso un regista di questo spessore.
RispondiEliminaE peccato non averlo conosciuto prima, dalla mia ho che né università né TV lo hanno mai sponsorizzato troppo, purtroppo.
EliminaBella e sincera riflessione. Mi ha fatto piacere la candidatura all'Oscar del film, anche se capisco chi lo ritiene un atto ipocrita (non hanno mai considerato Caligari per anni, e ora gli rendono omaggio dopo morto...). Se non altro è un gesto di riconoscenza, anche se tardivo. Non penso che avrà molte speranze nella rincorsa alla statuetta, ma per una volta l'umanità viene prima dei premi.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, un riconoscimento gli era dovuto, e in realtà vista la qualità del film e la mancanza di veri e propri rivali, ci sta anche. Certo, visto il tema e l'ambientazione la vedo dura anche entrare nella cinquina finale, ma il cuore fa comunque il tifo :)
EliminaA questo punto, mi sa che è giunto il momento anche per me per dare importanza, o se non altro un'occasione, al cinema di Caligari...
RispondiEliminaEbbravo! E secondo me potrebbe piacerti pure, ci sono dei probabili idoli cannibali in ognuno dei suoi film, vedrai...
EliminaSpero di vederlo presto.
RispondiEliminaBravo anche tu! Sta per tornare in alcune sale d'essai probabilmente per la candidatura agli Oscar, approfittane :)
EliminaBellissima rece Lisa per un film che più passa il tempo più sembra entrarmi nel cuore
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