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27 luglio 2016

Goodnight Mommy

E' già Ieri. -2014-

Passato per Venezia ormai due anni fa, dove i fischi, i commenti non certo buoni, me ne avevano tenuto a distanza.
Sparito nel nulla per anni.
Ripescato ora dalla distribuzione italiana che lo aveva piazzato prima ad aprile, poi in quest'oggi di luglio terreno fertile anche per gli horror meno conosciuti.
Finito invece nel nulla, disperso e in attesa di una nuova ricollocazione.
Ma visto che finalmente mi sono ricordata di vederlo, e che soprattutto l'ho visto, ne parlo lo stesso.
Perchè siamo davanti a un bel gioiellino ingiustamente fischiato e bistrattato?
No. Proprio no.



Sarò una cima io, o sarò troppo abituata a serie TV e altri film che a un colpo di scena simile lo hanno sfruttato fin troppo, ma se togli una certa sorpresa, pur disseminando qualche dubbio qua e là, la forza del film scompare.
Perchè tutto, con quei silenzi, con quel lento crescendo di angoscia e violenza, trova un senso nella rivelazione finale, che già dal primo minuto hai già intuito.
Siamo in una villa bellissima, dispersa nei boschi austriaci.
Elias e Lukas sono i più classici dei bambini vivaci, e fanno quei giochi che chi -come me- è cresciuto in campagna ben conosce, nascondendosi dentro campi di granoturco, tirandosi la grandine addosso, saltando di qua e di là.
Finché la loro madre non torna, dopo un intervento chirurgico che la rende a loro irriconoscibile e che rende lei insofferente, aggressiva e autoritaria.
Non è lei.
Questo il responso dei due, che cercheranno prove, scapperanno, arrivando all'impossibile, all'inenarrabile, pur di dimostrare la loro ragione.


In un ambiente freddo e asettico, in una mancanza di musica e in un'esplosione di violenza che ricorda -anche se in toni minori- il buon Haneke, a mancare è una certa dose di coraggio e di furbizia.
Severin Fiala e Veronika Franz non riescono a trarre in inganno lo spettatore, che capisce prima, che solo in parte si fa abbindolare dai due fratelli e dal loro non credere alla madre.
E puoi metterti d'impegno a costruire scene agghiaccianti che fanno chiudere gli occhi, scene ricche di tensione dove vorresti urlare per salvarti, scene che a livello registico e visivo sono una gran cosa.
Hai perso l'effetto sorpresa, e finisci perlopiù per annoiare, con tutti quei silenzi, quelle scene a sé stanti, quei giochi psicologici che non riescono ad accattivare, anche se ti metti prima nei panni di una madre insofferente, poi in quella di figli che si sentono traditi.
Non da fischi, non da brividi, ma nemmeno da cestinare completamente.
Più che altro da mettere in quel limbo di promesse mancate, che per un film è forse la sorte peggiore.


Regia Severin Fiala, Veronika Franz
Sceneggiatura Severin Fiala, Veronika Franz
Musiche Olga Neuwirth
Cast Susanne Wuest, Elias Schwarz,Lukas Schwarz
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8 commenti:

  1. Mi è piaciuto, diciamo così, ma il colpo di scena scontatissimo l'ha parzialmente rovinato. In generale, poi, saprai che non sono fan di queste atmosfere eleganti e freddissime.
    Ps. Oggi vedo Gondry! :)

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    1. Nemmeno io, e infatti non hanno aiutato dopo che il colpo di scena lo si capisce nei primi 5 minuti... se lo avevo evitato finora un motivo c'era.
      p.s.: buon Gondry, attendo il resoconto :)

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  2. A me invece è piaciuto davvero tanto... l'ho trovato tra i più disturbanti dell'anno :)

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    1. E ne capisco i motivi, però non mi ha coinvolto abbastanza... oltre a quel colpo di scena telefonato, tra bambini odiosi e madre irritante, non stavo dalla parte di nessuno. Fascino da vendere, ma troppa lentezza.

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  3. Pure io ho continuato a rimandarne sempre la visione.
    E il tuo parere tiepidino mi suggerisce che potrei rimandarla ulteriormente...

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    1. Purtroppo non è niente di che... tanto ben fatto, quanto freddo. E nemmeno l'estate -campo fertile per il genere- mi è stata d'aiuto.

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  4. Io sono tra quelli che l'hanno adorato e che hanno sperato fino all'ultimo che quel brutto brutto sospetto lì non fosse reale...:/

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  5. Ho trovato incredibile come in vent'anni il cinema austriaco non si sia distaccato (per il genere in questione) dalla stilistica di Haneke con il suo "Funny Games". Che sia un bene o un male non è una questione di cui mi faccio peso, anche perché non è che sia un così assiduo visionatore di quella branca europea.

    Fatto sta che da quanto ho letto in giro riprende (per trama) due film in particolare: Two Sister (2003) di Kim Ji-woon e The Other (1972) di Robert Mulligan. Mi accetterò nel prenderli in vista prima o poi di questo fatto.

    Per il resto, gioca lentamente le sue carte fino al colpo di scena finale in modo accattivante. Cambiare il punto di vista dalla fredda ai due bastardelli aguzzini è un ottimo modo per tener nascosto il tutto. Certo, tre o quattro ingenuità sono espedienti di trama ma non sviliscono il racconto. Anche perché in "The Lodge" queste mancanze si fanno sentire molto di più e quello è un seguito spirituale anglo-americano di questo film. Non certo come "Il quarto uomo" e "Basic Instinct" di Verhoeven o forse per un certa misura lo sono anche.

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