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5 settembre 2016
Venezia 73 - One More Time with Feeling
Da lacrimafacile, potevo finora vantare di non aver mai pianto a Venezia, l'ambiente più riservato, la solitudine, mi han sempre fatto da sostegno.
Non oggi, non di fronte alla bellezza e all'intensità delle parole e delle immagini di e su Nick Cave.
Arrivano al cuore, arrivano da un'intimità scavata in profondità da una macchina da presa in 3D. Ed è impossibile rimanerne indifferenti, non far scendere lacrime che potevano essere anche più copiose.
E non serve essere dei fan o dei conoscitori della musica di Cave, io per prima conosco poco o nulla della sua carriera -solo la splendida Where the wild roses grow e solo perchè è un duetto con Kylie Minogue-, le immagini, le parole, registrate da Andrew Dominik ci fanno entrare nel suo mondo, nella sua poesia.
Lo facciamo dalla porta sul retro, quella tenuta nascosta e chiusa.
Se il documentario lo si sta facendo è per affrontare di petto un lutto: quello del figlio Arthur, avvenuto lo scorso anno.
L'album che Nick sta componendo con i suoi Bad Seeds, gli abiti che la moglie Susan realizza, sono una conseguenza, una reazione a quella morte.
E no, non pensate a qualcosa di morboso e inutilmente buonista, lo stesso Nick, lo stesso regista, si interrogano sul diritto di parlare, di riprendere tali riflessioni, tutto questo dolore, lacrime comprese. Non è per dare insegnamenti, non è per cercare di superare, ma è per cercare di capire e spiegare, cosa rappresentano queste canzoni, cosa si è vissuto, anche senza mai dire esplicitamente i fatti, i nomi, lasciando sospeso ma riuscendo a descrivere così bene il luogo in cui si sta quando si è in lutto, le sensazioni impossibili da lasciare, a cui sempre si ritorna.
A fare da contrappunto alle varie interviste, agli intensi monologhi di Nick, la sua musica, con le canzoni composte e registate che prendono vita e vengono riprese in tutta la loro profondità.
Quello che il 3D non è riuscito a fare con Wenders e le sue schermaglie verbali, fa con Nick, e poco importa se anche qui sono canzoni e sono parole ad essere riprese, la terza dimensione ha un senso, di esplorazione, e sono gli stessi protagonisti che lo giustificano denigrandolo.
One more time with feeling è così un documentario di rara emozione, capace di dar vita a canzoni e a gesti, di catturare davvero l'essenza di queste, scavando pur non volendolo, pur con imbarazzo e disagio, su un tema, un fatto, un evento, tanto difficile da affrontare.
Si resta incantati, si resta in lacrime davanti a quel bianco e nero ruvido e tenebroso, davanti all'ultima stoccata che è la canzone che scorre con i titoli di coda in cui duettano Arthur e il gemello Earl.
Come canta Nick, qualcuno deve pur cantare delle stelle, della pioggia, qualcuno deve pur cantare del dolore, del sangue.
Mi ero persa questo post, esattamente come perderò il film di Nick Cave quando arriverà in sala, il 27 e 28 settembre, perché non ci sarò. Non ti dico quanto mi dispiace, perché Nick Cave è l'unico artista di cui ancora compro i dischi a scatola chiusa.
RispondiEliminaIo mi ero persa questo commento, e mi sono persa troppi dischi di Nick Cave, che proprio grazie a questo film ascolterò. Tu, assente giustificata in sala, devi recuperarlo, il disco -da inesperta- è bellissimo, e visto prendere vita ancora di più.
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