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9 settembre 2016

Venezia 73 - Planetarium


Dopo un film immenso, è difficile voler male a Natalie Portman, ma la domanda sorge spontanea a fine film: perchè?
Perchè partecipare ad un progetto così confuso?
La risposta non la sapremo mai, sta di fatto che Planetarium non si capisce davvero dove vuole andare a parare.

E' la storia di due sorelle sensitive arrivate nella Francia degli anni '30, prima della guerra, e del loro strano rapporto, con una che ha davvero il dono di parlare con i morti, con l'altra che ha la capacità di parlare al pubblico, di convincerlo.
O è la storia di un uomo che cerca nel suo passato, che attraverso le sedute spiritiche diventa ossessionato da un fantasma di cui non ha memoria e che lo eccita, e da quella giovane sensitiva che gli permette tutto questo.
O ancora, è una storia che riguarda il cinema di quegli anni, un'industria che deve stare al passo con quella americana, e in cui entra a far parte una delle sorelle per un film di cui non capiremo la trama.
Probabilmente, proprio come quest'ultimo film, la trama, il nesso, l'obiettivo di Planetarium non lo capiremo mai, confuso com'è in più piani narrativi.
Non aiuta di certo il fatto che la testa si è fatta pesante e in qualche momento i miei occhi han ceduto alla stanchezza, e tenendo conto che la giornata è stata tra le più leggere della mostra con un solo film alle spalle in tarda mattinata, è tutto dire.
Forse, Planetarium, è un modo per far interagire due bellezze come Natalie Portman, che la sua figura la fa sempre, su di lei non si scherza, e la giovane promettente Lily-Rose Depp, che non solo è bella, ma è anche brava.
Da salvare, in questo calderone che finisce in modo piuttosto anonimo, le musiche e soprattutto i costumi, di quella moda parigina e anni '30 da far invidia.
Il resto, resta fra le stelle, in un nebbia che non si disperde nemmeno sul titolo.

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