Dove: nel bar sotto casa, il bar per quelle immense compagnie, dove fermarsi, trovarsi, incontrarsi.
Chi: una bambina, che in quel bar praticamente ci nasce, e cresce.
Ed è bello, è un'infanzia fantastica, perché significa viverlo appieno quel bar, dalla mattina (quando la colazione la si fa lì, tra i clienti del primo caffè con tanto di Nesquik personale) alla sera (con i fumosi sabati sera quando ancora nei luoghi pubblici si poteva fumare ed era la nebbia).
Significa avere a disposizione tutti i gelati che si vuole d'estate, tutte le cioccolate calde che si vuole d'inverno.
Ma significa anche avere la domenica di mercoledì, nel giorno di turno chiusura, e fuggire tutti assieme in montagna, quella montagna con cui ora è difficile far pace viste le troppe scampagnate.
Ma significa anche avere la domenica di mercoledì, nel giorno di turno chiusura, e fuggire tutti assieme in montagna, quella montagna con cui ora è difficile far pace viste le troppe scampagnate.
Significa avere orari diversi, i compiti farli lì, nel tavolino davanti al bancone, andare a letto sempre troppo presto rispetto a tutti gli altri, che stanno lì, ancora a vivere e bere nel tuo bar.
Il bar è solo in parte il Bar Sport celebrato da Stefano Benni, con i suoi clienti fissi, la famosa Luisona sempre in esposizione, le routine tipiche della provincia italiana. È ovviamente di più, visto che è un bar per giovani gestito da giovani, un bar che prende le distanze dalla gente perbene della piazza e accoglie quelle immense compagnie, organizzando concerti, cene, e quant'altro.
Quei clienti che quella bambina, e la sorella e le amiche, costringono a pagare per vedere le loro esibizioni sulle musiche dei Backstreet Boys, costringono a comprare cianfrusaglie nel mercatino che allestiscono in fondo al locale, senza sapere che, sottobanco, quei clienti si sono guadagnati un giro offerto dalla casa.
Il bar è solo in parte il Bar Sport celebrato da Stefano Benni, con i suoi clienti fissi, la famosa Luisona sempre in esposizione, le routine tipiche della provincia italiana. È ovviamente di più, visto che è un bar per giovani gestito da giovani, un bar che prende le distanze dalla gente perbene della piazza e accoglie quelle immense compagnie, organizzando concerti, cene, e quant'altro.
Quei clienti che quella bambina, e la sorella e le amiche, costringono a pagare per vedere le loro esibizioni sulle musiche dei Backstreet Boys, costringono a comprare cianfrusaglie nel mercatino che allestiscono in fondo al locale, senza sapere che, sottobanco, quei clienti si sono guadagnati un giro offerto dalla casa.
Perché crescere in un bar significa avere mille babysitter a disposizione, e non ti rendi conto che sei lì, con ventenni, trentenni, che festeggiano, si incontrano, parlano della vita. Che non hanno telefonini per mettersi d'accordo, e sanno che cascasse il mondo ci si ritrova lì, in pausa pranzo, dopo lavoro, dopo cena, per stare lì o decidere come passarla quella serata.
E la vita la vedi scorrere, provi a fermarla, a deviarla, facendo nascere coppie che anche se avranno vita breve, tu hai fatto incontrare.
Forse.
Perché in fondo, cosa ne sai tu, bambina, delle ore in cui al bar non ci sei, della fatica di mantenerlo, degli orari impossibili man mano che anche quei giovani crescono, di cosa fanno quei clienti una volta fuori da quelle porte?
Vivono, ovviamente, senza però dimenticare quel bar che è una seconda casa, dove ci si aiuta, ci si confida.
Vivono, ovviamente, senza però dimenticare quel bar che è una seconda casa, dove ci si aiuta, ci si confida.
Così, quando gli anni delle immense compagnie sono finiti, quando quel bar è ormai chiuso, perché quegli orari sono davvero diventati impossibili, ci si ritrova.
E quella bambina ha ormai 27 anni, riconosce pochi di quei volti che ha visto per anni seduti ai tavoli, in piedi al bancone, ma li ritrova, ancora uniti, con qualche ruga, capello bianco, chilo in più.
E si ritrovano loro, a ricordare e onorare chi non c'è più.
Il presente si fonde con il passato, e sono di nuovo quegli anni, l'immensa compagnia è ancora lì, a bere, festeggiare, vivere.
Il presente si fonde con il passato, e sono di nuovo quegli anni, l'immensa compagnia è ancora lì, a bere, festeggiare, vivere.
Post bellissimo. Da film, quasi.
RispondiEliminaIo però una cosa non la capisco, dei bar: com'è che, quando si vuole andare a fare colazione, ci si organizza per le 10-11? Io, se non bevo e mangio appena mi sveglio, e mi sveglio presto, muio male. Poi vuoi mettere il pigiama?
Per fortuna, scommetto che tu - pigiama compreso - non hai avuto di questi problemi, da piccola. :)
Ps. Nessuno ha immortalato le tue esibizioni compromettenti sulle note delle boy band?
Per me le colazioni al bar, oggi, sono in realtà seconde colazioni che arrivano dopo il tradizionale thé-biscotti di casa... Da piccola, pigiama compreso, era diverso: scendevo le scale e avevo il latte caldo ad aspettarmi!
EliminaPs: fortunatamente, no.
Titolo alternativo per il post, o anche possibile spunto per una nuova rubrica: La domenica bevo. :)
RispondiEliminaSarebbe meglio La domenica smaltisco il bere del sabato ;)
EliminaIo domenica ho dovuto smaltire la bevuta forte del sabato - che era il mio compleanno, dunque ti lascio immaginare -.
RispondiEliminaAd ogni modo, post bellissimo. Brava.
Grazie Ford, e in ritardo, ma tanti tanti auguri! Non oso immaginare quanti white russian sono passati per il saloon ;)
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