I primi due episodi già mi avevano conquistato.
Visti a Venezia, goduti in un solo sorso, facevano capire il mondo in cui Sorrentino voleva portarci: un Vaticano più vicino alla politica che non ai cristiani, un papa molto più autoritario che caritatevole.
I dubbi, ovviamente, c'erano: l'esordio alla serialità, l'impianto ad episodi, si sarebbero sposati bene con lo stile sorrentiniano degli ultimi tempi?
La risposta: sì.
Perché Sorrentino cambia, rimanendo se stesso, facendo fare alla sua macchina da presa quei voli, quei vortici, che tanto si amano, ma ancorandola alle parole, a dialoghi davvero da brividi.
In più, ci mette una caratterizzazione dei personaggi solida e inscalfibile, una loro lenta evoluzione che come per il suo stile, li fa cambiare, pur facendoli rimanere se stessi.
Così abbiamo un papa giovane, bello, che dall'alto della sua gioventù è quanto di più retrogrado ci sia: abituato al lusso, alla bellezza, riporta la chiesa al latino, svuota le piazze, non si concede, lui che tutto potrebbe con la sua presenza.
E così il Vaticano va in crisi, di coscienza ed economica, scatenando una lotta interna e una divisione interna per ordire contro questo papa.
Che però, poco a poco, lentamente, fa conoscere e capire le sue paure, le sue mancanze, la sua crisi mistica che si lega ad un passato traumatico, senza genitori, che non può dimenticare o perdonare.
I suoi più acerrimi nemici, che contro di lui ordiscono, si affievoliscono, colpiti dalla sua santità a volte blasfema, a volte laica, e come noi si lasciano conquistare.
Pio XIII smussa i suoi angoli, si intenerisce pure, regalando perle di saggezza e di verità piene di ironia.
Ad una storia che sa di vero, che ricalca la crisi morettiniana di Habemus Papam o quella reale di Benedetto XVI, c'è poi l'inventiva di Sorrentino, che non manca di inserire frecciatine alla condizione della donna, dello Stato italiano, della pedofilia.
E ci si muove in questi spazi, in quella Roma, ma anche in quella New York, Ostia, Africa, come solo lui sa fare, calibrando gli spazi e i tempi, facendola girare la sua macchina da presa a tempo di una musica sempre azzeccata, anche quando rischia la blasfemia (I'm sexy and I know it) o tocca vertici di poesia (Halo), fino alla vera perla rappresentata dalla riscoperta di Senza un perchè di Nada, direttamente dalla Groenlandia.
E non si sa se di questo The Young Pope sia meglio una sceneggiatura che non inciampa mai, che incanta attraverso dialoghi, monologhi, da applausi, o frasi breve, schiette, che fanno nascere il sorriso, o sia meglio per le interpretazioni, partendo da un superbo Silvio Orlando fino ad arrivare a un immenso Jude Law, bello come solo lui sa di essere, sexy come solo lo può essere un papa.
Il finale regala momenti altissimi proprio attraverso le sue parole, scandite, gridate, acclamate, attraverso parole che sono indimenticabili, magnifiche.
E allora sì, Paolo Sorrentino esordisce nella serialità nel migliore dei modi, senza snaturarsi, ma creando quello che è un capolavoro, a tutti gli effetti.
Sì, l'ho detto.
Avete letto bene.
The Young Pope è un capolavoro che da un inizio onirico a un finale cosmico, è difficile da eguagliare. Ci si proverà, con una seconda stagione, che cercherà di rispondere alle domande irrisolte, quelle su Tonino Pettola in primis, si spera.
Ce l'ho in rampa di lancio, sono molto curioso.
RispondiEliminaCon Sorrentino, del resto, vado quasi sul sicuro.
Difficile che non ti piaccia, c'è il Sorrentino che amiamo ma anche molto, molto di più :)
EliminaNel mio caso, al solito, ci sono cose che trovo fuori luogo - ad esempio, la storyline del prete "rosso", amante della moglie del boss - ma, nelle dieci ore complessive, il Sorrentino che poco tollero poteva fare peggio, tra bizzarrie e manierismi. E invece no. Piaciuto. Non troppo, ma molto.
RispondiEliminaSilvio Orlando pazzesco. Spiace un po' per la Keaton, che immaginavo più cattiva e centrale.
La Keaton la si lascia spesso in disparte, ma anche nel finale Orlando rabbonito lo si vede poco. Meglio così, però, visto che gli occhi sono tutti per Jude.
EliminaE felicissima che questo Sorrentino ti abbia convinto ;)
Sorrentino cambia, rimanendo se stesso. Hai perfettamente ragione. Ed è la cosa migliore che potesse fare, visto che con grande intelligenza è riuscito a passare dal mezzo cinematografico a quello televisivo, rendendosi conto che hanno modi di comunicare differenti. Un passaggio che pochi registi, forse giusto David Lynch, hanno saputo fare altrettanto bene.
RispondiEliminaGrade pure Jude Law, attore che mi è sempre piaciuto ma che nelle vesti di Papa non riuscivo proprio a immaginare. E invece...
La seconda stagione spero la preparino per bene e con calma. Rovinare una serie del genere sarebbe un vero... peccato. :)
Jude qui è davvero immenso, un premio se lo merita sicuro.
EliminaPer la seconda di rischi ce ne sono, ma visti i tempi con cui la prepareranno, c'è margine per migliorare ancora, o almeno, lo spero :)
Girando una seconda stagione si perderebbe però molto della potenza simbolica di questo finale, che è meraviglioso...
RispondiEliminaIl rischio c'è, ma c'è anche la possibilità di andare avanti e di proseguire il percorso di questo papa. La mia fiducia Sorrentino ce l'ha.
EliminaSemplicemente wow!
RispondiEliminaInutile dire che mi ha subito colpito la scelta azzeccatissima dei brani della colonna sonora: alcuni che non conoscevo sono finiti dritti dritti nell'mp3, altri così "troppo" popolari, grazie al contesto in cui sono stati usati, sono diventati una specie di cult.
Da non sorrentiniana ho adorato questa serie che sì, in qualche passaggio, ho trovato un po' lenta ma che, episodio dopo episodio, con i suoi dialoghi criptici quanto astuti ed i suoi personaggi in continua evoluzione, mi ha stupito e convinto portandomi ad un finale splendido!
Non ho ancora capito cosa mi sia piaciuto di più: la colonna sonora splendida? I personaggi? Forse la sceneggiatura, con quei monologhi e quelle frasi davvero perfette.
EliminaSì, mi ha conquistato subito.
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