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14 luglio 2017

Listen Up Philip

E’ già Ieri -2014-

C’è un Paese dove essere scrittori è un vero e proprio lavoro. Dove la scrittura viene venerata e lo scrittore incensato da mille lodi e impegni.
Questo Paese è l’America, dove la scrittura si fa creativa, si studia, si insegna, alla ricerca del successo. Il tutto, ovviamente, in modo snob, con quella cultura che si fa aulica e si eleva sopra il resto.
Philip è il ritratto del più snob degli scrittori, quello che ce l’ha fatta e ora si permette di guardare tutti dall’alto in basso, di far fluire la sua rabbia e di prendere posizione, finalmente.



Il suo secondo romanzo sta per essere pubblicato, lo aspettano premi, incontri, letture, ma prima si toglie qualche sassolino dalla scarpa: urla contro la ex, contro l’ex migliore amico, si allontana dalla fidanzata fotografa, in realtà più di successo e più ricca di lui, e trova rifugio dallo scrittore che aveva per mito prima –solitario ed egocentrico pure lui-, in un’università che lo fa diventare professore, poi.
In tutto questo, Philip lo psicanalizziamo assieme alla voice over che ce lo racconta, le sue scelte, amorose e lavorative, i suoi sfoghi, la sua solitudine, tutto ci viene spiegata per filo e per segno.
Così anche per gli altri personaggi che ruotano attorno alla sua sfera e ne vengono influenzati. Ashley, la sua ragazza, sola anche quando in sua compagnia, che tenta di andare avanti quando non c’è, e Ike Zimmerman, il grande scrittore che da anni non pubblica una parola, che il suo passato dissoluto e rancoroso ha reso depresso, solo e con una figlia che lo accusa in continuazione, alla ricerca del suo amore.


Vedere Listen Up Philip è come assistere a una seduta psicanalitica collettiva, o come vedere un film con personaggi francamente odiosi, farsi problemi di poco conto su piccole e grandi questioni come l’amore, il successo, la creatività.
A stretto contatto con loro, con la macchina da presa sempre a mano, sempre chiusa in primissimi piani, siamo quasi soffocati dal collettivo egocentrismo maschile, mentre si soffre e si applaude ancora una volta una splendida Elisabeth Moss. Jason Schwartzman, invece, lo si odia con tutte le forze, si odia quel suo snobismo, quel suo mettere a terra gli altri, quel suo credersi chissà chi anche se si finisce per ammirare almeno l’onestà dei suoi modi senza riguardo.
Passando da New York, alla campagna, al campus universitario, il film si dirama e si allunga, segue più vie e più voci, rendendosi pesante e non riuscendo a sollevare le sorti o la simpatia del suo protagonista.
Come fossimo dentro una puntata di The Affair senza tradimenti in vista, come fossimo in ascolto di un DFW senza una vera e propria filosofia, o del semplice cuore, di fondo, di questi scrittori problematici, di questi intellettualoidi, si può anche fare a meno.




Regia Alex Ross Perry
Sceneggiatura Alex Ross Perry
Musiche Keegan DeWitt
Cast Jason Schwartzman, Elisabeth Moss, Krysten Ritter, Jonathan Pryce
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6 commenti:

  1. Non lo conoscevo proprio.
    Sarà che Jason Schwartzman mi fa una profondissima antipatia?
    Qui, almeno, è richiesta dal ruolo.

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    1. Qui fa molta, molta antipatia. E la storia, mah, non prosegue al suo meglio nonostante buoni spunti.

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  2. non l'ho visto, ne avevo sentito parlare, ma il fatto che "Giovani si diventa" e "Mistress America" mi siano piaciuti tanto poco, non è incoraggiante

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    1. Non é troppo incoraggiante neanche questo film, con protagonisti particolarmente odiosi e una storia che non prende del tutto. Si può evitare, insomma..

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  3. Un film super radical-chic con Jason Schwartzman ed Elisabeth Moss?
    E com'è che non ne sapevo nulla? °___°

    Non sono proprio più il radical-chic di una volta, checché ne dica Ford, ma vedrò di rimediare, a partire dal recupero di questa pellicola, che spero di trovare in giro...

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    1. In giro lo si trova con facilità, in lista mi era finito chissà come e chissà da quanto.. Comunque, puoi rimediare con altro, o semplicemente evitando per un po' Wonder Woman ;)

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