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13 novembre 2017

Il Lunedì Leggo - Lettera al Padre di Franz Kafka

Kafka è uno di quegli autori scoglio.
Uno di quegli autori in cui inevitabilmente, nell'arco di una vita, andrai a scontrarti, sapendo di avere a che fare con uno dei grandi.
La sua ombra, allora, non potrà che fare paura.
Ci si sentirà piccoli, poco intelligenti, o lo si crederà sopravvalutato. Dipende dai punti di vista, dal nostro modo di essere lettori.
Oppure, si può prenderlo così com'è, sapendo di non saper far fronte alle sue metafore, alle sue allegorie, ai suoi pensieri contorti, ma berne, per quelle sue storie intricate, per quelle idee assurde e geniali.
Oggi come in passato, così ho letto e leggo Kafka.




Negli anni del liceo in cui darsi un tono era un vanto, ho incontrato La Metamorfosi, Il Processo e poi Il Castello. E se mia sorella -che all'università studiava letteratura tedesca, che sì, comprendeva anche quella di Kafka, che in tedesco, da Praga, scriveva- lo capiva e lo analizzava, lo dissezionava, io preferivo rimanerne stupita, rimanere avvinta dal freddo, dal gelo, dal contorto mondo di quel castello che a Praga svetta sulla città, incutendo reverenza e pure qualche brivido.
Sono tornata a Praga, come ho scritto ieri, che era Domenica, e son voluta pure tornare sulle pagine di Kafka.
Nessun romanzo strano, nessun racconto breve ma intenso.
No.
Ma una lettera, privata, mai spedita, e indirizzata al padre.

Ora, se da una parte sono affascinata dai carteggi privati degli autori, dal conoscerli nella loro intimità, immaginandomeli davvero scrivere nella loro scrivania, guardando fuori dalla finestra, senza premurarsi troppo per lo stile, ma andando così, a mente e mano sciolta, dall'altra questi carteggi che vengono pubblicati, mi sembrano anche una violazione della privacy ante litteram, un andare a spulciare dove non si dovrebbe, dove l'autore -se ancora in vita- non avrebbe permesso.
Fatico, quindi, a leggerli.
Fatico a giustificarli, ma poi, quando il fascino prende il sopravvento, e la curiosità pure, nel mondo reale, autentico, di questi autori si entra.
Si entra questa volta in una confessione a cuore aperto, di un figlio che accusa il padre per l'educazione impartitagli, che accusa se stesso per la sua debolezza, che cerca un capro espiatorio per la persona piena di paure e di sensi di colpa che è diventato.

Sembra di essere dall'analista, sembra di intravedere tutte, ma proprie tutte, le teorie castranti di Freud, con un padre-padrone burbero che non sarà mai contento dei figli che ha, che li rimprovererà, che farà valere il suo passato di fatica, nei confronti di un presente di gloria.
Il piccolo Kafka che Kafka non si sente , ma più Lowy (il cognome materno), puntiglioso e preciso va ad analizzare tutta la storia famigliare, che si parli di scuola, di lavoro, di religione, pure. E di matrimonio, infine.
Lui che più di una volta ha rotto un fidanzamento, lui che mai potrà soddisfare il padre sotto questo aspetto, vede proprio in lui, nel matrimonio dei genitori, nelle aspettative e nelle attese, nei suoi timori e le sue ritrosie, tante, tante colpe.
Ogni figlio, in queste lunghe e fitte pagine scritte di getto, quasi, ma sicuramente ben studiate e chissà per quanti anni covate internamente, si ritroverà sotto uno o l'altro aspetto, mentre ogni genitore vedrà un piccolo vademecum per come non comportarsi, per come cercare di limitare i danni che in ogni caso un genitore infierirà alla sua prole.
È il cerchio della vita.
Io, che di sensi di colpa vivo, ma che l'educazione ricevuta non accuso, prendo nota, compatisco e capisco un figlio che non si piace, che vorrebbe essere diverso, ma che diverso non sarà. Un figlio che scrivendo tra le pagine di una lettera che non spedirà, ma che lo aiuterà a fare ordine, a rispondersi da solo, pure, troverà almeno un po' di pace.

4 commenti:

  1. Mai letto, purtroppo, anche se a casa dovrei avere Il castello.
    E' un autore scoglio, come dici tu, e si ha paura ad affrontarlo.
    Anche Lettera al padre mi ispira molto, ma farei meglio a metterlo in coda agli altri: già con Simona Vinci, con un ultimo romanzo in cui parla della sua depressione, ho fatto l'errore, diciamo così, di conoscere prima la persona, poi l'autrice.

    In fase da rigattiere anch'io, mi sto leggendo Mildred Pierce. Quanta eleganza, anche se la serie non si trova facilmente e mi dannerò l'anima. Ho rimandato la visione per niente?

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    1. Un autore scoglio non certo facile, anche perchè quei romanzi lasciati incompiuti e pubblicati postumi, sono troncati in modo brutale.
      Qui, almeno, in una lettera breve ma non troppo si conosce meglio il Kafka figlio e insicuro, che cita, vaga e puntualizza il suo stato d'animo.

      Mildred Pierce è stata una delle prima serie "serie" della nuova ondata vista. Una Winslet perfetta, per un gran prodotto. Strano non lo si trovi più facilmente, ma ne vale la pena.

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  2. Kafka è un po' il Lynch della letteratura.
    Un autore scoglio duro e questo sarebbe il periodo migliore per affrontarlo, visto che d'estate Kafka proprio non si addice. Però la voglia è poca comunque...

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    1. Kafka è perfetto per la nebbia autunnale e dopo la visita a Praga, questa lettera la si legge d'un fiato in una sera. Resta un autore non facile, anzi, ma qui è più accessibile.

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