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24 gennaio 2018

Io Sono l'Amore

E' già Ieri -2009-

Ci sono film che invecchiano bene, altri che invecchiano male.
E spiace dirlo a Luca Guadagnino, fresco di 4 nomination all'Oscar con il suo Chiamami col tuo nome, ma Io sono l'amore, bene non è invecchiato.
Visto oggi, infatti, pure quei costumi candidati nel 2011 tra i migliori stonano un po', con abiti sì, senza tempo, altri che il tempo l'hanno subito e lo portano addosso come il peggiore dei pesi.
Ma è il suo insieme che fatica a carburare, è una trama ridotta all'osso, e tanti esercizi di stile in cui la fa da padrone una fredda eleganza -dell'arredamento, di culture, di cibo e di spazi, soprattutto, con case, ville, città e orti che diventano personaggi in più.
Con questa scelta, Guadagnino ci racconta e ci presenta la ricca famiglia Recchi.



Una cena per festeggiare il patriarca di questa famiglia è l'occasione per presentarcela, in tutti i suoi cliché, in tutti i suoi difetti.
Nulla di nuovo, sotto la nebbia di Milano, tra accenti marcati, snobismi vari, vanterie e mancanza d'amore.
Quella famiglia è come te la aspetti.
Fatta da quel patriarca che tutti rispettano e temono, da una moglie più giovane e rifatta e snob, da un figlio che alle tradizioni non tiene, che cerca solo il guadagno, da un'altra moglie -la sua- straniera e costretta ad abituarsi a tutto, pure a perdere il suo nome di russa. Ci sono poi altri figli, l'artistica Elisabetta, che l'amore lo scopre diverso, e sa che la famiglia non l'accetterà, ma la madre sì, e il sensibile Edoardo, che alle tradizioni invece tiene, che ha sogni, speranze, che sembrano andare oltre l'apparenza, nonostante quella fidanzata arrivista e perfetta che stona con il suo essere ottimista.
Ora, da una famiglia simile, ci si aspetterebbe una penna appuntita, pronta a sottolineare ipocrisie e vanterie di sorta. Ci si aspetterebbe una rivoluzione, in nome dell'amore, appunto.
Ma questa, avviene piano, avviene lì dove non ce lo si aspettava, fra un piatto di alta cucina e un orto a Sanremo, dove un ristorante potrebbe aprire. Avviene soprattutto fra due diversi, fra quella madre e moglie straniera, bella e aristocratica nei portamenti, a cui si riaccende la fiamma della passione, e quel cuoco amico del figlio che a suon di gamberi e zuppe di pesce, fa colpo.


Niente di nuovo però sotto il sole della Liguria, se non un Guadagnino che dà il meglio di sé alla regia, che cerca sempre la fotografia migliore, che cerca di dare stile, esagerando, aumentando, tra montaggi veloci e inquadrature diverse, come quel montaggio in crescendo che va di pari passo con la colonna sonora e con la passione fra i protagonisti, facendo dell'eros un altro personaggio da tenere d'occhio.
Insomma, a quasi 10 anni di distanza, la sostanza tanto amata dagli Americani, non c'è, c'è invece tanto fumo ad annebbiare gli occhi, tanti "sorrentinismi": tanta ricerca del bello, con l'esaltazione continua della musa Tilda Swinton che ritroverà il regista in A bigger splash, dove la sceneggiatura ha più peso (anche quando scivola sul finale), dove l'estate, la bellezza, il glamour, lo si sente tutto, senza per questo annientare il resto.
Qui, invece, si sentono le insicurezze degli attori, la teatralità del tutto e una certa tracotanza che infastidisce, e invecchia male.
Qui, saranno i colori ormai sbiaditi, sarà una fotografia eccessiva, ma gli anni passati pesano e si sentono, e Io sono l'amore no, non fa innamorare.


Regia Luca Guadagnino
Sceneggiatura Barbara Alberti, Ivan Cotroneo, Walter Fasano, Luca Guadagnino
Musiche John Adams
Cast Tilda Swinton, Alba Rohrwacher, Flavio Parenti, Pippo Delbono
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La Grande Bellezza, Happy End
Voto: ☕☕/5

8 commenti:

  1. L'ho visto ai tempi e lo ricordo quindi vagamente. Gelido e raffinatissimo.
    Un cast non sempre all'altezza, qualche incertezza, ma mi era piaciuto molto.

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    1. Partivo con idee diverse, un wannabe Sorrentino che ha comunque il suo perchè, ma i colori si sono sbiaditi, lo stile -qua e là- pure.

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  2. Concordo totalmente. Esteticamente mi era piaciuto molto, ma era una bellezza quasi fine a se stessa.
    Però quella fuga finale, sarà perché lo vidi in un momento particolare della mia vita, mi è rimasta impressa...

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    1. Il finale -come la scena di passione a Sanremo- sono i momenti migliori, che ancora valgono e restano impressi. Il resto, purtroppo, ha poco sostanza ora.

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  3. Non so visto adesso, ma quando lo vidi tempo fa nella sua glaciale bellezza mi aveva colpito parecchio.
    Certo, non proprio un film di quelli da amare, ma da stimare fantozzianamente moltissimo sì. :)

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    1. Mi ci vedo 10 anni fa a declamarlo e amarlo. Visto oggi, con film simili e migliori passati sullo schermo, sente il peso del tempo, e poco resta.
      Guadagnino lo ricordo più volentieri a Pantelleria, e lo aspetto a Crema :)

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  4. Qui Lisa non sono proprio d'accordo. Rimasi folgorato da questo film alla sua uscita, e tuttora ne subisco il fascino... mi colpì il contrasto tra le atmosfere ingessate, gelide, trattenute, e l'amore dirompente e impossibile che si sprigiona tra i protagonisti, la forza di tutto l'amore e la rabbia repressa che si scatena. Per certi versi mi ricorda "Quel che resta del giorno" di Ivory: elegante, gelido e terribile insieme. Finora è il film che più mi è piaciuto di Guadagnino, in attesa di vedere l'ultimo :)

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    1. Capisco la folgorazione, capisco l'impressione che ha potuto fare. Ma visto oggi, dopo più di 10 anni, a me è parso molto sbilanciato, con il fascino di una fotografia bellissima, ma una sceneggiatura molto pasticciata, per non parlare di attori non certo eccelsi. Quindi no, non mi ha convinto.

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