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24 dicembre 2018

Il Padrino - La Saga

#LaPromessa2018

Avevo 13 anni quando ho visto la prima volta tutti e tre i film del Padrino.
Era estate, si usciva tutte le sere, ma per tre martedì di fila ho detto alle mie amiche di no, che me ne sarei rimasta a casa, su una sedia, davanti alla TV della cucina, da sola a guardarmi dei film che volevo recuperare, fare miei.
Già allora il morbo del cinema si era impossessato di me, piccolo specchio dell'asocialità che mi avrebbe contraddistinto anni a venire.
Già allora non me ne pentivo, anzi, tediavo le mie amiche nel raccontare loro la storia, la trama, le implicazioni politiche e religiose di quanto avevo visto.
Se ho rimesso questi tre film nella Promessa2018 è per rivivere certe emozioni, guardare con occhi nuovi, più maturi e un minimo più impegnati il tutto. L'idea era condividere la visione con altri, creare serate a tema, ma il tempo è agli sgoccioli, l'asocialità non ha aiutato ad abbattere certe comfort zone, e così oggi come allora me ne sono stata a casa per tre sere di fila, a ritrovare Vito e Michael e Fredo e Connie e Sonny Corleone.

IL PADRINO



Che tutte le scene che mi ricordavo fossero qui, nel primo capitolo di una saga che ancora saga non era, non lo ricordavo.
Quella testa di cavallo mozzata, quell'imboscata ad un posto di blocco, quella pistola nascosta in un bagno, quella morte tragica, con ancora il sapore del limone fra i denti... E la bellezza e la bravura di Marlon Brando, la sua presenza scenica che oscura tutto il resto, il suo gatto giocherellone sulle sue gambe, la guerra che il suo attentato fa partire.
E poi c'è lui, un Al Pacino che non ricordavo così femminile nei tratti che a poco a poco si trasforma, prende le distanze, si lascia invischiare, scappa in una Sicilia ancestrale e torna, trasformandosi nel suo stesso padre in uno dei finali più intensi del cinema.
E puoi dire solo: wow.
Poi c'è la musica, ovvio, c'è quel matrimonio in apertura che è una meraviglia, c'è un'escalation della violenza che fa quasi male.
Sì, questo primo Padrino -guardando Narcos, guardando The Wire- è davvero il punto di riferimento per chi di potere, di violenza, di mafia, vuole parlare. E regge ancora benissimo, sempre.

IL PADRINO - PARTE II


Lo ammetto, sono stati dei lunghissimi 200 minuti.
Minuti in cui non sempre sono stata coinvolta, che qua e là mi hanno visto cedere, in cui nonostante il racconto e la bellezza di quel racconto, mi sono persa.
Certo, non ha aiutato un italiano parlato da americani, un italiano che italiano non è, con quel dialetto già di per sé difficile da capire.
La storia in parallelo tra la nascita della leggenda di Vito Corleone e del potere che logora Michael e la sua famiglia non ha la stessa forza del primo capitolo. No.
Però c'è del buono, c'è del bello anche qui, con un matrimonio che si sfalda, una famiglia che non è più sinonimo di fiducia, in cui anche i più vicini tradiscono.
La ricchezza senza più ormai limiti viene minacciata a livello giudiziario, ma l'estorsione e le minacce sanno come risolvere tutto.
Non può che finire nel sangue -anche quello fraterno-, nel divorzio, non può che finire nella solitudine che di per sé poteva essere un finale perfetto.
Postilla: di Cuba poco mi è interessato, Gastone Moschin l'ho odiato come pochi altri personaggi.

IL PADRINO - PARTE III


Una terza parte che si poteva evitare?
Sì.
Perché Vincent Mancini viscido e mal interpretato com'è non crea nessun appeal, perché del suo amore con Sofia Coppola poco ci importa, perché Al Pacino invecchiato, reso quasi un santo, preferivo ricordarlo solo, annientato ma vittorioso nel suo potere.
Invece gigioneggia per riconquistare l'amore di Kay, si muove in una Sicilia degli stereotipi per un figlio cantante lirico, rischia la vita in un attentato che sembrerebbe scritto e diretto da Michael Bay.
Potevano risparmiarcela questa terza parte decadente, certo, le implicazioni con la politica e soprattutto con il Vaticano fanno la differenza, quel finale in cui La Cavalleria Rusticana prende possesso della colonna sonora sa far venire i brividi, ma siamo lontani da quelli provocati da Bach durante il battesimo di Anthony, siamo lontani dai fasti di un tempo.
C'è una patina di trucco posticcio, di tentativo di rinverdire un nome che no, non ha più la stessa forza.


Domani riuscirò a chiudere la mia Promessa con qualche giorno di anticipo pur di lasciare spazio alle classifiche di fine anno, quello che ho scoperto e comprovato da queste visioni solitarie, è che il cinema dei recuperi, i cult meritano di essere condivisi.

4 commenti:

  1. Serie cinematografica che non ho mai visto, spaventato dalla sua fama, e che fra genere, impegno e durata mi avrebbe forse fatto rimpiangere la promessa. Nonostante meriti lo sforzo, ne sono sicurissimo.

    PS. Quanto ne nell'immagine dell'adolescente seduta in cucina. I migliori film visti lì, su una sedia scomodissima.

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    1. Lo sforzo lo merita, alle medie come oggi per tre giorni ho vissuto in mezzo all'accento siciliano, all'America nascosta di potere. Certo, ci vuole il suo tempo.

      ps: sedia scomoda, la famiglia in salotto, io che scopro cose bellissime. Sì.

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  2. Nonostante tutto il terzo film di questa saga mi è piaciuto.

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    1. Ho faticato davvero tanto con il terzo, troppo lontano dalla bellezza del primo, troppi personaggi di cui in fondo poco mi importava.

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