15 marzo 2019

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick

Andiamo al Cinema

A 14 anni Rick diventa informatore dell'FBI, loro occhio e orecchie all'interno di una gang che spaccia e corrompe Detroit.
A 15 anni Rick è ormai uomo di fiducia all'interno di questa gang, guadagnando più del padre, permettendosi lussi e ragazze.
A 16 anni decide di uscirne, di dire stop all'FBI ma ormai la presenza di una talpa già la si sa, e Rick viene fatto fuori -letteralmente- anche dalla gang.
A 17 anni, torna a spacciare per conto proprio, con tutte le conseguenze del caso, nell'America che combatte con i mezzi più duri il giro delle droghe.
Bastano questi pochi anni a definire per sempre Richard Wershe Jr., ragazzino sveglio anche se non sembra, chiamato a volere di più. Più della vita fatta a barcamenarsi comprando e rivendendo armi del padre, abbandonato dalla moglie, e con una figlia tossica.
Così, questa è la sua storia: quella del più giovane informatore dell'FBI e quella della condanna ad una pena severissima.



A raccontarla così, sembrerebbe davvero una storia che valeva la pena di raccontare.
Ma per come ce la raccontano Andy Weiss, Logan e Noah Miller, molti pezzi si perdono.
E lo si capisce subito, dalle prima battute mal introdotte, ganci per far partire spiegoni, che la sceneggiatura non ha mordente. Non ce l'ha quando perde tempo prezioso dietro storie d'amore veloci e sbrigative o quando lascia spazio a una regia  compiaciuta per immergerci negli anni '80, nella disco music, nelle feste in piscina di Las Vegas, nei matrimoni.
La storia, quella di Rick, è breve e fulminante.
La storia, quella del film White Boy Rick è invece mal gestita. 
Mancano passaggi (la fiducia che guadagna Rick, le informazioni che scambia con l'FBI), manca unitarietà soprattutto (case che cambiano, soldi che spariscono, negozi che non si aprono), con quelle feste a fare da intramezzo, quegli amori capaci solo di introdurre macchiette in grado di strappare un sorriso.
C'è poi del puro fan service, perché se l'esordiente Richie Merritt biascica e non si fa certo voler bene come protagonista dallo sguardo annoiato e dai modi goffi, Matthew McConaughey fa il solito Matthew McConaughey (un applauso a me, che ormai non devo più né copia/incollare né controllare dove mettere le varie vocali) che gigioneggia con l'accento, che si lascia andare a metafore e lezioni di vita piuttosto improbabili, ad uso e consumo del personaggio.


Peccato che proprio come tutti gli ultimi film di Matthew McConaughey (e siamo a tre!), anche questo aveva tutte le carte in regola per colpire, finendo per essere un buco nell'acqua. Si ostina, Matthew, a scegliere progetti in cui può trasformarsi, immergersi in altre epoche, rispolverare un po' del Rusty Cohle che c'è in lui (vedi Gold, Free State of Jones, La torre nera).
Ma non basta.
Non quando la sua parte sembra appiccicata per farlo risplendere, non quando il resto del racconto fatica a reggersi dopo quelli che sembrano numerosi rimaneggiamenti in fase di montaggio per far quadrare i conti.
La parte finale, infine, vorrebbe far riflettere e indignare sul destino di Richard Wershe Jr. E anche se è vero che una legge così severa per chi spaccia è profondamente ingiusta, e anche se è vero che l'ergastolo a minori di 20 anni è una sentenza incivile, è anche vero che quello che si vuole dipingere come un santo, santo non era. E non sarà.
E non basta un film che ricatta emotivamente, a riscattarlo e a riscattare l'intera visione.

Voto: ☕½/5


10 commenti:

  1. Non potrei essere più d’accordo di così, quando un film è meno coinvolgente che leggere la biografia del protagonista – magari su Wikipedia – vuol dire che qualcosa è andata davvero male. Ti faccio i miei complimenti, io McCoso ancora non riesco a scriverlo senza dover controllare, purtroppo non basta nemmeno lui a risollevare un film piatto. Inoltre qui da noi hanno voluto sbattere la parola “Cocaine” nel titolo, anche se nel film la “Cocaine” non si vede quasi, siamo ben strambi a volte. Cheers!

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    1. Nell'anno della doppietta Oscar/Emmy mi è toccato imparare dove andava quella maledetta U e non l'ho più dimenticato. Lui invece si è dimenticato come scegliere bene i progetti, imprigionato com'è nelle strane figure anni '80/'90.
      Quanto ai titolisti italiani... chi li capisce! Gli stessi sottotitoli in sala avevano un che di ridicolo, anche se tradurre slang non è mai facile.

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  2. Dopo averlo visto (sempre mezzo nudo) nel pasticciato e stranissimo Serenity, mi astengo da McConaughey per un po'.

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    1. Serenity non mi ispira proprio per niente, lo massacrate in due, lo massacra la critica americana, facciamo che con questo Rick Senior padre dell'anno ho avuto anch'io la mia dose.

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  3. Ma è una specie di giovane Barry Seal o sbaglio? ;)

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    1. Essendoci Tom Cruise di mezzo non l'ho visto. Qui la parte dell'informatore è davvero poca cosa nella trama generale, ci si concentra di più nelle gang e nei modi di sopravvivere nella violenta Detroit.

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  4. E sì, storia potenzialmente interessante, ma film praticamente inutile.
    Nemmeno troppo brutto, solo inutile.

    Matthew McConaughey (ho fatto copia/incolla dal tuo testo) ormai sembra intrappolato nel personaggio forzatamente sopra le righe e ha stufato.
    Spero che con The Beach Bum si rifaccia (inteso non come rifare se stesso). :)

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    1. Korine potrebbe essere la sua ultima speranza per ritornare sulla cresta dell'onda. Lo si è perso e si è perso dentro gli stessi personaggi. Sembra una parodia di se stesso, o di Rusty Cohle.

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  5. Peccato, avevo grandi aspettative per questo film!
    Lo vedrò comunque, ma con meno hype! :)

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    1. Il mio hype era già basso, ma mi aspettavo almeno una certa coerenza nella trama tagliuzzata e appiccicata alla bell'è meglio. Mi saprai dire ;)

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