Pagine

28 agosto 2019

Il Re Leone

Andiamo al Cinema
(in v.o.)

Si inizia sempre così, ormai.
Perorando la causa contro una Disney senza più idee, contro questa moda nostalgica dei remake, queste operazioni a costo zero per quanto riguarda la sceneggiatura, a costo alto per un produzione puntigliosa e con ritorni di cassa che ne giustificano il proliferarsi.
Ma alla fine, siamo sempre lì.
Anzi, sono sempre io lì, al cinema, con i miei pregiudizi, a cercare un barlume di speranza in quella che sembra un'operazione marketing inarrestabile.
Ma tocca ripetersi ancora una volta davanti a un Re Leone che ripete pedissequamente l'originale, che vive per quell'effetto nostalgia ormai tipico della nostra generazione.
E allora, come ci si scrive su questo Re Leone?



Ripetendo stancamente le stesse cose come stancamente le ha ripetute Jon Favreau?
Applaudendo comunque alla realizzazione tecnica, più i fondali (meravigliosi) che gli animali ad essere onesti, qua e là posticci, naturali nei loro gesti meno quando si fanno umanizzati?
Trovando tenero il piccolo Simba, maestoso Mufasa, divertentissimi Zazu, Pumbaa e Timon?
Come da copione, insomma.
Andando poi in cerca di difetti piuttosto evidenti a livello uditivo, con la pomposa musica di Hans Zimmer troppo... pomposa. La voce di Beyoncé che stride, sia come doppiatrice di Nala che come interprete, sempre lì a gorgheggiare e a rimarcare di essere lei, Beyoncé. Coprendo purtroppo la bella voce di Donald Glover nei duetti.
Apprezzando -e molto- la parentesi con Timon e Pumbaa (stupendamente doppiato da Seth Rogen), allargata e popolata di altri buffi animali, e che ha in sé le scene migliori sulle note di The Lion Sleeps Tonight e un Hakuna Matata più metacinematografica (vedi anche l'omaggio a La Bella e la Bestia). Dispiacendosi un po' per i tagli fatti a Rafiki, e per quel finale che appare più raffazzonato di quello che ci si ricordava.
Dispiacendosi poi per la famosa morte di Mufasa, che attesa, tragica, evitabile non riesce però a commuovere, non come un tempo. Indice della corazza messa su con gli anni, o di piccoli errori di zoom e animazione che hanno deconcentrato.


Scritto questo, allora, come un mero elenco dei pro e dei contro e di prese di posizione sembra di ricalcare quanto fatto da Favreau: un esercizio di stile, un compitino ben svolto in cui era difficile andare fuori tema vista la partenza originale e sbagliando lì (sempre quelle musiche, meno incisive, meno preziose rispetto a quelle di Elton John) dove si osa un po' di più.
A chi chiede perché la Disney continui ad avere successo e io a correre al cinema a giudicarla, viene da rispondere solo in un modo: con i brividi che le prime immagini, le prime note del Cerchio della Vita, han saputo dare.
È la nostalgia, bellezza.

Voto: ☕☕½/5


4 commenti:

  1. Questa volta, mi sa che me lo risparmio. Vedrò da casa quando sarà.

    RispondiElimina
  2. Nel mio caso c'era anche un po' di speranza che magari avessero saputo dare quei due o tre accorgimenti tali da rendere la storia un po' più fresca, ma purtroppo anche quello è saltato...

    RispondiElimina
  3. Per me è un no a prescindere. Non andrò a vederlo come non ho visto i precedenti (e non vedrò i futuri, le prime immagini di "Lilly e il Vagabondo"fanno venire i brividi di raccapriccio); non capisco il senso, a parte i soldi....sarò vecchia ma a me operazioni del genere mettono solo una gran tristezza, se voglio recuperare i classici ripesco i cartoni animati.

    RispondiElimina
  4. Sbagliare la tecnica sarebbe stato un disastro, per fortuna sembra non accadere, e mi compiaccio, comunque senza vedere non posso giudicare, lo farò a tempo debito ;)

    RispondiElimina