6 ottobre 2019

#LaPromessa2019 - Metti 3 Serate con Sergio Leone

Ci avevo già provato una decina di anni fa.
Com'è che studiavo cinema e non avevo ancora visto la Trilogia del Dollaro di Sergio Leone?
Com'è che di questo regista culto, osannato da critici e fedeli, mi ero fermata alla bellezza di C'era una volta in America?
La risposta è semplice: il western.
Un genere che no, non sentivo e non sento mio.
Un genere che associavo ai pomeriggi polverosi del sabato, quando fuori pioveva e il nonno occupava il divano per vederseli. A noi nipoti toccavano quelli, o la VHS storica con Via col Vento da vedere nella camera dei miei zii.
E poi, con dei genitori che avevano un bar a tema, sono sempre stata dalla parte degli indiani.
Come fare pace, allora, con quei cappelli spioventi, quei sigari, quei ponchi e quella mira infallibile?
Armandomi di impegno e mantenendo una promessa.
Questa volta, nessun giovine al mio fianco, esentato dal ruolo. Solo un cane che con il suo ronfare non ha certo facilitato il compito.
Sì, devo ammetterlo, più volte sono caduta vittima dei pisolini, più volte ho dovuto fare pausa, tornare indietro, facendo aumentare il fastidio e il rimorso perché non è così che mi piace vedere i film.

Per un pugno di dollari




L'unico nel quale non ho dormito.
Sarà che la durata (100 minuti) era più ragionevole, sarà che sono rimasta incantata dalla bellezza di Clint Eastwood, che bello non lo avevo mai trovato.
Invece, con la sua altezza, il suo imporsi, il suo stile da cowboy solitario e intelligente, ho visto tutto il suo fascino.
Lui, che arriva in un villaggio sperduto, lui che decide di mettersi in mezzo e di mettere fine alle scorribande di due famiglie che tengono sotto scacco un villaggio ormai fantasma.Come un Machiavelli arrivato dal deserto, fa il doppio e triplo gioco, senza mirare al potere, forse nemmeno alla giustizia. Il suo è senso del dovere e del denaro, mischiato a una punta di noia.
Ma la verità, è che non è la trama già di per sé interessante a meritare attenzione, come disse un pentito Charles Bronson che rifiutò il ruolo del protagonista, è la mano di Leone a fare la differenza, Leone e Morricone direi.
Quelle inquadrature, quei movimenti di macchina, quella fotografia perfetta, da una grana calda come piace a me, quelle musiche che sono protagoniste, sono indimenticabili e sono quelle che hanno fatto di un film a bassissimo budget il cult che per tutti è.
Anche per me?
Non proprio, anche se l'amore non è scoccato, il rispetto sì.

Per qualche dollaro in più



Non vogliatemene.
Io mi sono messa d'impegno.
Una serata libera, una coperta calda e un divano tutto per me.
Ma i 132 minuti si sono fatti sentire, sopratutto nel centro.
Si sono fatti sentire dopo una luuunga presentazione dei personaggi, dopo aver capito chi era il nemico comune, quale il piano per batterlo. Ma dopo che quel piano viene allungato e cambiato, ho ceduto.
Di un solo quarto d'ora, va messo agli atti, ma gli occhi mi si sono chiusi.
Li ho riaperti, senza ricordare bene fin dove ero riuscita a seguire le gesta di quel cowboy sempre solitario e sempre affascinante (da ora chiamato Monco), e della sua antitesi, altrettanto solitaria ma più saggia (il Colonello Mortimer). Insieme, o quasi, contro quel fuorilegge di El Indio che rapina banche, miete vittime, non si fida nemmeno della sua banda.
Su di lui una taglia da capogiro, che fa gola ai due.
Sulla sua banda, uguale.
Il suo piano: rapinare la Banca più protetta del west.
Quello dei due cacciatori di taglia: fregarlo nella fuga, spartirsi le ricompense.
Si gioca all'infiltrato, si gioca ancora una volta ai doppi giochi.
Ho perso il conto dei tanti proiettili esplosi, tanto da farmi venire un leggero mal di testa.
C'ho fatto pace nel finale, con la melodia di un Morricone nuovamente GRANDE a rendere il solito duello più struggente e romantico di quanto potessi aspettarmi.
Il giovane e il vecchio si salutano, con la promessa di cambiare vita, di dimenticare il sangue e la vendetta, e io nonostante il pisolino, applaudo.

Il Buono il Brutto e il Cattivo


Sono e sarò sempre per non smezzare i film.
Anche al cinema, quando capita di beccarmi l'intervallo di fine primo tempo, mi arrabbio.
Ma nonostante l'impegno di un pomeriggio libero, i 175 minuti non sono riuscita a smaltirli in una volta sola. Nemmeno in due ad essere onesti, che con il cane che mangia i cavi della TV a tradimento, il nuovo acquisto di Google Chromecast che si rivela inadeguato, il film l'ho visto almeno in tre pezzi.
Anche qui c'è una lunga presentazione dei personaggi, con quel cattivo che davvero cattivo è e che no, nonostante lo pensassi non è quel capitano Mortimer di cui sopra.
Quel buono che è sempre lui, Clint: sempre stropicciato, sempre con quell'espressione corrucciata.
E infine il brutto, il fuorilegge Tuco che nel suo essere esagerato ed eccessivo, nei suoi voltafaccia e nelle sue bugie per salvare la faccia si rivela essere il vero protagonista, quello con una storia che in fondo fa tifare per lui.
I tre, impegnati a scamparla alla Guerra Civile che avanza, sono alle prese con una caccia al tesoro: un bottino nascosto in un cimitero, sotto una tomba.
C'è chi conosce il nome del cimitero, chi quello inscritto nella lapide.
Parte il lungo viaggio verso Sad Hill, con tanto di imboscate, campi di lavoro, ponti da far esplodere, e quel senso di giustizia che si fa labile, quel senso di insensatezza della guerra, di vite sprecate, a prevalere.
Ed è continuo passare dai dialoghi taglienti di Leone alle sue inquadrature e movimenti di meccanica ancor più maestose visto il budget a disposizione.
Si arriva al famoso triello, allo stallo alla messicana per antonomasia in cui ancora una volta è Morricone con la sua musica a rendersi protagonista in più.
Con il cattivo che fa ribrezzo, il buono che si staglia e quel brutto per cui si spezza il cuore.
A sorpresa, a questa lunga epopea mi ci sono appassionata, con il genere western ho fatto un po' di pace.
Resterò sempre dalla parte degli indiani, ma da ora posso dirmi anche dalla parte di Sergio Leone.


8 commenti:

  1. Anche io c'ho provato a guardarli, tra un sonnellino e l'altro.
    Non ho però avuto la tua stessa fortuna e non ricordo di aver finito di vederne nessuno per intero...
    Sono una persona pessima, o se non altro uno spettatore pessimo, lo so. :)

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    1. I sonnellini sono il male, ma sono anche inevitabili con un genere così, con spettatori come noi, lontani dal western.
      Riprovaci, con pazienza e qualche pausa potresti rivalutarli!

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  2. In questi giorni li sto rivedendo anche io (storia vera) con la differenza che ci sono cresciuto quindi per me non sono nemmeno pezzi di cuore, sono proprio il motivo per cui sono diventato un appassionato di cinema. Il primo è il più immediato, il terzo quello più epico, apprezzo il tuo sforno ma anche il risultato finale, se tu e il western avete fatto un po' pace, possiamo dire che il pistolero senza nome ha colpito un altro bersaglio ;-) Cheers

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    1. Lo ha colpito dal momento che mi sono accorta della sua bellezza ;)
      Non mi convertirò mai al genere, davvero troppo polveroso per me, ma ora posso dire di capirne l'importanza, soprattutto di questa Trilogia.

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  3. Ti perdoniamo non preoccuparti, e te lo dice uno che ama i western e che alcuni cult non ha visto, non questi però ;)

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    1. La tentazione ora è di inserire l'altra trilogia di Leone nella Promessa2020, ma sono in serbo novità che per ora devo tacere ;)

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  4. Beh, sicuramente il primo e il terzo sono i migliori.
    Pure io recuperati poi, perché in gioventù non apprezzavo molto il genere.

    Moz-

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    1. In gioventù, tra la polvere e la durata, non attiravano. Mi ci ero impegnata anche allora, ma al secondo tentativo e al secondo sonnellino ho rinunciato. Ho imparato a non darmi per vinta!

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