30 ottobre 2019

Wounds

La settimana di Halloween

Ci sono film di paura e film di paura.
Ci sono film che divertono a far saltare dalla poltrona con mostri, sangue, fantasmi, altri che preferiscono annidarsi lentamente sotto pelle.
Quei film in cui basterebbe una musica o un atteggiamento diverso, e la paura non si sentirebbe.
Ma mentre la tensione cresce, mentre il protagonista si acciglia sempre di più e la colonna sonora si fa sinistra, allora anche solo rientrare in casa, aprire un armadio, diventa qualcosa di spaventoso.
Poco importa se non capisci perché hai paura. Poco importa se non capisci il film in sé.
È la sensazione che ti trasmette a fare la differenza.
Si parla di Wounds, ovviamente.
Arrivato in silenzio su Netflix, con un cast che comprende Armie Hammer, Dakota Johnson, Karl Glusman e l'ormai lanciatissima Zazie Beetz, e che ha lasciato i più pieni di domande.
Me compresa.



Parte tutto da un telefono lasciato in un bar, dalle foto che quel telefono contiene, dai messaggi che manda.
Li manda a quel barista, Will, un po' piacione un po' beone. Innamorato di una sua cliente fissa, incastrato in una relazione e in una vita che non sembra portare da nessuna parte, solo a lamentarsi.
In quel telefono, abbandonato da un gruppo di ragazzini, ci sono macabre foto di teste e di sangue.
Quei messaggi che riceve fatti di suoni e di voci mascherate, sembrano subliminali e minacciosi.
La tensione cresce, gli strani incidenti si moltiplicano coinvolgendo la sua ragazza, mettendo in mezzo conversazioni sulla traslazione delle ferite, su strani tunnel e strani scarafaggi.
Che sta succedendo?
In che razza di trip mentale sta finendo il bel Will?


La risposta è difficile da avere e da trovare.
Quelli che sembrano incubi e paranoie ad occhi aperti così non potrebbero essere, ci sono ombre che si vedono, ci sono sparizioni che fanno paura e ferite che non guariscono.
La confusione di quel finale altamente folle, assurdo, eccessivo, hanno fatto bocciare il film a molti.
Perché una risposta sensata sembra non esserci, una spiegazione degna di questo nome nemmeno.
Eppure, i segnali, l'insoddisfazione e il senso di vuoto sono stati lì, davanti ai nostri occhi come un tunnel in cui finire risucchiati.
Non so se è la cotta mai passata per Hammer che parla, non so se è il mistero a cui quel finale allude, ma l'atmosfera strana, sinistra, raccapricciante creata da Babak Anvari è riuscita ad annidarsi come il peggior scarafaggio.
E quindi, anche se non l'ho capito, Wounds si fa rispettare.

Voto: ☕☕½/5


6 commenti:

  1. Un film da vedere tenendo in mano una confezione di "Baygon scarafaggi e formiche spray" per comprendere il pensiero di Babak Anvari, l'uomo con lo sguardo allucinato.

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    1. Quegli scarafaggi avevo paura di ritrovarmeli per casa, come saper trasmettere sensazioni e paura.

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  2. L'ho capito poco anch'io, ma concordo: mi è piaciuto comunque.
    Penso che sia tutta una metafora delle dipendenze di lui, che lo rendono un uomo sporco indipendentemente dai messaggi in arrivo sul cellulare; di vuoti da riempire, se uomini vuoti come questo barista, non si sa se di presenze benigne o maligne. Non penso, però, che ci sarà nessuna redenzione. Nel dubbi, complimenti al regista per l'audacia.

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    1. Complimenti al regista e a te: sono andata a leggermi un po' di interviste dopo la visione e il significato è proprio quello. L'uomo vuoto, animalesco, che cerca altrove (in un tunnel, in un essere altro) la sua completezza.
      Diciamo che il mistero che crea fa parte del suo fascino.

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  3. Il fatto che sia un film incomprensibile da una parte è bello, e affascinante, dall'altro è un po' preoccupante... Una visione comunque sembra meritarla, mi pare di capire.

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    1. Se riesci a capirlo senza leggere le interviste al regista, bravo! Ma anche così resta molto affascinante, molto straniante.

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