Scoppia una bomba, e devi stare attento.
Non ad esserci vicino, ad essere travolto dalla sua onda distruttrice.
Devi stare stare attento se sei un islamico, se hai la pelle scura e pure se sei bianco.
Sì, bianco.
No, non è uno di quegli strani comizi degli uomini bianchi che in epoca #metoo si sentono vittime di razzismo (pensa te in che mondo viviamo!).
È un comizio contro quei pregiudizi che non vanno a scavare nella verità, si fermano in superficie.
Quindi, se sei un uomo bianco, se hai da parecchio superato la maggiore età ma vivi ancora con tua madre, se hai un passato nelle forze militari, aspiri ancora a tornarci, se sei in qualche modo "strano", (quello "strano" difficile da spiegare ma avete capito cosa intendo), bé, l'FBI potrebbe decidere che siete voi il colpevole: voi avete piazzato quella bomba, voi volevate essere un eroe a tutti i costi.
Ora non è più un comizio.
È un film.
Ed è anche la verità.
È quello che è successo a Richard Jewell (bianco, 32 anni, domiciliato con la madre, ex vice sceriffo, poi guardia giurata, che crede fermamente nella giustizia e nelle forze dell'ordine) durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996.
Richard è membro della security, trova uno zaino sospetto, allarma i malfidenti colleghi che confermano i suoi sospetti: è una bomba.
Una bomba che esplode, che senza il suo intervento poteva fare più danni delle 2 vittime che miete e delle centinaia di feriti.
E lui, fa parte di queste.
Non perché un chiodo vagante l'ha colpito, ma perché l'FBI senza alcun altro indiziato e la stampa che sente il gusto del sangue, decidono che lui è il colpevole perfetto.
L'eroe mancato che decide di diventarlo.
Partono lunghe indagini, partono lunghi servizi al telegiornale e nei quotidiani che lo mettono in croce, parte un nuovo capitolo nella vita di Richard e di sua madre, e pure per lo scapestrato avvocato Watson che si ritrova a difenderlo.
Il materiale è quello in cui sguazza naturalmente Clint Eastwood, impegnato negli ultimi anni ad accendere le luci della ribalta verso l'uomo comune, l'uomo comune che diventa eroe, che sia un discutibile cecchino (American Sniper), un pilota d'aerei (Sully) o dei militari in riposo (Ore 15:17 -Attacco al Treno).
Richard Jewell è quindi quello che ti aspetti da ogni film di Clint Eastwood: una ricostruzione perfetta, di luoghi e di tempo, una determinazione precisa di buoni e cattivi, una gestione perfetta di attori calati perfettamente nei loro panni: quanta alchimia tra due belli e impossibili come Jon Hamm e Olivia Wilde!, quanta bravura da quel fuoriclasse di Sam Rockwell a cui si poteva concedere una doppia nomination oltre a Jojo Rabbit (qui è ancora più bravo), quanta intensità da Kathy Bates e quelle lacrime che non trattiene, quanta naturalezza dal ritratto dell'uomo comune di Paul Walter Hauser.
Ma un film di Clint Eastwood prevede anche la sua dose di inevitabile retorica, e te la ritrovi fra le parole che fanno malissimo -per quanto sono giuste- dichiarate da Jewell stesso, te le ritrovi in un certo patriottismo che fa il giro e diventa anti-patriottico, te lo ritrovi qua e là in dialoghi tirati, in cattivi fin troppo cattivi e in redenzioni anche troppo facili.
Come per Sully allora, conta il fattore umano.
Un fattore che è quanto mai soggettivo.
In questo rigore, allora, devo ammettere che purtroppo questa retorica è fin troppo visibile, troppo poco nascosta nella sceneggiatura che si fa di sfuriate e comizi, per riuscire a farsi raggiungere dalla rabbia e dalla meraviglia verso questo film e questa storia.
Non basta, non per me.
Ma una storia simile andava raccontata, e la giusta distanza mi fa dire che andava raccontata così: da un regista di quasi 90 anni che ha ancora qualcosa da dire, e che lo dice un gran bene.
Voto: ☕☕☕/5
A me Eastwood ultimamente non piace, ma questa volta l'ho ritrovato molto in forma. Un trio di attori splendidi, avrebbero meritato tutti una nomination, e una storia sì retorica al solito, ma che riesce a essere anche dolcissima e toccante, al contrario dei soliti film di inchiesta.
RispondiEliminaLe uniche pecche le ho trovate nella scrittura. Mai stata amante di una sceneggiatura che punta sui pipponi/comizi ad effetto, preferisco quando ti porta lentamente ad avere quel pensiero. Ma la storia meritava di essere raccontata, e sì, anche così, con questa retorica.
EliminaLa scena della macarena regge solo perché ci sono quei due tipi di un bello assurdo di Jon e Olivia. Che coppia!
RispondiEliminaQuesta seconda fase di Clint mi piace, ma ho sempre delle riserve con lui, o meglio, per la scrittura e le storie che sceglie. L'interesse lo mantiene comunque alto.
Solito film di Clint Eastwood anche per me, con i suoi pro e i suoi contro (sì, la retorica non manca).
RispondiEliminaGuardabile, però niente di esplosivo. :)
La retorica di Clint è quella che mi frega. Buon film, meritava magari un riconoscimento al protagonista e a Rockwell, ma è capitato nell'annata sbagliata per inserirsi tra titoli più importanti.
EliminaI dubbi che esprimi sono gli stessi che ho io nei confronti di questo film, ma in generale nei confronti di tutte le uscite degli ultimi anni di Eastwood. Molti altri cineblogger avevano fugato questo dubbi, tu invece me li confermi. Una cosa è certa: a differenza di come succedeva qualche anno fa, non ho più la forte urgenza di vedere immediatamente un nuovo film di Eastwood, ma sicuramente lo vedrò perché è sempre e comunque Eastwood.
RispondiEliminaUna certa esaltazione l'ho letta anch'io, ma purtroppo da chi i difetti che ci trovo io non li vede, perché Clint lo apprezza anche per quelli. Se insomma sei un po' insofferente alla sua retorica, qui la troverai, anche se la storia e come la racconta merita attenzione.
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