Boy

È già Ieri -2010-

Boy non ha una madre, ma ha una nonna.
Boy non ha un padre, ma questo ritorna nella sua vita all'improvviso.
Boy ha degli amici, ma è pronto a tradirli per entrare nelle grazie di quel padre che cerca un tesoro nascosto, fonda il suo club.
Boy ha la fissa per Michael Jackson, adora la sua capra, e sta vivendo la migliore estate della sua vita.
Forse.
Perché quel padre tanto atteso, tanto ammirato, è scostante e fragile. È un beone che anche se ha i suoi momenti, non è affidabile, come i ricordi.

Il secondo film di Taika Waititi -che in realtà sarebbe il primo da lui scritto- ha quella dolcezza che si ritroverà poi in Jojo Rabbit.
La macchina da presa a misura di bambino.
Un protagonista fresco, giovane.
Una fattura chiaramente indie, con la voce fuori campo che presenta e narra le situazioni, con la geometria precisa delle inquadrature, il montaggio puntuale a mostrare l'incontaminata, stupefacente e isolata Nuova Zelanda.
E una colonna sonora -ancora dei fidi The Phoenix Foundation- a farsi ricordare.

Qui, però, Waititi affonda le radici nella sua terra.
Ci sono le emarginazioni, le tradizioni, le diversità dei maori, assieme ai piccoli e grandi traumi dell'infanzia. Che sia un genitore che non c'è più, uno inaffidabile, un'amicizia che si spezza o un amore che non nasce.
A reggere perfettamente sulle sue spalle il ruolo del protagonista, è il giovane James Rolleston, anche se la scena gliela ruba il baffuto Waititi ma soprattutto Rocky, quel fratellino minore che sembra vedere oltre gli occhialini rosa dell'amore, del bisogno, non fidandosi di quel padre sbucato dal nulla.
Spezzando il cuore per il suo cuore spezzato, per i disegni, le domande, i regali a una madre che non c'è più.
Come tutte le fiabe, ci sono i colori, ci sono i sentimenti, c'è il lieto fine.
Non così lieto, ma onesto.
Ricorda qualcosa?

Voto: ☕☕☕½/5