Hey, Johnny, crea un po' di atmosfera.
Dammi un po' di jazz, di sassofono che si lamenta, una luce soffusa, blu possibilmente.
E sì, un po' di fumo.
Ecco, così.
Devo raccontarti una storia, Johnny.
Immaginami con la voce bassa, suadente.
Una storia in quella New York fumosa, stilosa, alla deriva, com'era negli anni '50.
Quella della mafia che imperava, della polizia che provava a starci dietro intascando mazzette, e dei detective privati con i loro impermeabili, con il loro cappello sulle 24, l'aria stropicciata.
Siamo in quella New York, siamo tra quei detective privati, tirati fuori dal niente da Frank, raccattati tra orfanotrofi.
E che succede quando l'ultimo degli ultimi, Lionel, il senza madre, resta pure senza Frank?
Freddato da un colpo di pistola, impossibile fermarlo nonostante un inseguimento al cardiopalma?
Succede che inizia ad indagare lui, testa calda e testa matta, come si direbbe in un periodo politicamente scorretto.
Affetto da sindrome di Tourette, si dice oggi.
Sulla morte di Frank indaga, Lionel, trova piste, trova una pupa che può avere le risposte.
Che può essere la risposta.
Si muove fra jazz club, fra quei ghetti poco frequentati dalla politica ma in cui la politica entra eccome.
Presente i piani di riqualificazione urbana?
E la gentrificazione?
No?
Beh, di mezzo ci sono pure quelli, e ci sono segreti, e ci sono intrighi e imbrogli.
E c'è il fumo, il fumo che rende confuso tutto quello che Edward Norton butta dentro al suo film, il fumo che un po' assopisce nelle lunghe indagini di un Lionel ficcanaso, il fumo che un po' confonde, un po' annoia, pure.
E c'è la musica jazz.
Ovunque, sempre.
Un sassofono, del languore, del ritmo incalzante.
E io la musica jazz fatico a sopportarla.
Da sempre.
Non c'è riuscito nemmeno La La Land a convincermi del contrario.
Non la sopporta nemmeno il mio cane che all'ennesimo assolo ha guaito disperato davanti alla TV implorando pietà.
Anche quando a cantarla è la voce da brivido di Thom Yorke, in una Daily Battles migliore nella sua versione tiepidamente jazz che in quella più pura entrata nelle scene del film.
Con questa colonna sonora ingombrante si avanza, lo si fa lentamente in indagini che durano 144 minuti, di Lionel che viene pestato, inseguito, che insegue e pesta, in un'amicizia, forse qualcosa di più, che nasce fra Lionel e la pupa che ha il bel volto di Gugu Mbatha-Raw, e quasi ti dimentichi su cosa si sta indagando, cosa centri Willem Dafoe, che fine ha fatto Bobby Cannavale.
Poi, d'un tratto tutto finisce, il fumo negli occhi si dirada, la nebbia si alza, e poco -a conti fatti- resta.
Voto: ☕☕/5
Tra la durata esagerata e le tue parole tiepide, lascio volentieri perdere, nonostante il bel cast.
RispondiEliminaLa durata è davvero esagerata, e il jazz la rende ancora più difficile da sostenere. C'è di meglio, nonostante il cast, bisogna ammetterlo.
EliminaPure io, nonostante l'amore per La La Land, alla fine non sono diventato un fan del jazz. Questo film troppo jazzato quindi mi sa che me lo risparmio, anche se Edward Norton mi incuriosisce (quasi) sempre.
RispondiEliminaTanto la canzone di Thom Yorke posso ascoltarmela anche indipendentemente dal film. :)
Se non c'è riuscito Ryan Gosling a farmelo apprezzare, come può sperarci Edward Norton?
EliminaQui l'antivirus esagera anche troppo, però. Tra durata insostenibile e seriosità che abbonda. Niente, non è decisamente pane per i miei denti.
RispondiEliminaInsomma di Bogart ce n'è uno...
RispondiEliminaDecisamente, anche se per chi si sente più fumoso e jazz di me, qui trova il suo ambiente ideale.
EliminaPotrei cascarci insomma...
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