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18 giugno 2020

The Gentlemen

Se Spike Lee è sempre il solito regista militante e impegnato, pure Guy Ritchie è sempre lui.
Impegnato e militante?
Ma va!
Cazzaro e manieristico.
A modo suo, ovviamente.
In quel modo che aveva conquistato fin dai tempi di Lock & Stock e Snatch, cult mai superato e che il signor Guy continua a ripetere appena possibile.
Ovvero, quando non impegnato a portare a casa qualche soldo in più al soldo della Disney, scusate il gioco di parole.
Ma si è ben felici di ritrovarlo in sé, ad omaggiarsi senza problemi, piuttosto di vederlo alle prese con tappeti volanti e un green screen eccessivo.
E allora, rieccoci a Londra.
Rieccoci in quella Londra di gangster dove la nuova moneta si chiama Marijuana.
Un impero da vendere, doppi giochi da svelare.



Chi abbiamo?
C'è il boss.
Che dopo una scalata da capogiro vuole godersi la vita e vendere tutto.
Ma al giusto prezzo.
Ci sono i compratori.
Più di uno, tra mafia cinese, magnati americani, pesci piccoli che vogliono diventare grandi e giovani scapestrati
C'è la mina vagante più sveglia di quel che sembra.
E che salva le uova nel paniere.
C'è ovviamente il viscido di turno.
Che contratta al miglior offerente i segreti scoperti. Pure al mondo del cinema, volendo.
C'è la bella.
La moglie del boss, in affari come lui, che sa difendersi bene.
E infine c'è la costante, la mente calcolatrice, la guardia del corpo e l'anello di congiunzione fra tutti questi mondi.
Cos'altro?


Ci sono sparatorie e scene d'azione dove Guy si diverte a giocare con punti di vista impossibili, movimenti di macchina esagerati.
C'è una narrazione a ritroso, su diversi tempi, che avanza e torna indietro, nasconde e svela.
E ci sono i doppi giochi a rivelarsi man mano che la trama si infittisce, che i protagonisti aumentano, che le carte in tavola abbondano.
Quei doppi giochi sono i colpi di scena che lo sai che andranno a cambiare tutto quello che pensavi sulla trama, sei lì che lo aspetti, sei lì che già strizzi l'occhio da lontano a Guy per chiedergli quando calerà questo suo solito asso!
Il bello, però, è che pur sapendolo, non stanca.
Anzi, lo pretendi che Guy faccia il Guy.
Anche se c'è un calo di ritmo nel mezzo di questa storia corale e complessa (proprio perché si aspetta troppo per mostrarle tutte queste carte) The Gentlemen è quel film cazzaro e leggero da godersi senza pensieri.
Cosa che, nel buio di una sala, avevo fatto pure con quel flop tamarro di King Arthur, franchise bloccato sul nascere.


Così qui ritrovo volentieri il bel Charlie Hunnam dall'accento affascinante, ritrovo un Matthew McConaughey abbonato al solito ruolo pure lui, ma che ormai gli riesce così bene... perché fermarlo? e ritrovo soprattutto uno Hugh Grant smanioso e viscido, idolesco quanto basta.
Completano il quadro gli affascinanti Henry Golding e Michelle Dockery, i complementari Jeremy Strong e Eddie Marsan, mentre a Colin Farrell resta il ruolo creato per essere idolatrato, dal look impeccabile più del resto dei gentiluomini presentati, a prendere le eredità di Brad Pitt, per intenderci.
Questi gentlemen creati da Guy Ritchie non riservano grosse sorprese.
Sono quello che sono: una confezione impeccabile, di gusto, creata su misura, con un interno fatto per essere goduto in una sera e una soltanto.
Certi registi, certi uomini, non si smentiscono mai.

Voto: ☕☕/5


5 commenti:

  1. Partire col piede giusto è quando un film del genere da te guadagna tre caffè, quindi mi piacerà ;)

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    1. Se li merita tutti, visione leggera, scanzonata, ben fatta. Quel che ci vuole per questa estate.

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  2. Bella recensione, grazie! Anche per me un buon Ritchie, niente da far gridare al miracolo, ma film divertente e finalmente un ritorno alle sue corde!

    Ho aggiunto il link alla tua recensione sotto quella che ho scritto del film sul mio blog! :--)

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  3. Meglio continuare a ripetersi ma a questi livelli piacevoli, che non cercare di reinventarsi con la Disney ;)
    A parte un cambio di ritmo nel mezzo, visione spassosissima!

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