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14 aprile 2021

The Father

Come la affronti una malattia al cinema?
Di petto, con il rischio altissimo di retorica e buonismo.
Prendendola laterale, lasciando spazio non al malato, ma a chi resta, a chi se ne prende cura.
In modo leggero, con dramedy romantici che hanno creato ormai il loro filone fra gli adolescenti.
O, infine, nella malattia immergi.
Fai entrare lo spettatore in quello stato di paura ed entusiasmo, di sofferenza e improvvisa vitalità, di dubbi e di certezze.
Lo fa, in modo impeccabile, The Father.


Florian Zeller adatta la sua stessa opera teatrale per il grande schermo, e si sente, mettendo in scena la storia di un padre malato e di una figlia che se ne prende cura.
Anne che resta, che se ne va, che non è la figlia preferita, che sta con un marito non comprensivo, che ha conosciuto un altro.
Siamo in un appartamento, che è quello di lui, o quello di lei, o altro ancora.
Per anni, per attimi, per sempre.
Stiamo per conoscere quella giovane badante che aiuterà Anne con Anthony, o forse l'abbiamo già conosciuta, o forse lei non c'è già più.
Siamo in tutte queste realtà perché siamo dentro il tempo di un malato di Alzheimer come Anthony, per cui il tempo si fa relativo, si sovrappone, si confonde, fra certezze e dubbi, fra cambi d'umore e paure improvvise.


Anthony è Anthony Hopkins, in un ruolo scritto solo ed esclusivamente per lui, che dimostra come se fosse ancora necessario, quanto è bravo.
Mette i brividi, quelli più veri, di qualcuno che c'è e poi non c'è, che finge per tenere a bada le ansie proprie ed altrui. 
Gigioneggia, balla, ascolta.
È vero.
Anche fra le lacrime.
Anne è Olivia Colman, che dimostra a sua volta quanto è brava, con gli occhi che le si spezzano, con il cuore che fatica a stare dietro a giudizi, dimenticanze, decisioni difficili da prendere.


Se gli attori sono strepitosi, a renderli tali, a superarli, è una sceneggiatura che non sbava. 
Mai.
Che in soli 97 minuti condensa una malattia e cosa significa, per chi ne è affetto, per chi deve starci accanto.
Un dramma da camera, o da appartamento londinese, di quelli che sembrano superati ma che sono invece senza tempo, proprio come il racconto che va in scena.

Voto: ☕☕☕☕/5

8 commenti:

  1. Un film angosciante, molto triste. Non solo per il dramma di chi perde "le foglie", come un albero scosso dal vento della malattia, ma anche per chi, impotente, è costretto a testimoniare quest'albero che si spoglia, tra sensi di colpa, rabbia e dolore profondo.
    Hopkins e la Colman sono perfetti, lei in particolare mi ha magonata più volte.

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    1. Temo sempre i film sulle malattie, ma qui l'hanno trattata in modo splendido e decisamente poetico, con tocchi da thriller all'inizio.
      Lo sguardo rotto e perso di lei mi ha riempito di lacrime, anche se poi è stato il finale a sciogliermi definitivamente.

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  2. Bello, ma per me non bellissimo. L'ho trovato troppo ragionato, troppo scritto, troppo cervellotico, troppo teatrale e non adatto, quindi, a rendere il caos sconclusionato della malattia: per me il reale obiettivo dello sceneggiatore. Lui grandioso, meriterebbe di vincere. Lei meno.

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    1. Che ci succede a questi Oscar che ci vedono fuori sincrono (Promising Young Woman a parte)?
      Sono riuscita a sfuggire a tutte le informazioni su questo film, tanto da iniziarlo senza sapere trattasse della malattia del padre. Shock e straniamento iniziale quindi, e poi una lenta angoscia resa benissimo. Cosa era vero? Cosa no?
      La scrittura circolare e piena di inganni la vorrei premiata tanto quanto Hopkins, ma gli sfidanti d'alta classe non mancano.

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  3. Concordo col tuo giudizio, gran film, grandi attori. Il tema mi ha emozionato fin troppo, non ho trattenuto le lacrime dall'inizio alla fine. Non credo che lo riguarderò mai,troppi ricordi dolorosi, ma è sicuramente un gran film.

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    1. Film difficile da rivedere e da consigliare, doloroso e angosciante com'è.
      Hopkins si meriterebbe la statuetta.

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  4. A parte il fatto che è un po' troppo teatrale e "da camera" per i miei gusti, per il resto davvero una gran bella sorpresa.
    Anthony Hopkins finalmente è tornato in forma da Cannibal. :D

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    1. Io che sguazzo in questi film teatrali sono rimasta doppiamente sorpresa. Sarà anche perché è l'unico film di questi Oscar di cui non avevo letto troppo, anzi.

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