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7 settembre 2021

Venezia 78 - Giorno 6

Venezia, si sa, è anche l'occasione per scoprire titoli che mai si andrebbero a cercare in sala e che probabilmente mai ci arriveranno qui in Italia. 
Spazio allora a quattro piccoli film, di cui uno davvero grande che qualche premio potrebbe portarselo a casa... 

L'événement 

La prima reazione è: ancora? 
Ancora un film su una ragazza che deve abortire, trovare un modo nell'illegalità e nel tabù della Francia degli anni '60 per poter continuare la sua vita, i suoi studi? 
Poi ci pensi, leggi le notizie, le statistiche di medici obiettori, di Stati che rendono nuovamente illegale l'aborto e ti dici che un film così è ancora necessario. 
Serve a chi legifera, a chi fa il medico, vedere in tormenti, la paura, la risoluzione di Anne, che le prova tutte pur di abortire, rischiando la prigione, la vita. 


Audrey Dean non ci risparmia niente, e non è violenza pornografica quella che ci mostra ma la dura realtà, la difficoltà dell'essere donne, che assume una forza in più essendo questa una storia vera. e di certo non unica. 
La protagonista, la luminosa Anamaria Vartolomei è una giovane Cotillard piena di fascino.
E quindi quell'"ancora?" può tacere con un film che acquista forza più passa il tempo. 


Miracol

Come ogni anno, mammà viene alla Mostra. 
E come ogni anno le scelte sono rosicate e il rischio di ripetere quell'indimenticabile film tibetano alto. 
A questo giro, in un'edizione in overbooking, un film rumeno in sezione orizzonti risultava stranamente libero da prenotazioni. Che la gente ne stesse giustamente a distanza? 


In realtà, quello che veniva presentato come un film in due parti, la prima con protagonista una suora in fuga dal suo monastero e la seconda con le indagini di un poliziotto tormentato, è stato un film coinvolgente, ben strutturato che solo in quella seconda parte troppo urlata ed eccessiva, stona. 

Prima, tra discorsi su come va il mondo, sulla musica e la situazione romena, sulla fede e io credere in Dio, tutto funziona. 
Anche la scena più difficile, fa vedere e sentire, viene girata con estremo tatto, non risparmiando ci dolore. 
Una piccola sorpresa, che è anche la prima parte di una trilogia in divenire, che ha soddisfatto entrambe. 
Non era così scontato. 


La Caja

La Caja è una cassa, quella che contiene i resti del padre di un ragazzo disperato che non accetta la sua morte e si convince che quell'uomo che per strada distribuisce giacche e lavoro, è proprio lui, un padre che mente e ha ricominciato una nuova vita. 
Lo tormenta, si fa assumere, diventa il suo secondino nel trovare nuovi lavoratori da mandare in una fabbrica dai turni massacranti che deve vincere la guerra contro i cinesi. 


Siamo nel Messico dei disperati, siamo in un mondo che gli occhi dell'innocente Hatzin scopre poco a poco, capendo come gira quel mondo, la violenza che richiama e richiede. 
Siamo in un Messico dove le fosse comuni sono la norma, dove i desaparecido non fanno rumore. 
Ma film così, ricordano il dramma, la realtà, che non vuole smettere di esistere. 

Piccolo e decisamente d'essai, La Caja sa più da sezione orizzonti tra il riempitivo e la denuncia, che da concorso principale, ma queste sono solo questioni tecniche.
Anche perché il regista, Lorenzo Vegas, un Leone d'oro l'ha già vinto (Desde Allà, 2015) 


Reflection

Ci sono guerre moderne che andrebbero raccontate. 
Ma non così. 
Si punta lo sguardo sugli scontri in Ucraina di pochi anni fa, se ne mostrano le torture, i morti, i feriti, le conseguenze in una famiglia e in un paese intero. 
Con i confini presidiati, con gli scambi di prigionieri e con i cani che liberi diventano selvaggi. 


Ma ce lo si mostra in quadri statici, gelidi, senza farci capire di più, senza volerci far entrare nella storia o nella vita del protagonista. 
La macchina da presa, quando vuole, si stacca, lo segue con carrelli dinamici per poi rifermarsi. 
E noi stiamo a lì, a chiederci come un film così da Festival, così di nicchia, possa entrare nella mente, se non nel cuore. 
La verità è che la tortura si fa eccessiva, i silenzi pure, molto resta sottotesto e a perderci siamo tutti. 

2 commenti:

  1. Mi sa che del primo sentiremo parlare. Nel frattempo, ho puntato il romanzo della Ernaux.

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    1. Un premio se lo merita tutto, l'attrice in particolare ma chissà non punti più in alto... Il romanzo deve essere bello tosto, certe scene qui non le dimenticherò facilmente.

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