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8 dicembre 2021

Cry Macho

Andiamo al Cinema

Hai 33 anni e pensi alla pensione, ne hai 91 e fai ancora film.
Nel senso che li dirigi, li interpreti, li scrivi e curi pure la colonna sonora.
Al grido di: "Chi te lo fa fare", Clint Eastwood immagino risponda con un: "Perché mi piace". 
Non credo siano le motivazioni economiche, debiti o noia a smuoverlo, semplicemente, è uno che con il cinema è cresciuto, che il cinema ce l'ha nel sangue.
E finché trova le storie giuste da raccontare, lo fa.
In Cry Macho, poi, ritrova una storia che gli era stata offerta nel lontano 1988.
Una storia che sembra maledetta in quel di Hollywood, con il suo autore N. Richard Nash a bussare per anni le porte delle case di produzione senza trovare risposta, finendo per farne un romanzo, di successo, cercando ancora e ancora di farne un film.
Qualche progetto era pure partito, vedi quello con Schwarzenegger smessi i panni del politico, ma poi niente se n'è fatto.
Questione di scandali, questioni di tempi e stelle sbagliate.



Ora, la storia di un ex stella del rodeo che parte per il Messico in cerca del figlio maltrattato di un imprenditore per portarlo a casa, trova le mani giuste in cui prendere forma: quelle sicure, per quanto di un 91enne, di Clint Eastwood che dopo The Mule torna anche davanti alla macchina da presa.
E spiace dire che è proprio la storia quella che non ha il giusto equilibrio, che si perde nella retorica, che spinge per avere conflitti, colpi di scena, momenti di azione e pure una storia d'amore che stride, quando non ce ne sarebbe bisogno.
Perché è nei momenti più intimi, quelli di crescita a due, di confronto fra generazioni e cultura, che dà il meglio di sé.


Per fortuna, se Nick Schenk non trova il tono esatto, Clint riesce a controbilanciare con la sua regia, dando genuinità e solidità a questo western atipico, a questo road trip in cui si sta molto fermi.
Il giovane Eduardo Minett prende presto confidenza, e il tono si assesta in un classico buddy movie tra chi fa il recalcitrante e chi tiene le redini della situazione.
Il resto, lo fa la polvere del vecchio Messico, tra donne dal cuore grande, una corruzione che solo un bianco come Clint può maledire sottovoce impunito in un viaggio che come sempre è un viaggio che si fa educazione e crescita, fa scoprire il proprio posto oltre confini noti.


Certo, i cattivi della situazione appaiono piuttosto ridicoli (Dwight Yoakam, i particolare), e gli scontri non sono quelli al fulmicotone a cui si è abitati, ma la regia e l'interpretazione onesta di un 91enne che ha ancora qualcosa da dire e lo sa dire bene, la commozione e l'orgoglio che riesce a dare pure un gallo di nome Macho, sono una giusta ricompensa.

Voto: ☕☕½/5

7 commenti:

  1. Che non sia il miglior Eastwood è palese, però non sono d'accordo quando parli di retorica: il film ha evidenti difetti, ma non è retorico. Eastwood non lo è mai stato in tutta la sua carriera: anche in una pellicola piuttosto "easy" come questa si toccano temi importanti (il razzismo, i muri di Trump, la genitorialità...) che non passano mai di moda. Un'opera senile, ma rigorosa. Come sempre, con Clint.

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    1. Con ogni film di Clint disputiamo di questa parola :)
      Io ormai lo associo a una certa retorica americana vecchio stampo, tu lo definisci rigoroso.
      Almeno concordiamo che nonostante la sua semplicità e qualche scivolone di sceneggiatura non necessario (approcci amorosi su tutto), anche qui si fa ben volere.

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  2. Non si arrenderà mai, farà film anche dalla tomba scommetto ;)

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    1. Finché gli riescono così anche quelli meno buoni, può continuare :)

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  3. Un Clint Eastwood in versione molto commerciale e, ammettiamolo, a tratti decisamente trash. Nonostante questo, o probabilmente proprio per questo, tutto sommato non mi è dispiaciuto. :)

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    1. So già che la parte trash sta tutta in camera da letto, vero?
      Nonostante questo, sì, si fa ben volere.

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  4. Anche se pure lui non disdegna di conquistare e affascinare due donzelle, qui.
    E come dargli torto, 91 anni e ancora portatore sano di fascino!

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