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6 gennaio 2022

Don't Look Up

Andiamo al Cinema su Netflix

Il fenomeno Don't Look Up è di quelli che andrebbero studiati.
Uscito al cinema per un paio di settimane, nonostante il gran cast, nonostante le nomination ai Golden Globe, non ha attirato granché attenzione.
Ma reso disponibile su Netflix alla vigilia di Natale, in quei giorni da riempire mentre il mondo ci invitava a non uscire, tutti hanno iniziato a parlarne.
E tutti hanno iniziato a schierarsi.
Capolavoro, da una parte.
Una merda, dall'altra.
Nessuna via di mezzo, nessun analisi più approfondita.
Non ti è piaciuto?
Non capisci la metafora dei giorni nostri, non capisci l'umorismo e la satira (oh, satira, è la parola chiave) del racconto.
Ti è piaciuto?
Non hai visto gli ultimi film di McKay, che sono ben altra cosa, non hai visto gli speciali comici degli ultimi anni che ironizzano in modo più intelligente sulla società di oggi.
E io?


Io sto fra i delusi.
Categoria a parte, categoria che cerca di capire com'è che con un film che tanto fa clamore, che tanto doveva piacermi per i nomi coinvolti, per la storia che racconta e per come la racconta, mi sono ritrovata spossata, sfiancata, e infine pure infastidita.
Tanto da farmelo piazzare senza troppa fatica come la migliore delle delusioni dell'anno appena passato.
Ammetto che abbraccio alcune delle motivazioni di chi senza troppo pensarci lo ritiene una merda.
Ma solo per una questione di aspettative.
Da un McKay che aveva abbandonato il demenziale più demenziale, quello che non mi fa sorridere mai, per spiegarmi la bolla immobiliare americana (La Grande Scommessa) e la presidenza Bush (Vice) in modo spettacolare, da quel McKay che è fra i produttori della miglior serie TV in circolazione (Succession) ovvio che mi aspettavo altro.
Non questo passo indietro, che lo riporta su altri toni, su un taglio che non mi appassiona.


Si esagera, spesso e troppo, tra un'Ariana Grande che gorgheggia, giornalisti fastidiosi e una Presidente trumpiana che irrita.
Ma irrita pure il lato tecnico, con quel montaggio frettoloso, con quelle inquadrature da finto documentario che a più riprese mi hanno fatto saltare i nervi.
Scelta di stile, ma che cerca di mantenere alta un'attenzione che in 138 minuti inevitabilmente cala, facendo ripartire da zero i protagonisti e pure il pubblico.
Per non parlare degli effettacci speciali, soprattutto nella coda finale, su cui è meglio stendere un velo pietoso.


Certo, ci sono gli attori.
A cui, cosa vuoi dire?
A un DiCaprio più vero e più umano, a una Jennifer Lawrence depressa e finalmente nel film giusto, a un Mark Rylance irriconoscibile… Poi ci sono i riempitivi, tra Cate Blanchett e Meryl Streep a fare a gara di metodo, e il prezzemolino Timothée Chalamet quasi superfluo.
Ma non basta, almeno non per me.
Perché la metafora chiara ed evidente, la critica verso la società che siamo diventati che non impara e anzi, si divide proprio su un film che mette in evidenza queste divisioni (al tuo critico non è piaciuto? Cambia critico, dice un giornalista d'alto rango -per dire).
Che invita ad unirsi, in un finale che non ti aspetti, che l'ansia te la fa venire.


Che si parli di cambiamento climatico, di sistema economico o di pandemia, se si zittisce il pensiero critico abbiamo già perso.
Sì, Don't look up mi ha deluso.
Non è un capolavoro, non è una merda.
È un film su cui è bene riflettere.
Sulle divisioni che ha portato, beh, ancor di più.

Voto: ☕½/5

14 commenti:

  1. Ogni film reca divisioni, questo fa pensare in più, e già basta per promuoverlo, poi ovvio è pieno di cose negative o raffazzonate.. ma ci sono genialate sfuggite a molti, come la risata quasi isterica, in un momento di grosso dramma, strappata dalla Bibbia persa di Gutenberg.. ;)

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    1. Eh, genialate in parte, è che nel ritmo generale, nei toni generali, anche quello si perdono o non hanno peso.
      Ci sono comedy, speciali o stand-up, che sono riusciti a colpirmi di più, sul tema, sui temi.

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  2. Questo tuo post conferma quanto sia un gran film. ;)
    Un film vivo, che fa discutere, interrogare, irritare. Non un filmetto che fa gridare al miracolo tutti e che poi poco tempo dopo non si ricorda più nessuno. Penso ad esempio a Roma, e pure Nomadland mi sembra destinato a fare la stessa fine.

    Certo, è anche un lavoro esagerato e con i suoi difetti, ma il suo bello è pure questo. Come Leonardo DiCaprio all'interno del film, il film stesso commette degli errori, ma almeno ci prova a fare la cosa giusta. E pazienza se spesso la cosa giusta non è la cosa che la gente vuole.

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    1. Peccato che a due settimane dalla visione, confermo che mi ha lasciato gran poco.
      Sia a livello di arrabbiatura, sia di risate o riflessioni.
      Del buono c'è, ma tra gli speciali Netflix e le altre creazioni in-covid, ho visto di meglio.

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  3. Leggendoti stavo pensando che non posso dire nemmeno mi abbia deluso, ma che letteralmente non mi ha fatto né caldo né freddo. Delusione per le aspettative per un cast così ampio e variegato? Forse, ma alla fine non è il cast che fa la storia e quindi il film. Ho però letto più pareri vicino al nostro, che, seppur magari non sono la maggioranza, mi rincuorano.

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    1. Hai ragione, infatti la delusione finita in classifica si è dimostrata una reazione a caldo, visto anche il clamore in rete. Passate un paio di settimane mi è rimasto pochissimo del film, delle sue trovate. Almeno, non sono sola.

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  4. Non dico che mi ha deluso ma mi aspettavo qualcosa di meglio. C'è troppa carne al fuoco e mi è venuto il sospetto che in origine fosse più lungo (Michael Chiklis non si vede quasi, eppure ha un ruolo abbastanza ben evidenziato nei titoli di testa e di coda). Non sono piaciuti nemmeno a me gli stacchi repentini appena qualcuno ha finito di dire una battuta, presenti soprattutto nella prima parte. E tante cose succedono di colpo e/o troppo in fretta, senza alcun approfondimento.
    Una grandissima Meryl Streep, comunque.

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    1. Meryl Streep deve sempre subire un'analisi più attenta visto che la mal sopporto, qui sopra le righe si fa odiare più per il personaggio che per i suoi manierismi.
      Concordo, ovviamente, sulla questione montaggio e su una storia che pur con così tanto minutaggio, resta spesso fuori fuoco.

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  5. Il fatto è che non è satira, ma è realtà e da me l'ho già spiegato che è molto più realistico questo per come si comportano tutti, piuttosto che quell Armageddon a cui chiaramente si ispira Dove l'america salvava il mondo

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    1. Non so se è perché rispecchia un mondo più reale anche se esagerato nei toni che mi ha infastidito, semplicemente non ha dato niente di nuovo su cui riflettere che non avessero già fatto altri comici o altri film in modo migliore. Anche se giocando con la realtà.

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  6. Una satira un po' banalotta, ma mi ha divertito.
    E' il primo film del regista, per altro, che riesco a vedere per intero: mai retto!

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    1. Avrei tanto voluto divertirmi anch'io, davvero.
      Ma nemmeno un sorriso, una risata.
      Solo tanta irritazione durante la visione.
      Davvero La Grande Scommessa e Vice non ti sono piaciuti? Proprio per la sterzata alla carriera mi aspettavo qualcosa di più da McKay.

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  7. Mi accodo a Mr Ink, l'ho trovato un po' banale e didascalico nella sua satira, ma forse perché stiamo vivendo paro paro molte delle cose mostrate nel film nella vita vera :) Il cast spacca con un Leonardo Di Caprio che ormai si può tranquillamente definire il miglior attore vivente.

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    1. DiCaprio qui funziona bene, anche fuori dai soliti ruoli in cui lo si vede. Si sceglierà anche solo un progetto all''anno, ma se lo sceglie bene.
      Nonostante tutto.

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