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1 agosto 2022

Il Lunedì Leggo - Tutto, e di più. Storia compatta dell'infinito di D.F. Wallace

Chissà perché, come dico ad ogni post a lui dedicato, ho scelto luglio per leggere il libro di David Foster Wallace annuale.
Non certo una lettura da spiaggia, non certo racconti o saggi leggeri.
Anzi, via via che smaltisco i suoi scritti, mi sono ritrovata con quelli più complicati, tenuti per ultimi, da dover affrontare sotto il sole.
Ora siamo alla fine, con l'ultimo saggio uscito completo, prima di quel Re Pallido, incompiuto e postumo a mancarmi.
E mi sono ritrovata fra le mani un saggio di matematica.
Già, matematica pura, quella astratta, quella che parla di numeri irrazionali, di infiniti, insiemi di infiniti, di formule astruse e di teorie difficili da dimostrare.


Per fortuna, la matematica mi piace, anche se non la capisco.
Per fortuna, nonostante l'indirizzo del liceo fosse quello con meno matematica possibile, con i numeri, il loro ordine, la loro pulizia ed eleganza, mi sono sempre trovata bene.
Difendendo l'utilità di sviluppare un pensiero matematico volto a risolvere problemi e applicare formule, e trovare una gran soddisfazione quando il risultato era quello giusto.
Peccato che di anni, dalle lezioni di matematica, ne sono passati davvero tanti.
E che certe teorie matematiche, certi nomi, mai li avevo sentito.

Il saggio di DFW, uno che la matematica l'ha studiata all'università, è pensato per chi la materia la mastica.
Ma anche per chi è alle prime armi, per chi a certi ragionamenti finge di stare dietro, perché la sua scrittura fa la differenza.
Ironica e lineare, precisa e divertente, con le immancabili note a piè di pagina a cercare di spiegarsi meglio, di scusarsi con chi è più preparato, di spezzare l'atmosfera.
Il tutto, per raccontare del tutto.
Delle teorie sull'infinito che hanno appassionato matematici di ogni epoca, dai greci ai tedeschi, con la figura di Georg Cantor ad ergersi e portare a compimento il ragionamento finale.
Ovvio che, quando si tratta di riassumere questa storia e le storie di chi è coinvolto, un po' riesco a starci dietro, ma è altrettanto ovvio che trovarsi pagine intere con teorie da dimostrare, simboli di cui non so pronunciare il nome, si è rivelato una fatica.
Ma una fatica ricompensata, dal riuscire a seguire, ogni tanto, questi ragionamenti, dall'arrivare in fondo.

Con quell'amarezza che coglie, naturalmente, in quanto mente plagiata dalla narrazione hollywoodiana, che vede i grandi matematici, i grandi pensatori giocare sul filo sottile che divide genio e follia.
Cantor stesso ha fatto dentro e fuori dai manicomi, e visto la fine che ha scelto per sé, DFW, certe connessione nascono spontanee.
Ma qui si sta alla larga da facili associazioni, si pensa davvero alla matematica più pura e astratta, quella contro cui, come ogni studente svogliato, mi ritrovo a dire: ma quindi? ci si inventano teorie? si creano soluzioni ad hoc?
Forse.
Ma in realtà no.
E riuscire a capire certe affermazioni, certe dimostrazioni, riempie di orgoglio.
Ammantato di malinconia, ovviamente, perché la prossima estate saluterò DFW.
Di suo, di nuovo, non avrò altro se non biografie e interviste scritte da altri.
Lo saluterò con un romanzo, almeno, per quanto incompiuto, sicuramente più accessibile e personale di questa matematica pura.

1 commento:

  1. DFW era un fo**uto genio, ma al solo pensiero di leggere un suo saggio di matematica mi viene il mal di testa. :)

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