25 gennaio 2023

Babylon

Andiamo al Cinema

Tutto si può dire di Damien Chazelle, ma non che non ami il cinema.
Il cinema classico, quello della Hollywood dell'età dell'oro, dei musical e degli eccessi.
Se in La La Land ferma il traffico per far ballare i suoi aspiranti attori e ballerini, qui ferma un'epoca, quella del cinema muto.
La ferma e con una metafora tutt'altro che sottile, ci fa defecare sopra da un elefante, che entra in una festa esagerata, folle, dove si balla, ci si droga, si fa sesso, dove il set non ha una vera importanza, dove i ruoli vengono assegnati dal destino e una carriera può partire così, per caso.
Quell'elefante entra, fa da diversivo all'ennesimo incidente, e tutto cambia.
Perché arriva il sonoro, che è un successo.
Arriva nelle sembianze di un cantante jazz e ci si dove adeguare, scambiando il paradiso delle colline e del cielo aperto, della luce naturale da catturare  e il caos che lì si poteva creare e gestire, per l'attenzione minuziosa che microfoni e set chiusi richiedono.
È una storia nota, che ha portato al viale del tramonto Gloria Swanson, che ha fatto innamorare Gene Kelly cantando sotto la pioggia.


Ed è proprio il più classico dei musical che Chazelle cita e omaggia nel suo personale baccanale dove lascia i toni pastello, i toni da favola di La La Land per abbracciare i ruggenti anni '20 dove una carriera si costruiva tra scandali e festini privati.
Ci mostra tutto questo ancora una volta attraverso gli occhi di due sognatori, ben diversi da Mia e Sebastian:

- Manuel, che arrivato dal Messico, il cinema è la sua fuga, il suo personale Paradiso dove dimenticare gli affanni di una vita che lo vuole vivere e lottare solo, in un mestiere da tuttofare per cui è un tagliato,
- Nellie, che arriva dalla provincia americana e da lì porta i suoi modi bruschi e senza pudori, ed è disposta a tutto pur di iniziare una carriera, lei che star già lo è.


Le loro vite si incrociano, si sfiorano e tornano a scontrarsi al pari delle loro carriere in ascesa o in caduta libera, con Manuel che diventa Manny, produttore dal giusto fiuto e Nellie che diventa scomoda ora che il sonoro mette in mostra la sua voce gracchiante, con il perbenismo degli anni '30 imposto da Hays a cercare di dare una ripulita a Hollywood.
Loro, assieme al divo per eccellenza Jack Conrad che non poteva non avere il fascino di Brad Pitt, e le storie -abbozzate, questo sì- degli emarginati per orientamento o per colore della pelle Fay Zhu e Sidney Palmer, sono i protagonisti che ci portano nel mondo non così dorato di un'industria che spreme e che sfrutta.
Quell'industria che ha i suoi scarafaggi resistenti rappresentati dai giornalisti dove Jean Smart ruba la scena, regalando il monologo più bello a sottolineare che anche in sceneggiatura Chazelle ne sa, rendendo immortale ogni fatica, ogni caduta e ogni ruolo. 
Spiegando cos'è che rende così magico il mondo del cinema.


Questa volta -ma viene da dire ancora una volta- la macchina da presa viene puntata dalla parte giusta: quei dietro le quinte che abbiamo imparato a conoscere ma di cui non siamo mai stanchi, dalla parte del pubblico, che osserva annoiato, rapito, che usa il buio di una sala per altro, o che malinconicamente ripensa alle sue opportunità, ai suoi sogni andati in fumo.
Al suo cuore spezzato per una vita che non è più.
Il cinema che parla di cinema è ormai un genere a sé, ma ci vuole coraggio e anche una sana dose di menefreghismo per farlo oggi -ancora- in modo così esagerato.
Coreografando, stupendo, lasciando andare ogni fluido corporeo in una pulsante sensazione di vitalità morente.
Chazelle muove la sua macchina con i suoi piani sequenza, muove i suoi personaggi e i suoi attori, restituendo il fastidio di un rumore, l'esasperazione per i ciak, la sensazione magica di quando la scena è quella giusta.
Esagera, facendoci arrivare al finale dopo più di 180 minuti lievemente fiaccati, dove l'amore non dovrebbe più trovare spazio, soprattutto se l'amore non è mai stato romantico come quello di Mia e Sebastian, e che stona un po' in quel tripudio al cinema che è invece un finale quello sì, bellissimo.


La critica con lui non è stata buona (diciamo che è stata pure cattivissima, v. questo articolo che non disdegna insulti gratuiti), non lo è stata nemmeno l'Academy che si è dimenticata della bravura di una Margot Robbie che dà tutta se stessa e della bellezza genuina di Diego Calva che tiene testa non a una, ma a due divi. Quanto alla colonna sonora composta dal fido Justin Hurwitz che cita se stesso e alcuni passi di La La Land, quella almeno è salva, assieme alle categorie tecniche dei costumi e della scenografia.


Forse solo i folli, i sognatori, gli amanti del cinema e dei suoi eccessi possono finire per amare un film in cui si defeca, si vomita, si balla, ci si droga, si fa sesso e ci si sbronza e ci si presenta sul set relativamente puntuali portando a casa la scena.
Riuscendo ad esaltarsi, a commuoversi, a ringraziare per tutta questa bellezza.
Un brindisi, quindi, a noi!

Voto: ☕☕☕☕/5

7 commenti:

  1. Per me è un film splendido, esagerato, che è riuscito a riconciliarmi con Chazelle. L'odio nei suoi confronti non l'ho davvero capito.

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    1. Non lo capisco nemmeno io, anche se sono ancora qui a chiedermi come si possa non amare La La Land :) scherzo eh, è già una lotta continua con il migliore amico appassionato di musical che l'ha odiato.
      Qui più corporeo e meno fiabesco, mi ha incantato allo stesso modo.

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  2. Io sono convinto che Chazelle debba aver fatto qualche sgarbo a un'industria di caffè importante per come questa meraviglia stia venendo pressoché ignorata...

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    1. Lo penso anch'io. Non tutti i critici lo stanno demolendo, ma la cattiveria che ci mettono alcuni fa pensare... fortuna che ci siamo noi blogger a fomentare il pubblico al cinema :)

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  3. Di gran lunga il miglior film di Chazelle, e uno dei migliori dell'anno. Allo stesso tempo coraggioso e classico, anticonformista e romantico. E soprattutto anti-sistema, per questo è stato un flop in America. Un motivo in più per vederlo:)

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    1. Questa sì che è una sorpresa! Non mi aspettavo il tuo entusiasmo e sono felice che per una volta la pensiamo allo stesso modo. Confermi che i folli amanti del cinema non possono rimanergli indifferente :)

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    2. Confermo, ovvio. È un film per cinefili... per il mercato è un limite, per noi "folli" è un enorme pregio!

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