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Com'è la vita dopo Oliver?
Come si va avanti quando l'amore di una vita finisce, quando quella perfezione incarnata da un rapporto artistico e curioso, celebrato in un Natale con tutti gli amici al seguito, con la famiglia al fianco, se ne va per colpa di un incidente stradale?
Marc non lo sa.
Si crogiola, nella sua bella casa londinese, con gli amici artisti dalle vite scapestrate, che da lui vanno a vivere, in un nido in cui continuare a crogiolarsi.
E parlare, parlare e parlare.
Com'è la vita dopo Oliver se Oliver non lo amava davvero?
Non in modo esclusivo, almeno, nascondendogli un amore, una vita, un appartamento parigino parallelo?
E come può sembrare, ora, quell'anno passato a crogiolarsi per un amore che si credeva diverso, esclusivo appunto, e non sul punto di cambiare e forse finire?
Non lo sa Marc, e tiene tutto per sé, porta gli amici dal cuore spezzato con lui a Parigi, in quell'appartamento, per celebrare un anniversario, una nuova rabbia, una nuova consapevolezza.
E parlare, parlare, parlare.
Dan Levy esordisce alla regia di un lungometraggio e si sente quanto tiene alla cosa.
Dopo gli anni passati sul set di Schitt's Creek con la sua famiglia (serie che ha sbancato agli Emmy e che ho recuperato adorando ogni singolo episodio, ne parleremo) si prende i suoi spazi, va a Londra, si circonda di ottimi attori, si regala pure un amore con Luke Evans, e si circonda di arte.
Quella di Marc fatta di quadri realistici e naif, appartiene a Kris Knight, ma ci sono anche case arredate con un gusto invidiabile, Monet, la Parigi più elegante, la Londra più shabby.
C'è tanta estetica, in Good Grief, e ci sono tante parole.
L'ho detto?
Perché Marc, Sophie e Thomas non fanno altro che parlare e se spesso nei loro discorsi profondi si lasciano andare a qualche commento ironico e divertente da personaggi incastrati in un ruolo quali sono, a lungo andare ne rimette il ritmo, che si appesantisce, che si fa costruito, con dialoghi importanti ma piuttosto artificiosi.
Ci sono aneddoti, fatterelli, frasi da mettere sul diario, eulogie devastanti, confessioni perfino dalla commercialista, ma manca quella spontaneità che da un trio di attori come Levy, Ruth Negga e Himesh Patel era logico aspettarsi.
Spiace trovare così ingessato uno spirito sensibile come quello di Levy, spiace non aver apprezzato appieno il suo esordio, pur trovandoci l'occhio di David Rose, manca di certo la sua sintesi. La sua verve.
Che anche se si parla di lutto, era logico aspettarsi qualche risata riuscita, tra una lacrima l'altra.
Voto: ☕☕½/5
Non posso che condividere, film stucchevole e finto radical-chic. Però c'è Ruth Negga, che è tanta roba
RispondiEliminaLei sempre bravissima, anche se qui è incastrata in un ruolo che riesce a stancare. Mi consolo con il gusto estetico di Levy, sperando migliori nella sceneggiatura.
EliminaPiù di questo film, mi è venuta voglia di recuperare Schitt's Creek, serie che dalle nostre parti è stata spesso un po' un casino vedere...
RispondiEliminaL'avevo iniziata su NowTv, poi l'hanno spostata su Tim, poi mi sono arrangiata. Ma ne è valsa la pena, risate e lacrime e una nuova famiglia da adorare!
EliminaAlmeno però è riuscito a debuttare con una storia che da quanto leggo qui è meglio di molte altre, aiutando il panorama queer a emergere
RispondiEliminaSì, ma ha fatto molto di più e molto meglio con Schitt's Creek, consigliatissima!
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