Andiamo al Cinema a Noleggio
Siamo nella Los Angeles delle attrici e dei paparazzi, delle assistenti che sono amiche ma forse anche qualcosa di più, delle serate folli da passare in auto o sul divano di una villa, discutendo di scelte professionali, di quanto è dura la vita da star, con il cuore infranto e poca passione rimasta.
Sembra di stare dentro un set del set di The Studio, la fantastica serie TV Apple creata da Seth Rogen e Evan Goldberg ambientata nella La La Land e nel dietro le quinte di tutte le decisioni degli studios di cui parlerò a brevissimo.
Aiuta a confondersi la presenza di Zoe Kravitz e di Greta Lee, che se nella serie interpretano loro stesse, alla ricerca di una statuetta o di un jet privato, qui sono amanti.
Confonde ancor più il fatto che un film dall'animo indie viri presto verso il noir, genere parodiato in uno degli episodi più riusciti di The Studio, dove però la protagonista era Olivia Wilde e il detective con impermeabile d'ordinanza era proprio Seth Rogen.
I confronti finiscono qui, perché se nella serie si rideva e si teneva un ritmo sfrenato dato da pochi e frenetici piani sequenza, qui Aaron Katz si prende il suo tempo, rallenta l'azione, e divide il film di 90 minuti secchi in tre parti nette.
Si inizia come da prassi presentando i personaggi: l'assistente un po' stanca, un po' soggiogata dalla star che assiste, che è a sua volta stanca, ma della fama, che vuole rifiutare un ruolo che non sente più come suo, che deve vedersela con un ex geloso e ha già un'amante da tenere nascosta ai paparazzi che la inseguono.
Parlano, cantano (ma probabilmente per non aumentare il budget il karaoke ce lo dobbiamo solo immaginare) fino ad arrivare alle confidenze a luci soffuse fatte di paure e bisogno di protezione.
Ed ecco entrare in scena una pistola.
Atto secondo, quella pistola come ogni MacGuffin che si rispetti, spara.
In anticipo rispetto alle regole, ma almeno il film finalmente accelera: chi ha ucciso la star Heather Anderson? Tutti gli indizi puntano su Jill, anche se noi sappiamo la sua innocenza, ma lei, come può difendersi?
Indagando da sé, camuffandosi con impermeabile d'ordinanza e girando per Los Angeles cercando di scappare dal detective di turno che la vuole stanare e interrogare.
Ora, la soluzione si fa piuttosto prevedibile e piuttosto logica: nessun colpo di scena se si pensa al titolo e a quanto successo nel primo atto, ma si riempie il tempo con giri in moto per le strade di LA, con confronti piuttosto assurdi fra amiche che forse non sono così amiche e un finale che annacqua i fatti.
Per essere un noir, si dice, basta l'atmosfera, Aaron Katz decide di tenerla soffusa con una fotografia a grana spessa e soprattutto con quel jazz moderno che fa comunque molto noir.
Ma non basta.
Non basta ad accendere la scintilla, a rendere credibile Lola Kirke con un taglio di capelli improbabile e appena Zoe Kravitz sparisce dalla scena, sparisce anche buona parte del magnetismo del film.
Forse allo Studio che ha approvato il progetto bastavano questi tre nomi (compreso quello di Greta Lee) e un'ambientazione facile da gestire nella Los Angeles notturna e d'interni.
Una rivisitazione femminile e indie del noir, che anche se non decolla, non porta in perdita.
Ma i noir, e i film riusciti, sono altri.
Voto: ☕☕/5
Mi incuriosisce, soprattutto ora che The Studio è finita e devo colmare il vuoto che mi ha lasciato :) Peccato che a quanto sembra non sia per niente a quei livelli...
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