The Last of Us - Stagione 2

Mondo Serial

Una serie TV sugli zombie che si era rivelata non essere così tanto incentrata sugli zombie, ma sull'umanità chiamata a sopravvivere.

Una serie TV che aveva saputo conquistare non solo spettatori nuovi, ma soprattutto convincere il difficile pubblico di chi aveva giocato al videogioco di Neil Druckmann e Bruce Straley, grato di un adattamento attento e accorto, salvo qualche superficiale polemica sulla scelta di Bella Ramsey per il ruolo di Ellie spazzata via da una prova intensa e ironica come richiesto dal personaggio.

Ora si torna a Jackson, dopo quasi due anni di attesa, con una promessa che nasconde una bugia e la notizia arrivata anche a chi il secondo capitolo del videogioco non l'ha toccato: Pedro Pascal ha un minutaggio ridotto.

Non tanto per i mille impegni di un attore che tutti cercano e tutti vogliono, quanto per il destino del suo Joel.

Un destino doloroso come pochi con cui fare i conti già dal secondo episodio, Through the Valley (2x02), che arriva dopo un inizio lento ma destabilizzante ambientato 5 anni dopo l'arrivo a Jackson, vede un attacco degli uomini-funghi, uno stallo lontano e un attacco alle spalle che mica ti aspettavi.

Come si sopravvive, allora, dopo la morte di un protagonista?

È difficile, perché ai molti rimasti legati alla serie -o al videogioco- per il rapporto fatto di angoli da smussare, di ironia e scontri e incontri, tra Joel e Ellie, viene chiesto di passare oltre.

Di passare ad altro.

Di appassionarsi ora a una storia di vendetta, da discutere, pianificare, sbagliare.

Per chi -come me- di The Last of Us aveva apprezzato la capacità di raccontare storie, di spaziare all'interno di un mondo apocalittico per cercare umanità (e gli episodio Long, long time e Left Behind della prima stagione ne erano il perfetto esempio), mandato giù l'amaro boccone si è trovato a seguire Ellie e Dina nel lungo percorso verso Seattle dove chiedere sangue.

Ma se The Price (2x06) diventa l'episodio migliore della stagione, nel raccontare anno dopo anno un rapporto che cambia con l'età e con le esigenze e che si scontra con segreti che vengono a galla, si capisce com'è che The Last of Us senza Joel, anzi, senza Ellie e Joel non può essere lo stesso.

La cura di Craig Mazin e dei vari registi non si discute.

A livello visivo la serie TV regala quadri in movimento, con scenografie impressionanti, momenti di puro horror o di pura poesia e un'azione che quando si scatena fa trattenere il fiato.

Certo, si gioca con lo spettatore e si utilizzano momenti canori di facile viralità (ma sfido a non commuoversi di fronte alla versione acustica degli a-ha) e per fortuna né Isabela Merced né Catherine O'Hara sono aggiunte di cui lamentarsi, anzi, bilanciano l'istinto di una Ellie diversa e non sempre centrata.

Il problema, purtroppo, sta in una mancanza di equilibrio. 

Non solo in una stagione che cambia pelle di colpo, ma soprattutto nel finale.

Denso e mal gestito a livello di capitoli interni, mostra una Ellie fuori controllo in più location, contro più supposti nemici, e forse proprio per questo non riesce a convincere appieno. Non riesce a far sentire la drammaticità di una fine che con la terza stagione già confermata porterà a un nuovo inizio.

Ho fiducia in Kaitlyn Dever che come sempre buca lo schermo ed è qui una Abby il cui ruolo -sempre per quei giocatori facili ai commenti- è stato rivelato troppo presto.

Spero di poterla riporre anche a Craig Mazin, che tra le mani ha un'altra storia, un'altra richiesta di fiducia agli spettatori rimasti orfani non tanto di un personaggio, quanto di una dinamica e di un equilibrio.

Trailer

Voto: ☕☕☕/5