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12 luglio 2025

Mountainhead

Jesse Armstrong era atteso al varco.
Proprio lui, che è tra i responsabili dell'ondata di serie TV su famiglie ricche e privilegiate, lui che ha reso interessante i piagnistei di figli che potevano avere tutto e vivere senza lavorare ma che anelavano all'approvazione paterna. Lui che all'apice del successo di Succession, ha deciso che andava bene chiuderla così, perfetta com'era.
C'ha messo poco a tornare a scrivere. A dirigere.
Un qualcosa che corrisponde a un film per la TV, che HBO ha approvato in pochi secondi per sfruttare il suo nome, il suo ritorno, la fama e la fame dopo Succession.


Siamo sempre lì, con ricchi e privilegiati e potenti. 
Viziati pure, così viziati da poter pensare di farla franca con un omicidio, non vedere come folle l'idea di far fuori uno di loro per amore del denaro, delle azioni, di contratti e in fondo della propria stessa vita.
Sono quattro miliardari che così amici in fondo non sono.
Rivali o soci in base agli indici della Borsa, vivono nel loro mondo isolato e si ritrovano per un weekend ad alta quota nella nuova magione di uno di loro, vuoi per pavoneggiarsi dei nuovi successi, vuoi per decidere futuri prossimi.
Ognuno, ovviamente, è infelice a modo suo.
La gelosia per una fidanzata che partecipa a sex party, la gogna da social, una diagnosi che non lascia scampo che unita ad accordi etici per sviluppi sull'intelligenza artificiale portano tre a coalizzarsi contro uno e trovare piuttosto facile l'idea di sbarazzarsi dell'apparentemente buono fra loro.
Tra il dire e il fare c'è però di mezzo l'istinto di sopravvivenza, una certa dose di vigliaccheria nel non riuscire a entrare davvero in azione, una certa inadeguatezza di piani, sviluppi che rende più commedia questa commedia nera.


Il problema è che Jesse Armstrong si trova fra le mani personaggi che nella loro antipatia e presunzione non riescono a essere veri, non come lo erano i Roy. 
Macchiette e chiare caricature dei tecnocrati che affollano le notizie e anche i corridoi presidenziali, li rende meno interessanti di quanto era logico aspettarsi.
Senza vero approfondimento, delegato a una presentazione iniziale su jet privati o SUV ingombranti prima di chiudersi in vetrate innevate.
In un'unità di tempo e di spazio, i dialoghi che erano il fiore all'occhiello della serie TV, restano qui veloci e superficiali, si vira sul volontariamente comico, senza però saper graffiare.


Il quartetto formato dai naturalmente antipatici Steve Carell, Jason Schwartzman, Cory Michael Smith, e Ramy Youssef di per sé funziona anche se la chimica non è richiesta nemmeno da copione. Chiusi in una gelida magione fra la neve neanche fossimo all'Overlook Hotel, l'incubo di una notte di follia non cresce rispetto all'incredulità davanti a gesti e idee che nella loro presunzione portano avanti.
Sembra una farsa, e in fondo lo è.
Il problema è tutto qui: la realtà sembra più folle della finzione, e forse pure più interessante, rispetto all'ennesimo prodotto televisivo che ci fa odiare i ricchi e le loro vite viziate.

Voto: ☕☕/5

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