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28 novembre 2025

Train Dreams

Andiamo al Cinema su Netflix

Come fidarsi ancora di Netflix?
Che propina film sempre più facili e televisivi nel senso più spregiativo del termine, che snatura anche gli Autori, che si aggrappa ai generi per accontentare i suoi abbonati più che per ricercare la qualità.
Come fidarsi di Joel Edgerton?
Uno con una faccia un po' così, una presenza scenica un po' così, che ha sempre ispirato poca fiducia, poco carisma, e il fatto di ritrovarlo spesso in ruoli marginali lo rendono un caratterista tagliato per quei ruoli.
Come fidarsi del western, inteso come genere?
Un genere che non mi è affine, troppo polveroso, troppo rude, troppo maschio, con quella storia d'America che quello ha da raccontare, ancora e ancora, con la violenza, e le lotte, e i brutti ceffi e un senso di giustizia labile e flessibile.
Come potevo fidarmi di Train Dreams?
Un film distribuito da Netflix, ma presentato al Sundance, un film con protagonista Joel Edgerton, ma in una versione silenziosa, solitaria,  un film western, ma un western dell'anima, contemplativo, naturalistico, quasi filosofico anche nel suo mostrare la violenza di quegli anni di formazione, e costruzione di una ferrovia.
Ci si fida, grazie a quei ma, e alle voci che si rincorrono su quanto sia diverso, Train Dreams.


Un western, sì, ma come se fosse girato da Terrence Malick.
È il modo in cui se n'è iniziato a parlare, è il paragone impossibile da non fare, appena il film inizia, pur chiuso nei suoi 4:3 che sullo schermo di una TV sono limitanti.
Se Malick si è perso e si è fossilizzato su questo stile narrativo che racconterà prima o poi la storia di Gesù, qui lo si omaggia, se ne prende ispirazione, al meglio.
Il merito devo ancora capire se va più a Clint Bentley, regista che nemmeno ha una pagina Wikipedia, allo sceneggiatore Greg Kwedar che adatta una novella di Denis Johnson, alla fotografia di Adolpho Veloso che lascia senza parole o infine di Parker Laramie, che con il suo montaggio dà un ritmo, un senso, profondo, alla vita di Robert Grainier.
Eremita senza genitori o eredi, boscaiolo abituato a far fatica e a fare i conti con gli incidenti sul lavoro, uomo di poche parole ma di molte riflessioni che ascolta chi è più saggio di lui, che trova l'amore, un senso alla sua vita, che quell'amore lo perde nel peggiore dei modi possibili e riesce a suo modo ad andare avanti.


È la vita di un uomo semplice, un uomo che non sembra lasciare un segno del suo passaggio, mentre il mondo cambia, mentre pure il suo lavoro -quei binari su cui si è versato sangue e sudore- vengono superati dal progresso. Un uomo cresciuto fra due secoli, e per questo fuori posto, nel suo vagare, nel suo aspettare, soprattutto.
La violenza è lì, in poche scene, che finiscono per tormentare per una vita intera.
La bellezza è ovunque, ed è quella a cui ancorarsi.
La voce di Will Patton ci racconta di Robert e delle sue scelte, dei suoi pensieri, ce lo raccontano le immagini che immergono in una natura selvaggia e violenta, ma soprattutto bellissima. Ce lo raccontano i suoi incontri, con una moglie sorridente come Felicity Jones, con un collega saggio come William H. Macy, con un amico che se ne prende cura come Clifton Collins Jr. e infine con uno spirito affine, quello di Kerry Condon, che la natura la osserva dall'alto, per lavoro. 
I silenzi, i modi solo apparentemente burberi, lo sguardo malinconico e spezzato di Joel Edgerton, fanno il resto, fanno il tutto.


Si condensa la vita di Robert e in fondo anche quella di una parte degli Stati Uniti, partendo da un'origine sconosciuta, passando per la violenza, la dedizione, l'amore e l'attesa, e arrivando fin lassù, nel cielo e nello spazio, e Clint Bentley, Greg Kwedar, Denis Johnson, Adolpho Veloso e Parker Laramie lo fanno con una poesia che ha nei silenzi, nelle voci, nei gesti e in quella natura, la sua bellezza più struggente.
Una vita semplice, di un uomo semplice, di quelli che lasciano un segno solo se lo si sa cercare, nel tronco degli alberi, in una casa abbandonata. Un racconto essenziale e poetico che porta fino alle lacrime. E quando sui titoli di coda parte la voce di Nick Cave, capisco dove sta la magia del fidarsi anche quando tutto sembra dire di no, singhiozzando per la terza volta, con la sua voce, con le sue parole che ancora parlano di Robert.

Voto: ☕☕☕☕/5

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