La notte del 26 febbraio in molti erano convinti di vedere George Clooney sul palco del Kodak theatre con una statuetta in mano. L’attore è stato però battuto da Jean Dujardin e il suo The artist ma ciò non significa che George nel ruolo di un genitore che il genitore non lo sa fare, non sia assolutamente credibile e del tutto a suo agio.
In paradiso amaro infatti si cala nei panni di un Matt King,
genitore sempre stato assente, impegnato nel suo lavoro di avvocato, che lascia
alla moglie la difficile crescita delle sue due figlie. Ma quando questa stessa
moglie dopo un incidente in barca finisce in coma irreversibile, tutto cade
sulle sue spalle, e la realtà con cui dovrà fare i conti sarà ancora più
complicata di quanto pensi: la moglie lo tradiva, lo voleva lasciare dopo anni
di matrimonio senza più passione e sentimento.
Ma da quello che sembrerebbe un duro colpo da sopportare,
Matt parte per recuperare l’amore e il dialogo con le figlie, soprattutto con la
maggiore, Alexandra. E così la famiglia King assieme allo stralunato Sid (espediente
comico in più di una scena) si mette alla ricerca dell’amante misterioso e nel
farlo troverà una ragione per stare assieme, per volersi bene.
Alexander Payne, già
regista acclamato di A proposito di Schmidt e Sideways, dirige un George
dismesso e umano, adattando benissimo il romanzo Eredi di un mondo sbagliato di
Hemmings, da cui il film è tratto. Candidato
a 2 Oscar è infatti riuscito ad aggiudicarsi la statuetta per miglior sceneggiatura
non originale, proprio perché in Paradiso amaro sono i dialoghi, taglienti e
ritmati, a rivelare il rapporto genitore-figlie non idilliaco, così come la
voce narrante di Matt riesce a fare da contrappunto ad un’interpretazione fatta
più di gesti e sguardi che di parole.
Ambientato alle Hawaii, ciò che vediamo si distanzia molto
dall’immagine da cartolina a cui siamo abituati, il film affronta anche i
legami con la propria terra, perché l’altro grande affare che preoccupa Matt è la
vendita di un lotto di terreni appartenente alla sua famiglia da generazioni. Il
paradiso incontaminato che l’arcipelago era, sembra ormai solo un ricordo, un
paradiso amaro e crudo com’è ora la vita
dei King, ma la speranza, la normalità, sono ancora possibili basta trovare
qualcosa o qualcuno a cui aggrapparsi.
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