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20 ottobre 2012

127 Ore

E' già Ieri. -2010-

La forza di un film come 127 ore sta nell’entrare nel nostro intimo. Striscia lentamente nel nostro profondo e ci costringe a porci la straziante domanda: “E io, cosa avrei fatto?”
Danny Boyle non sbaglia il colpo nemmeno questa volta, dopo l’inizio folgorante con Trainspotting e dopo il meritato oscar con The millionaire, decide di mettere in scena una storia al limite del drammatico e dell’azione. Una storia tragicamente vera, quella di Aron Ralston, alpinista esperto che rimasto incastrato con un braccio sotto una roccia riesce a sopravvivere 127 ore e a liberarsi tagliando quel braccio.
La forza del film, oltre che dall’estremo realismo della narrazione e dell’interpretazione, è data proprio dal fatto che al momento della visione già si conosce la trama e il suo sviluppo. Gli spettatori sanno che ogni salto, ogni evoluzione che Aron fa lungo le montagne dello Utah potrebbe essere quello fatale che inchioderà il suo braccio, e rimane in attesa, col fiato sospeso, che la tragedia avvenga. Così come sa che l’unico modo che Aron avrà per liberarsi, per sopravvivere, sarà quello di amputarsi il braccio, tagliando così la sua prigione.
Come quindi trasformare quella che sembrerebbe una debolezza (la prevedibilità) in punto di forza? Coinvolgendo, e affascinando.
Se Aron non può muoversi, se l’intero film è in pratica ambientato al fondo di quel crepaccio, a viaggiare può essere la sua mente. E così con visionari e meravigliosi stacchi e trasposizioni viaggiamo con e dentro di lui, tra ricordi, ansie, sogni e speranze. Un viaggio che porta alla consapevolezza ma non alla rassegnazione, perché sì, è Aron l’unico colpevole, lui ha deciso la sua sorte andando incontro a quella roccia che ha passato la sua esistenza ad attenderlo, ma è Aron a mantenere lucidità, forza e spirito.
Uno stupefacente James Franco è infatti riuscito a donare ad Aron quella naturalezza che non scade in commiserazione e quella carica di umorismo nero che non stride col tono del film (lo show improvvisato davanti alla sua telecamerina vale la visione).
La sua è dunque una vera prova d’attore, messo di fronte a nient’altro che a se stesso e alle sua capacità.
A questo si aggiunge una colonna sonora da urlo, sapientemente curata -come i film precedenti di Boyle possono confermare (si pensi al già citato Trainspotting o a The Beach)- e un sapiente lavoro di montaggio che riesce a farci entrare in quel crepaccio, farci sentire la sete, il freddo, la paura, farci soffrire per ogni taglio, per ogni ricordo.
127 ore è quindi un duro e realistico viaggio all’interno non solo di Aron ma di se stessi e della natura umana, quanto siamo disposti a sacrificare pur di poter continuare a vivere?


12 commenti:

  1. Bellissimo film, è piaciuto molto anche a me. Bravo Boyle a saper raccontare un film che è ambientato poi in un unico luogo; bravissimo James Franko a recitare da solo...

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    1. I limiti di spazio e tempo non hanno scalfito per nulla il film grazie a soluzioni davvero geniali!

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  2. Non male, anche se Boyle ha fatto di meglio.
    Molto bravo Franco soprattutto nella parte del "talk show", e niente male anche la fotografia.
    Comunque, un titolo che fa sempre piacere rivedere.

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    1. Il Boyle di Trainspotting è a un altro livello, ma anche qui se l'è cavata egregiamente!

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  3. Per me Boyle è un gran ruffiano, i suoi film sono davvero troppo facili e piacioni, e ha toccato il fondo con uno dei più brutti film degli ultimi anni, il polpettone-kitch The Millionaire (una telenovela indiana in stile alternativo). Questo è forse il meno peggio; ma quel che non sopporto qui è il personaggio di Franco: troppo, troppo perfetto, umile simpatico e dotato di grandi capacità ecc...

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    1. Mi sa che io sono cascata nella sua rete di ruffiano. Per quanto mi lasci perplessa la sua filmografia così varia nei generi mi è sempre piaciuto, soprattutto nel polpettone The millionaire. Sarà che sono un'amante del kitsch :)

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    2. Sai, per me in fondo non è tanto la questione del kitsch...sarà la storiella del ragazzo povero che vince al quiz ricordando meccanicamente le sue esperienze attraverso le domande(molto arrampicandosi sui vetri peraltro)...sarà il triangolo amoroso con tanto di fratelli criminale/santo...la visione british (ex colonizzatori comunque) dell'India da cartolina, con qualche incursione nel letame dei sobborghi per soddisfare il bisogno occidentale di "realismo" e "impegno"...sarà il balletto finale che ammicca ad un certo "folklore"...sarà che è stato osannato da ogni dove e ciò lo rende ancora più irritante...insomma mi è sembrata una telenovela confezionata da un occidentale per un pubblico occidentale che si emoziona per qualche personaggio fintissimo ed esotico. Basta, lo sfogo è finito! ;)

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    3. Io faccio parte di chi quel film lo ha osannato, e non me ne vergogno :) Sì, il buonismo occidentale per mettere un po' apposto la propria coscienza si sentiva però ho trovato un film completo, dalla trama al montaggio fino alla musica che ha saputo commuovermi e divertirmi ad ogni visione. Mi basta questo, anche se capisco le tue critiche ben motivate!

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    4. Ok, me ne farò una ragione...! eheh

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  4. accidenti..mi sa che sono l'unico che ha odiato lo stile videoclipparo finto gggiovane che qui ha usato Boyle...mi ha letteralmente indisposto alla visione fin dall'inizio...

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    1. non sei l'unico, vedi sopra...(scusa Lisa niente contro la tua rece, è che solo parlare di Boyle mi fa andare sangue alla testa...!)

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    2. A me quella fotografia diversa e il modo di raccontare una storia stando sempre nello stesso luogo ha invece sorpreso, fin dall'inizio. E come sempre la scelta della colonna sonora ha dato un tocco in più, in stile Boyle ovviamente.

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