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28 febbraio 2014

12 Anni Schiavo

Andiamo al Cinema

Steve McQueen non è certo nuovo ad argomenti spinosi.
Con il suo esordio nel lungometraggio cinematografico (Hunger) aveva dato vita alle parole e agli atti di protesta degli indipendentisti irlandesi, focalizzandosi sul martire Bobby Sands. Con ancora Fassbender e il suo corpo protagonista (Shame) ha poi parlato in modo poetico e artistico della dipendenza dal sesso, facendone uscire un film discusso ma per nulla discutibile.
Alla sua terza prova, si lascia avvincere da una sceneggiatura più narrativa raccontando la lunga epopea di Solomon Northup, uomo di colore libero che passò 12 anni in schiavitù sotto diversi padroni per essersi affidato alle persone sbagliate, e non avere nessuno a cui apporre la sua fiducia.


Il tema della schiavitù, come quello degli uomini di colore, è ormai sempre più presente nella filmografia americana, che cerca così di demonizzare il suo passato facendo ammenda.
E così fa anche McQueen che mettendo in scena tutte le crudeltà, tutte le barbarie e la mancanza di diritti che milioni di persone hanno dovuto subire per anni, dà voce a storie silenziose, a persone trattate come bestie. Nel farlo dilata i tempi, non solo della narrazione (che si fa fiume, con 134 minuti di racconto) ma anche di queste torture, soffermandosi sulla pelle martoriata, sulle piaghe, sulle punizioni facendo patire allo stesso pubblico quel dolore. Ma il tutto è permeato anche dal naturale occhio artistico del regista, che riesce con pochi movimenti di macchina, con inquadrature incisive (vedasi gli schiavi stipati come in una scatoletta di sardine) a dare respiro e poesia a una storia dove la tragedia si sente ad ogni passo.
La vita di Solomon è infatti costellata dai vari padroni che lo possiedono, dalle loro mogli, dagli altri schiavi con cui fa amicizia, ma a nessuno di loro è facile dare fiducia, una fiducia che potrebbe costargli o salvargli la vita e che arriverà solo dopo 12, lunghissimi, anni.


A dare corpo e voce a Solomon c'è un intenso Chiwetel Ejiofor a cui fanno fianco attori in stato di grazia come la candidata agli Oscar Lupita Nyong'o, che si immergono nella pazzia dei loro personaggi (Fassbender e Paul Dano su tutti) o nel loro alone salvifico (un imbruttito Brad Pitt e un debole Benedict Cumberbatch).
Da aggiungere poi a queste interpretazioni da brividi, c'è anche una colonna sonora che spazia dai canti folk a composizioni di Hans Zimmer che fanno da contrappunto alle scene più emozionanti.
Con tutti questi lati positivi al suo scudo, perchè allora le parole per 12 anni schiavo non sono più entusiastiche?
Difficile dirlo, forse la pesantezza generale che nemmeno la poesia della natura riesce del tutto a sollevare, forse la sensazione di impotenza di fronte ai soprusi e all'ingiustizia che Solomon subisce per tutti quegli anni, rende noi spettatori dei testimoni che non possono intervenire, che possono solo cercare di capire e di imparare.
E quando l'emozione bussa alla porta, con Solomon finalmente libero e di ritorno alla sua famiglia, le parole ne annullano la grandezza, lasciando inermi e quasi spossati.
E questo è un lato negativo?
Forse.
Perché se Tarantino ha fatto centro parlando degli stessi temi con ironia e sangue, qui il tutto prende una piega che va' oltre il drammatico, che va' verso una realtà difficile da comprendere ma a cui manca quella compattezza che renderebbe il tutto più soggettivamente unico.


27 febbraio 2014

The Act of Killing

E' già Ieri -2012-

Lo scorso anno agli Oscar nella categoria miglior documentario aveva trionfato quel piccolo gioiellino di Searching for Sugar Man, apprezzatissimo da queste parti e che è riuscito a risvegliare la passione per il genere rimasta sopita a lungo.
Per arrivare preparata all'ormai imminente consegna delle statuette, la visione di quello che già si annuncia come il vincitore -dopo aver fatto incetta di premi e onorificenze per tutto il mondo- è stata quindi d'obbligo.
Una visione non facile, e non tanto per la versione uncut della durata di 159 minuti, ma per i temi trattati e per come questi vengono esposti.


Joshua Oppenheimer segue infatti alcuni gangster indonesiani che negli anni 1965-66 sono stati ingaggiati dal governo per compiere vere e proprie stragi, uccidendo e seviziando innumerevoli "nemici di stato" cinesi o semplicemente etichettati come comunisti.
I loro crimini sono rimasti impuniti, questi vecchietti all'apparenza innocui sono liberi di girare per strada, liberi di andarsene come nulla fosse successo per i centri commerciali. Questa loro "normalità" stride con il loro passato, che Oppenheimer chiede loro di ricreare, seguendoli così nella realizzazione di un fillm che esalti le loro gesta eroiche, che giustifichi i loro crimini.
Le loro velleità artistiche -in particolare quella di Anwar Congo- li porterà così a reinscenare interrogatori e uccisioni ispirandosi a generi (western, mafia movie...) che per primi avevano ispirato all'epoca la loro crudeltà.


In questo continuo rimando tra finzione e realtà, il documentario si spinge oltre la semplice ricerca e la semplice registrazione dei fatti, portando i protagonisti -o almeno uno di loro- a fare i conti con la propria coscienza, mettendo in scena i loro stessi incubi, spingendoli così a una catarsi.
Oppenheimer registra silenziosamente gli sguardi compiaciuti durante le ricostruzioni, soffermandosi proprio sulle reazioni emotive, sugli improvvisi cedimenti, sui dubbi che a poco a poco iniziano ad affiorare.
Si assiste così a uno spettacolo crudele e insensato di cui questi gangster vanno ben fieri, incesato pure dalla TV di Stato, luogo di un'intervista ai limiti dell'assurdo, che ancora giustifica ed esalta questi barbari massacri e l'ancora numerosa Gioventù di Pancasila.
Uno spettacolo che ha ragione di esistere, e di essere visto, non solo per conoscenza ma soprattutto per come Oppenheimer tiene le fila del suo lavoro: anche grazie ad un montaggio che fa incrociare gli opposti, arriva ad essere lui stesso, il regista, a far affiorare una coscienza, a smuovere dopo anni qualcosa che si era ormai sedimentato, rendendo così il suo documentario un cinema-verità che supera i limiti del genere.


Silenzio in Sala - Le Nuove Uscite al Cinema

Se le scorse settimane al cinema promettevano bene, con molti film in corsa per gli Oscar, nel fine settimana che precede la consegna delle statuette la nostra programmazione cede il passo, lasciando uscire pellicole di dubbio gusto e di dubbia utilità.
Gran poco si salva, quindi, qualche consiglio è d'obbligo:

Snowpiercer
In un futuro imprecisato, gli unici umani superstiti sono ammassati in un treno che sfreccia senza sosta tra paesaggi ghiacciati. I vari scompartimenti dividono l'umanità in classi sociali, fomentando così, tra soprusi e sfruttamenti, la rivolta dei più poveri. Ma cosa si nasconde, e chi c'è, dietro questo progetto?
Dopo il passaggio al Festival di Roma, il film americano del regista Bong Joon-ho fa ben sperare, nel cast Chris Evans, Ed Harris, John Hurt, Tilda Swinton, Jamie Bell e Octavia Spencer.
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La Bella e La Bestia
Rivisitazione francese della celebre favola portata al successo da Disney, che ha i suoi punti di forza nei protagonisti Vincent Cassel e Léa Seydoux. Non si prospetta nulla di eclatante, ma la messa in luce di aspetti lasciati in ombra dal film di animazione potrebbe rendere più interessante la visione.
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Il Violista del Diavolo
David Garrett si cala nei panni di un Niccolò Paganini agli esordi, quando il suo talento non era ancora stato scoperto e dissipava il suo tempo tra alcool e donne. L'incontro con un agente gli cambierà la vita, e così il regista Bernard Rose ricama su dicerie e miti che negli anni si sono formati attorno all'aura di un grande musicista.
Nì.
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Una Donna per Amica
Pronti all'ennesima commedia made in Italy con Fabio de Luigi protagonista? Eccola qui, e alla regia troviamo l'altrettanto onnipresente Giovanni Veronesi che indaga -che originalità!- sulla possibile amicizia tra uomo e donna. La donna, nella fattispecie, è Laetitia Casta.
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Tir
Il vincitore dell'ultimo Festival di Roma arriva nelle sale italiane. La distribuzione sarà impietosa con un documentario incentrato sulla figura di un camionista croato, che era insegnante nella sua patria?
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La legge è uguale per tutti... forse
Se per Tir qualche dubbio può esserci, di certo il film di Ciro Ceruti arriverà si e no in 2-3 sale. La trama riguarda due cognati -un truffatore e un avvocato- alle prese con la giustizia.
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La scuola più pazza del mondo
Continua l'anno nero dell'animazione al cinema che va' a raccogliere dal Giappone questo film dalla dubbia qualità. Protagoniste tre ragazze che si trovano ad indagare su strani fenomeni nella loro scuola.
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Spiders 3D
Per concludere, un film di cui non si sentiva proprio il bisogno. L'ennesimo action/splatter-movie in 3D con ragni giganti provenienti dallo spazio a spaventare New York.
Perchè?!
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26 febbraio 2014

Her

Andiamo al Cinema

Un futuro imprecisato dove uomo e tecnologia convivono, dove anche i sentimenti si evolvono.
La delicatezza di una storia d'amore.
La malinconia di un uomo solo.
La sua sensibilità verso gli altri, verso le vite di chi incrocia o con cui si scontra.
La lunga elaborazione della fine di un matrimonio che va' a incrociarsi con il nascere di un sentimento folle ma vero, profondo e difficile anche solo da razionalizzare.
Una musica altrettanto delicata e malinconica ad accompagnare il tutto.
Una fotografia fatta di colori pastelli, di movimenti di macchina armoniosi, di luce accecante di rara bellezza.
Un Joaquin Phoenix tenero e sognante, fragile, come da molto non lo si vedeva.
Una Amy Adams che non sbaglia più un colpo.
Una Scarlett Johansson irresistibile, e ci mette solo la sua voce.
Una storia unica e originale, pur essendo nient'altro, o forse proprio per questo, che la storia di un amore.


Her è tutto questo.
E' lo sguardo non privo di voyeurismo all'interno della vita di Theodore, solitario e triste scrittore di lettere per altri che riempie le sue giornate e le sue notti tra incontri in chat per single e partite ai videogiochi, cercando di affrontare, o anche solo di tirare avanti, dopo essere stato lasciato dalla moglie.
Finchè non arriva lei, Samantha, un sistema operativo parlante che dovrebbe aiutarlo a non sentirsi solo, una coscienza per organizzargli la vita, che finirà per essere il centro della sua vita, un'amica fidata, una voce a cui manca un corpo ma non la presenza.
Il film non prende però la piega dell'amore contrastato dagli altri, dell'impossibilità di due amanti diversi di stare assieme, no, Her va' oltre, scandaglia i dubbi e le fragilità di ognuno attraverso le resistenze di Theodore e le paure della stessa Samantha, portandole a galla con una lucidità e una poesia uniche.


Spike Jonze compie infatti un gran salto, riconciliandosi con i suoi primi lavori e costruendo un film che potrebbe tranquillamente portare la firma del suo amico Charlie Kaufman.
Il protagonista scrittore in crisi, un futuro relativamente distopico, lo svegliarsi di una coscienza... tutti elementi che anche senza il genio della sceneggiatore acquistano qui una forma perfetta, grazie a semplici riflessioni e aforismi sparsi qua e là, a idee su finti documentari, finte sculture, con un risultato che surclassa ogni aspettativa, entrando in punta di piedi nel cuore dello spettatore per non abbandonarlo a fine visione.
Jonze cura infatti ogni minimo particolare, dal montaggio in cui flashback struggenti compaiono a visualizzare i pensieri di Theodore, alla fotografia fino alla musica significativa in più di una scena (composta da Karen O e dagli Arcade Fire), facendo di Her un gioiellino di quelli rari, che risplende di luce propria e che con la sua delicatezza, la sua malinconia, la sua sensibilità, si fa amare sotto ogni aspetto, lasciando avvolti in un finale perfetto, tutti i sogni romantici ancora da realizzare.


25 febbraio 2014

Doctor Who - Stagione 2

Quando i film si fanno ad episodi

Se la prima stagione aveva i suoi nei negativi in un dottore dal poco charme e in storie per lo più verticali che mettevano sempre la Terra in pericolo, già con l'episodio di Natale si inizia a macinare bene.
Vuoi infatti perchè il nuovo dottore (nella sua decima veste) ha tutto il fascino e la simpatia di David Tennant, o vuoi perchè nemici già incontrati ma non del tutto sconfitti si ripresentano e tornano più volte a minacciare gli esseri umani, o vuoi semplicemente perchè una volta entrati nel mondo di Doctor Who tutte le iniziali titubanze vengono presto messe da parte, ecco che questa nuova stagione appare più solida, più intrigante e molto più additiva.


La stessa Rose, pur continuando a presentare gli stessi problemi di disciplina e di egoismo nei confronti di Mickey, subisce fin da subito il fascino del nuovo Dottore, cementando il loro rapporto con ancora più avventure che li porteranno sempre più in là nel futuro.
Queste sono sotto molti punti di vista più interessanti delle precedenti, vanno infatti a pescare nel passato storico della serie con il coinvolgimento di Sarah Jane Smith -l'assistente del Dottore dall'undicesima stagione alla quattordicesima stagione-, disseminano qui e là la venuta di Torchwood, e sono sceneggiati in modo decisamente più creativo: l'episodio Love & Monsters ne è l'esempio perfetto, con la narrazione lasciata nelle mani di un mockumentary di un fanatico del Dottore che formerà un vero e proprio gruppo sotto il suo nome per ricercarlo. Ma lo scettro per l'episodio più coinvolgente e appassionante va' sicuramente a The girl in the fireplace, con una bellissima Madame de Pompadour la cui vita è legata a doppio filo a quella del Dottore (e il suo banana daiquiri), anche se i momenti salienti si hanno ovviamente con gli episodi doppi, dove c'è spazio pure per Satana e per una gita imprevista in un universo parallelo, dove incombono la paura e il terrore.


Il finale è questa volta di quelli sentiti e può scappare anche una lacrimuccia, nonostante tutta l'antipatia che si può provare per Rose, assistente, amica e forse qualcosa di più che è qui cresciuta lasciandosi plasmare dall'irriverente ironia e stranezza di Tennant.
Il bel David è infatti il vero motore di questa serie, molto più carismatico e folle di Eccleston, incarna alla perfezione il suo ruolo di viaggiatore e avventuriero con un passato misterioso.
Inutile dire che fiondarsi sullo speciale natalizio successivo è questione di attimi, perchè una volta conosciuto il Dottore, non lo si vorrebbe mai lasciare andare!


24 febbraio 2014

Alabama Monroe - The Broken Circle Breakdown

Andiamo al Cinema

A sfidare il nostro Sorrentino nell'imminente notte degli Oscar non c'è solo la Danimarca con il suo spiazzante Il sospetto, ma anche un Belgio molto in forma che ha battuto la Francia aggiudicandosi un posto affianco a Palestina e Cambogia non ancora reperibili.
Difficile però identificare come belga la pellicola in questione, e non solo perchè il protagonista maschile è infatuato dell'America vivendo di musica country vecchio stile e venerando la suddetta nazione, ma anche perchè la messa in scena e la trama sono di per sé internazionali e universali.


Quello che Felix Van Groeningen ci racconta nel suo film è la nascita e la fine di un amore, con la passione insaziabile dell'inizio che fa spazio a nuove responsabilità e nuovi impegni per due bohemienne moderni: musicista in una roulotte e con una fattoria da ristrutturare Didier, tatuatrice dai molti amori finiti Elise. Il loro incontro darà vita a una bellissima storia, che li porterà finalmente a mettere delle radici cementate dalla nascita improvvisa di Maybelle.
Tutto cambia, però, quando Maybelle si ammala di cancro a 7 anni, e tra un ciclo di chemio e i verdetti dei medici, il loro rapporto è costretto a cambiare, a fare i conti con una realtà difficile anche solo da immaginare.


Come già in La guerra è dichiarata, la malattia di un figlio mette i genitori in situazioni scomode e al limite, mostrandone ogni fragilità e ogni debolezza. Il rifugio nell'alcool di lui, nei "segnali" di lei, lascia spazio anche alla politica con le invettive contro George W. Bush che mise il veto sulla ricerca con le cellule staminali facendo del film qualcosa di più profondo di una sezione di un amore.
Tutto questo in Alabama Monroe ci viene mostrato con un montaggio che passa dal prima al dopo al durante, mescolando le carte, tra cause e conseguenze di gesti e azioni che acquistano un senso postumo, che si impreziosiscono grazie al sorriso di un passato ancora sereno.
Le lacrime non possono così che scorrere a fiumi, grazie anche a una colonna sonora da brividi messa direttamente in scena dalla The Broken Circle Breakdown Band di Bjorn Eriksson, che accompagna e dà ulteriore significato alle scene più toccanti.
Ma chi è l'Alabama Monroe del titolo? O meglio, chi sono?
La risposta la si ha solo alla fine, lasciando spuntare un piccolo sorriso in mezzo al pianto per quello che è un avversario comunque temibile per la nostra Grande Bellezza, che questa bellezza riesce a farla nascere nei corpi grezzi e rudi di due amanti segnati dal destino.


Biglietti, Prego! - Il Boxoffice del Weekend

Dopo la pausa di ieri causa bella giornata e gran poche notizie succulente per la rubrica sui Rumors, si torna a parlare di numeri! Numeri che non fanno certo girare la testa e che premiano film prevedibili da un lato, qualitativamente non eccelsi dall'altro. Se Verdone è ancora in vetta, infatti, a seguirlo c'è l'animazione adatta a piccoli e grandi e il kolossal fracassone di turno.
Buone notizie, almeno, per il quarto posto di McQueen e la persistenza di Smetto quando voglio, parte male, invece, la Disney che si racconta, da cui ci si aspettava molto di più.
Ecco i dettagli:

1 Sotto una buona stella
week-end € 2.223.865 (totale: 7.322.665)

2 The Lego Movie
week-end € 1.441.930 (totale: 1.441.930)

3 Pompei
week-end € 1.279.606 (totale: 1.279.606)

4 12 anni schiavo
week-end € 1.040.294 (totale: 1.040.294)

5 Monuments Men
week-end € 847.803 (totale: 2.788.061)

6 Saving Mr. Banks
week-end € 504.739 (totale: 505.457)

7 Belle & Sebastien
week-end € 389.604 (totale: 6.534.788)

8 Smetto quando voglio
week-end € 374.169 (totale: 2.587.103)

9 Storia d'inverno
week-end € 322.596 (totale: 1.388.383)

10 Lone Survivor
week-end € 281.927 (totale: 281.927)

22 febbraio 2014

Ernest & Celestine

E' già Ieri -2012-

Nella rosa dei migliori film di animazione, quest'anno agli Oscar è finito anche questo piccolo prodotto francese e belga.
Piccolo, sì, non solo per il budget ridotto con il quale è stato realizzato -a differenza dei colossi Disney/Dreamworks- ma anche, e soprattutto, per il pubblico a cui è rivolto.
La trama, così come i toni e gli ambienti, di Ernest & Celestine escono diretti da un libro di favole, di quelli belli e illustrati da leggere prima di rimboccare le coperte. E la sensazione, a vederlo, è proprio questa: una piccola fiaba, tenera e leggera, giusta per deliziare qualche sogno e non fare nulla di male.
Un pregio o un difetto?


Dipende.
Se da una parte infatti lo sviluppo di due nemici per natura (un orso bisbetico e povero, e una topolina artistica e bistratta dagli amici) che finiscono per volersi bene in barba alle rispettive comunità, nulla ha di così originale, ma anzi abbonda di cliché e "colpi di scena" abbastanza prevedibili, dall'altra la tenerezza dei protagonisti e la bellezza dei disegni lascia incantati e felici a visione terminata, grazie anche all'esiguo minutaggio (81 minuti) che evita di cadere in facili ripetitività.
La sceneggiatura scritta da Daniel Pennac non sembra proporre nulla di così nuovo, ma si lascia andare a facili moralismi sempre utili però per i più piccoli, portandoli a credere nei loro sogni e nell'amicizia anche fra diversi, riuscendo anche a strappare qualche sorriso di fronte a situazione parecchio assurde e genialità nel costruire personaggi macchiettistici e divertenti. Lo stesso stratagemma di dividere in due il mondo, con gli orsi al piano di sopra dediti al commercio, e i topi in quello di sotto che si sostengono grazie ai denti degli altri, ha in sé della semplicità che va' nella giusta direzione.
Arricchendo il tutto con canzoni orecchiabili e divertenti portate nel nostro doppiaggio da Claudio Bisio e Alba Rohrwacher, quello che ne esce è ne più ne meno che una pellicola zuccherosa che i più piccoli adoreranno e che colpirà, sicuramente, chi dà valore alle illustrazioni più riuscite.


21 febbraio 2014

Smetto Quando Voglio

Andiamo al Cinema

Il cinema italiano dopo aver trovato la formula vincente in commedia di bassa qualità registica/volta a sdrammatizzare sul momento di crisi economica attuale, si ripete ormai senza sosta, scopiazzando trame, attori, battute e situazioni, certo ormai di avere la fiducia di un pubblico che al cinema ci va' per staccare la spina e che dà quindi fiducia cieca a quanto gli si propone.
Esempi ce ne sono quasi ogni settimana tra i film in uscita, con Bisio, De Luigi e Abatantuono sempre più impegnati a vestire i soliti panni, ma in mezzo a tutto questo, una piccola luce, flebile ma importante, la si può ancora trovare.


Cosa ci sarebbe da aspettarsi da un esordio alla regia di un giovane salernitano ma cresciuto artisticamente a Roma e che di nome fa Sidney Sibilia?
I tentennamenti si fanno sentire, ovvio, ma vedere il nome Fandango tra i produttori e l'entusiasmo unanime della critica, fa rizzare le antenne, e a ben donde.
Smetto quando voglio è infatti un sospiro di sollievo per chi il cinema italiano difficilmente lo mastica, una ventata non solo di originalità a livello di trama (per quanto molto ispirata a serie come Breaking Bad o a situazioni alla Danny Boyle) ma anche, e soprattutto, a livello registico.
Seguiamo, infatti, l'evoluzione di un gruppo squattrinato di ricercatori universitari che, stanchi di essere al verde, di lavorare per stranieri e in ambiti a loro completamente estranei e degradanti, si uniscono mettendo in moto le loro capacità per produrre e poi spacciare una smart drug. Al pari di Walter White le abilità chimiche vengono messe all'opera, aggirando però la lista delle sostanze illegali redatta dal Ministero della Salute.
Ma il vero problema per latinisti, antropologi, economisti e archeologi, sarà risultare credibili in discoteche e ambienti beni prima, e nelle improvvisi vesti di ricchi poi.


La frizzantezza e la scrollata dal vecchiume che questo Smetto quando voglio porta, lo si sente fin dall'inizio, con la voice over di scorsesiana memoria a cui fa seguito nientemeno che Why don't you get a job? degli Offspring.
Da qui in poi sarà un continuo usa di una colonna sonora rockeggiante al punto giusto, situazioni al limite dell'assurdo (la rapina con baionette su tutte), battute al fulmicotone e personaggi unici e ben interpretati (alla faccia di chi tanto si prende sul serio) che assieme alla regia quasi internazionale e alla fotografia volutamente acida fanno del film un piccolo gioiello, e non solo nel contesto attuale.
Se nel versante romantico, un altro esordiente (Valerio Mieli) con Dieci inverni aveva saputo catalizzare l'attenzione ormai 5 anni fa, ora con Sibilia si aggiunge un nuovo tipo di commedia impegnata, che non disdegna a farsi denuncia di situazioni come il precariato e l'abuso di droghe e che a differenza della serie della AMC qualche morale -giustamente- la fa.
Con quel finale intelligente e ben strutturato, infine, il pubblico potrebbe finalmente capire che, per divertirsi e farsi catturare, non sempre bisogna staccare la spina.


20 febbraio 2014

Captain Phillips

Andiamo al Cinema (un po' in ritardo)

Con certi film senti puzza di americanata senza un perchè lontano chilometri.
Succede però che -vuoi per alcuni commenti entusiastici letti qua e là e arrivati anche dai parenti, vuoi per le nomination ai Golden Globe prima e agli Oscar poi- vederlo diventa quasi un obbligo, non fosse altro per avere un quadro completo sui vari pretendenti a miglior film dell'anno.
Bene, ora, come è possibile che questo Captain Phillips concorra con The Wolf of Wall Street, Philomena, Dallas Buyers Club o Gravity (tanto per citare quelli visti)?
Com'è possibile che per far posto a questo che altro non è che la più classica delle storie d'avventura -per quanto vera- si sian lasciati fuori Before Midnight o anche solo i Coen?
Gomblotto?


Viene da pensarlo, perchè davvero non c'è nulla che possa stupire nella storia di un uomo semplice che finisce per essere protagonista e eroe, rischiando la sua stessa vita contro dei nemici che più stereotipati nel ruolo dei cattivi non si può, salvato dalle forze speciali americane a cui manca solo di sventolare in continuazione la bandiera a stelle e strisce per farne un film fuori tempo massimo anche negli anni '80-'90, quando questi action movie andavano tanto di moda.
E pensare che partivo senza troppi pregiudizi, pronta a ricredermi sulla sempre più profonda irritazione verso quel buonista di Tom Hanks, e invece...
E invece ti ritrovi già dopo 5 minuti a sbuffare, per l'originalissimo raffronto tra il capitano che preparata la valigia con tanto di foto di famiglia parte e si lascia andare alle più monotone e sentimentalistiche riflessioni sulla vita e sull'essere genitori con la moglie, mentre a chilometri di distanza, immersi nel caldo, nella sporcizia e nella povertà, una banda di somali si organizza e si arma per attaccare la prima nave di passaggio.
E si va' avanti con il capitano che sprizza simpatia da tutti i pori, impedendo al proprio equipaggio di rilassarsi con calma, e allertandoli con prove antipirateria dopo una fortuita mail arrivatagli dalla marina.
A salvarsi è sicuramente la parte in cui i suddetti pirati tentano dapprima e riescono poi a salire sulla nave, con la tensione distintamente palpabile che cresce e fa ingegnare l'equipaggio in modo da sovrastarli. Peccato poi che l'equipaggio venga abbandonato, che i pirati somali tentino un'impossibile fuga con una scialuppa di salvataggio, che Tom Hanks rimanga solo e disperato, che le forze speciali arrivino e che Tom Hanks si salvi, con tanto di lacrima e shock appresso e un'infermiera insopportabile a curarlo.


E se non bastasse la trama, scontatissima e priva di alcuna inventiva, ci si mette in mezzo anche la regia di Paul Greengrass che con quei movimenti di mdp a spalla infastidisce non poco e si sofferma senza neanche velarli troppo sui dettagli fondamentali a risolvere determinate situazioni, come a guidare il pubblico senza lasciargli alcun lavoro da fare.
Va da sé quindi che la colonna sonora si componga delle più classiche canzoni ricche di ansia e pathos, pronte a fermarsi al momento giusto con il silenzio a caricare ancor più l'ovvietà del colpo di scena.
In mezzo a questo naufragio nessun faro, quindi? Forse forse solo Barkhad Abdi, che ha il physique du role per interpretare un cattivo parecchio inquietante, anche se fin troppo stereotipato e senza nemmeno una sfumatura a renderlo più interessante.
Per il resto, questo Capitano, affoga nella sua stessa nave.


Silenzio in Sala - Le Nuove Uscite al Cinema

A pochi giorni ormai dalla consegna delle statuette, ecco uscire altri film non solo interessanti ma anche in lotta per vincerne qualcuna.
Con una spruzzata di Italia che non può mancare, e di animazione nostalgica, c'è di che vedere in questo fine settimana!
Qualche consiglio:

12 Anni Schiavo
Il terzo film di Steve McQueen promette scintille già solo per il cast (Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti, Lupita Nyong'o, Sarah Paulson, Brad Pitt) e per aver vinto il Golden Globe come miglior film drammatico, arrivando così tra i favoriti all'imminente notte degli Oscar. Per scoprire se tutto quest'attesa vale, non resta che correre al cinema, e scoprire la storia di Solomon Northup che da uomo libero finisce per inganno ad essere venduto come schiavo.
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Saving Mr. Banks
L'accoppiata Disney/Tom Hanks fa tremare gli allergici al buonismo, ma a rimettere tutto in careggiata ci pensano una scoppiettante Emma Thompson e una trama nostalgica e, soprattutto vera: la lunga battaglia a suon di appuntamenti e corteggiamenti che il padron Walt intraprese per portare su schermo il romanzo di Pamela Lyndon Travers, Mary Poppins.
Retroscena che vale sicuramente la pena di scoprire!
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Lone Survivor
Non può mancare il classico film patriottico americano che è pure riuscito ad ottenere due nomination agli Oscar, per quanto in categorie minori (miglior suono e montaggio sonoro). La storia è quella di una missione in Afganistan dove l'onore verso gli ordini ricevuti e l'onere verso comuni cittadini innocenti, mette alla prova un gruppo di marines.
Protagonisti l'onnipresente Mark Wahlberg, Taylor Kitsch e Emile Hirsch.
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Pompei
Dal regista della saga di Resident Evil, Paul W.S. Anderson, un classico kolossal americano ambientato nell'antica Roma e che nulla di nuovo sembra promettere. Come si salveranno, infatti, i protagonisti (tra cui Jon Snow/Kit Harington) dalla furia cieca della natura? Solo gli appassionati lo scopriranno.
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Amori Elementari
Cristiana Capotondi è invece protagonista di quella che si prospetta una commedia senza troppe pretese, che ruota attorno ai primi amori e i primi batticuori di studenti in quel di Alleghe.
Primo film di finzione per il documentarista Seergio Basso.
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Una domenica notte
Forse grazie all'exploti di Smetto quando voglio (a domani per saperne di più), ri-esce in sala questo film molto amatoriale con protagonista un altro mestierante dalle grande vedute.
Appassionato di horror, Antonio, con in passato un solo film girato, cercherà di rifarsi una vita e una carriera tentando di produrre il suo capolavoro.
Mah.
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The Lego Movie
Per un pubblico principalmente infantile, e per i nostalgici che ci giocavano o ancora ci giocano, sarà un film da non perdere, vista anche la scarsa competizione a livello di animazione di questi tempi. La storia è una delle più classiche con l'uomo(lego) comune che si ritrova al centro di una lotta e di un amore, ma la realizzazione potrebbe riservare piacevoli sorprese.
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19 febbraio 2014

Philip Seymour Hoffman Day - Il Dubbio


Solitamente i Day organizzati dalla nostra congrega segreta servono a festeggiare compleanni di attori o registi, o celebrarne un nuovo film come fatto lo scorso mese con Scorsese.
Purtroppo questa volta poco c'è da festeggiare, se siamo tutti qui a scrivere è infatti perchè qualcuno di molto grande se n'è andato, e prima del previsto.
La morte di Philip Seymour Hoffman ha inevitabilmente toccato milioni di persone, da chi lo conosceva -come i suoi colleghi, tra cui la bella Cate Blanchett che gli ha dedicato il BAFTA vinto qualche giorno fa- a chi semplicemente lo ammirava sul grande schermo, rimanendo ammaliati dalla sua bravura e toccati dalla sua percepibile lotta interiore.
Personalmente devo ammetter che Philip non mi è mai stato particolarmente simpatico, visto che per forza di cose lo associo ai personaggi scomodi che spesso interpretava, come il subdolo Master.
Questa giornata a lui dedicata non mi sembra però un affronto, anzi, perchè la sua bravura, come la sua intelligenza, le ho sempre percepite e ammirate, e lo strano sentimento di tristezza e di sconforto che ho sentito non appena informata della sua morte, sono bastati a farmi capire che questa bravura e questa intelligenza scavalcano di gran lunga l'antipatia.


Esempi a dimostrazione ce ne sarebbero davvero tanti nella sua folta filmografia, ma Il dubbio -che ancora mi mancava- riesce non solo a portare a galla tutto il suo talento, ma anche a far eclissare, per una volta, una Meryl Streep ugualmente in forma che qui con i suoi urli e la sua testardaggine non ha la stessa forza emotiva del silenzio e dell'angoscia di Hoffman.
La sfida fra i due attori è comunque a livelli altissimi, resi ancora più solidi da una sceneggiatura derivata dall'omonimo dramma teatrale, premio Pulitzer nel 2005, e portato sul grande schermo dal suo stesso autore John Patrick Shanley.
Le parole, taglienti, così come la trama stessa, avvincono i due attori in un clima austero e freddo, facendo dei loro personaggi dei caratteri sfaccettati e complessi difficili da incasellare.
Come il titolo stesso dice, il dubbio aleggia su ognuno di loro.
Sorella Aloysius Beauvier e Padre Brendan Flynn sono infatti all'opposto, sia per come si approcciano agli altri -in modo gioviale e diretto lui, severo e inflessibile lei- sia per come intendono l'educazione: se il primo parla e comunica con i suoi ragazzi, lei li sorveglia, incute timore e li punisce in modo da renderli forti e da dare loro la disciplina necessaria in un modo che già nei primi anni '60 iniziava ad essere retrogrado.
Ma cos'è il dubbio di cui sopra? Noi pubblico inizialmente non possiamo che patteggiare per padre Flynn, per il suo metodo educativo e per il suo modo di rapportarsi con i ragazzi, capendoli e proteggendoli. Le accuse quindi di pedofilia appaiono come una vendetta o una ripicca per come esclude la Beauvier dalle sue decisioni e dai suoi rinnovamenti moderni, con lei che cerca scuse, che si appiglia a dettagli pur di avere ragione.
E se quella ragione invece la avesse? Se il dubbio che lei stessa per un momento ha, si insinuasse anche a noi, stravolgendo l'immagine buona di questo prete? In un niente, quindi, la Beauvier passerebbe nel giusto, e la sua ossessione diventerebbe l'unico baluardo di verità e di giustizia a cui appigliarsi.


Senza spoilerare oltre di una trama per quanto semplice ugualmente complessa, il film va visto appunto per gli attori coinvolti, per la loro bravura e per la loro intelligenza.
Oltre alla Streep e a Hoffman, c'è spazio pure per una timida Amy Adams, sempre simile alla connazionale Kidman, che qui calza a pennello come fragile e semplice sorella con la vocazione per l'insegnamento, e anche per una comparsata di Viola Davis, madre disperata e senza apparente coraggio.
I tre sono così i vertici di un triangolo dove le parole, la verità e i segreti si spostano man mano.
Come sarà anche per Osage County, la derivazione letteraria è particolarmente sentita, con la regia che per quanto perspicace e azzardata in qualche suo movimento preferisce nascondersi a favore di una sceneggiatura solida e di interpretazioni di alto livello.
Nonostante la caduta pietistica nel finale, Il dubbio ha sicuramente meritato quelle nomination agguantate -di cui nessuna però andata a segno- e merita di essere visto per ricordare un attore tanto bravo quanto intelligente, che strega la macchina da presa e cattura lo spettatore nella sua battaglia interiore, che qui, ancora una volta, si percepisce e si vede.


Per continuare a ricordare Philip Seymour Hoffman, passate anche da:

Il Bollalmanacco

White Russian

Viaggiando Meno

Non c'è Paragone

Cinquecento Film Insieme

Pensieri Cannibali

Montecristo

Director's Cult

50/50

Scrivenny 2.0

Combinazione Casuale

18 febbraio 2014

Doctor Who - Stagione 1

Quando i film si fanno ad episodi

Il recupero di questa serie storica è stato a lungo rimandato. Il motivo, semplice, è che già sapevo che iniziato ad avventurarmi nelle avventure del Dottore difficilmente ci sarei uscita, entrando in un vortice di tempo e spazio dilatati e frammentati tra episodi speciali, scene tagliate, spin-off e chi più ne ha più ne metta.
E fortuna che per una volta ho fatto tacere la mia anima filologica iniziando a vedere il tutto dalla nuova serie (quella datata 2005) lasciando da parte -per un futuro che so già prima o poi arriverà- le altre 26 stagioni partite nel 1963 e conclusesi solo nel 1989.


Ma è meglio fare anche qualche dovuto premessa: entrare in questo mondo ricco di umorismo british irresistibile e fantascienza molto fanta ma che anche molto scienza, con teorie fisiche e chimiche tanto assurde quanto reali, non è stato così semplice.
Questa prima stagione pecca infatti di un Dottore che sa il fatto suo ma che in quanto a charme ancora avrebbe da imparare, e pecca soprattutto di molti episodi a sviluppo verticale, aperti e conclusi, con la nostra Terra quotidianamente (tra passato, presente e futuro) in pericolo.
Se Christopher Eccleston poco a poco si fa amare, e le storie si riprendono verso il finale con nemici comuni quasi indistruttibili e rimandi evocativi che trovano la loro spiegazione, quello che davvero poco sono riuscita a digerire è una Rose (l'assistente per caso) parecchio fastidiosa, testarda ed egoista che non fa che spezzare il cuore del suo Mickey ripetendo sempre le stesse parole ad ogni incontro e se ne frega invece delle parole del Dottore stesso, mettendosi così in guai via via più grossi.


Nonostante questi iniziali problemi, entrare in un mondo dove i viaggi nel tempo, le missioni, le stranezze e gli alieni sono all'ordine del giorno è comunque un'avventura che vale la pena di provare, per emozionarci di fronte a bambini sperduti sotto i bombardamenti della II Guerra Mondiali, per dare un nuovo senso alle opere di Charles Dickens e per ridere di personaggi caratterizzati meravigliosamente come Jackie Tyler o Harriet Jones.
Certo, gli effetti speciali della BBC primi anni 2000 non sono eccezionali, e anzi sono piuttosto elementari, ma giocando con la fantasia, e lasciandosi andare ad una trama dove tutto è possibile, il Dottore diventerà un appuntamento fisso a cui appassionarsi è davvero così semplice!


17 febbraio 2014

Se dico Cinema...

In questi giorni il mondo della blogosfera si arrovella attorno al significato di cosa sia veramente il Cinema.
Un significato che, come per tutte le arti, non può che essere soggettivo e intriso di ricordi e di esperienze personali.
Ma da dove parte tutto questo?
Parte dalla blogger (e non solo) Valentina Orsini e dal suo Criticissimamente, che con questa semplice premessa ha messo in circolo i neuroni e le parole di molti di noi:

Ne parliamo tutti i giorni, fracassando le balle a mezzo mondo, non per forza cinefilo. Ci scanniamo, difendiamo i nostri eroi, dando vita a discussioni che...manco Freud. Ma alla fine nessuno ancora ha spiegato un dettaglio, il più complesso forse. 'Sto cinema, ma che sarà mai? Cosa significa. Cosa vi dà. Cosa rappresenta.
Dunque, "Se dico cinema..."


Se dico cinema dico una passione che difficilmente riesco a dominare, una "fame" vera e propria che non si estingue al film giornaliero ma che da quel film, da quel regista e da quegli attori fa aggiungere a liste sempre più lunghe titoli su titoli, nella vana impresa di vedere il più possibile, anche il non meritevole.

Se dico cinema dico la piccola illuminazione, avuta in un caldo giorno di agosto, di fare di questa passione qualcosa di più, prima di tutto un ambito e una materia da studiare e capire, dico quindi 5 anni di studio, di amici e cinefili conosciuti fra i banchi universitari, in incontri e conferenze passate a scambiare opinioni.

Se dico cinema dico così passione, quella nata sul divano di casa, con il registratore sempre allerta, con le notti passate a dormirci, su quel divano, con la sveglia puntata ad ora tarda perchè il timer del videoregistratore non lo si sapeva usare.

Se dico cinema dico anche le primissime visioni, quelle emozionanti e infantili, quelle di sere e sere passate in camera con un videoproiettore e Aladdin ad andare e andare fino a rovinare il nastro della VHS nel punto più divertente, quello iniziale con il cammello.

E se dico cinema arrivo fino ad oggi, con questo cinema che da passione a studio è diventato un secondo lavoro, che vorrebbe tanto essere il primo.
Dico l'ansia per quando si deve correre a prendere i biglietti prenotati, la magia di quando le luci si spengono e i titoli di testa iniziano a scorrere, dico la soddisfazione, la delusione e tutto il resto della gamma di emozioni che ancora pulsa quando le luci si riaccendono e non si ha voglia di parlarne, ancora, no.
Se dico cinema dico l'ansia, ancora, del primo Festival, il disorientamento, le chiacchiere in coda, la sensazione di essere fortunati e di avere infinite possibilità in uno spazio così piccolo come il Lido.
Se dico cinema dico questo stesso piccolo blog cresciuto così tanto grazie al cinema.

E se dico cinema, infine, dico film, tutti i film, visti e ancora da scoprire, che sono lì ad attendere uno spettatore per vivere, per imprimersi in momenti indimenticabili che con una sola risata, o una semplice lacrima, restano impressi, a sigillare i ricordi più belli.


Chiunque può partecipare all'iniziativa, o seguire chi vi partecipa, all'evento facebook QUI

Biglietto, Prego! - Il Boxoffice del Weekend

Una classifica abbastanza scontata quella che si presenta questo lunedì: la sfida Verdone/Clooney viene infatti vinta dal primo, mentre il film d'ammòre per il weekend dell'ammòre non entra per poco a completare il podio.
Qualche sorpresa -positiva- però c'è, come la permanenza dei Coen e di Sibilia!
Ecco i dettagli:

1 Sotto una buona stella
week-end € 4.251.162 (totale: 4.251.162)

2 Monuments Men
week-end € 1.544.679 (totale: 1.553.826)

3 Belle & Sebastien
week-end € 1.040.053 (totale: 5.946.552)

4 Storia d'inverno
week-end € 823.988 (totale: 823.988)

5 Smetto quando voglio
week-end € 713.878 (totale: 2.016.481)

6 The Wolf of Wall Street
week-end € 626.545 (totale: 11.224.369)

7 A proposito di Davis
week-end € 559.351 (totale: 1.695.533)

8 Tutta colpa di Freud
week-end € 522.143 (totale: 7.402.275)

9 RoboCop
week-end € 373.552 (totale: 1.557.479)

10 Khumba
week-end € 343.901 (totale: 935.388)

16 febbraio 2014

Rumors Has It - Le News dal Mondo del Cinema

Continuiamo a spulciare nelle agende degli attori, tra lieti ritrovi e progetti trash, ma diamo un'occhiata anche a Berlino!

Insieme i tre avevano dato vita alla commedia agrodolce 50 e 50 che riusciva a parlare di cancro senza cadere in facili pietismi. C'è quindi da gioire nella notizia che Joseph Gordon-Levitt e Seth Rogen torneranno a lavorare con il regista Jonathan Levine per quello che sarà un film natalizio. Il titolo ancora non c'è, ma la storia racconterà di tre amici di lunga data che ogni vigilia si trovano a New York.
Le riprese inizieranno in estate.

James Franco riesce a far convivere un'anima parecchio artistica e una amante del trash. Se le sue fatiche di regista e letterato hanno saputo lasciare soddisfatti anche i critici più severi, ora l'instancabile attore ha messo gli occhi su una biografia molto particolare: quella di Tommy Wiseau, attore protagonista di uno degli scult celebrato dalla rete The room, datato 2003. Il film, per quanto brutto, ha raccolto attorno a sé molti fan, tra cui lo stesso Franco che potrebbe così realizzare una specie di mockumentary sulla realizzazione del film.

Jane Austen è stata e sempre sarà una manna dal cielo per Hollywood. Alle varie trasposizioni dei suoi libri, va ora ad aggiungersi anche il romanzo epistolare Lady Susan che racconta dell'amore verso un uomo sposato di una donna dell'alta società, con gli inevitabili scandali al seguito. Il film sarà diretto da Whit Stillman (Damsel in distress) e vedrà protagoniste Sienna Miller e Chloe Sevigny.

Ha fatto notizia il suo coming out di ieri, e così non stupisce troppo l'interessamento di Ellen Page prima e il suo coinvolgimento come attrice ora per il corto premio Oscar Freeheld. La sua versione estesa è approdata nelle mani di Peter Sollett che con Julianne Moore e Zach Galifianakis racconterà la battaglia legale e dei diritti che una coppia omosessuale intraprenderà dopo la diagnosi terminale ad una di loro.
In attesa di vedere il risultato, qui le belle parole della Page:



Infine, sempre ieri si è conclusa la 64esima edizione del Festival di Berlino.
Questi i premiati:

Orso d’oro: Black Coal, Thin Ice (Bai Ri Yan Huo) di Diao Yinan

Orso d’argento Gran Premio della giuria: The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson

Orso d’argento Premio Alfred Bauer:
Aimer, boire et chanter di Alain Resnais

Orso d’argento Miglior regia: Richard Linklater per Boyhood

Orso d’argento Miglior attore: Liao Fan per Black Coal, Thin Ice (Bai Ri Yan Huo) di Diao Yinan

Orso d’argento Miglior attrice:
Haru Kuroki per The Little House (Chiisai Ouchi) di Yoji Yamada

Orso d’argento Miglior sceneggiatura:
Dietrich Brüggemann, Anna Brüggemann per Station of the Cross (Kreuzweg) di Dietrich Brüggemann

Premio per il miglior contributo artistico:
Zeng Jian per Blind Massage (Tu Na) di Lou Ye


15 febbraio 2014

Cattivissimo Me 2

E' già Ieri -2013-

I sequel sono sempre un'arma a doppio taglio.
Alcuni li usano per approfondire passaggi della storia rimasti oscuri, scoprire meglio i personaggi, fargli vivere nuove avventure... altri, meramente, come un mezzo sicuro di guadagno, spremendo le proprie creazioni senza disturbarsi troppo per quanto riguarda la tecnica e la storia da utilizzare.
La mia venerata Pixar, per quanto vada sempre sul sicuro scegliendo di continuare a far vivere i propri film, è sempre (Cars a parte, ma lì nemmeno il capitolo 1 era poi così convincente) riuscita a ricreare la magia, a volte -come con Toy Story 3- superandosi addirittura, grazie anche agli anni trascorsi e all'avanzamento delle sue tecnologie.
Ma la Pixar è un caso raro nel mondo dell'animazione, e se già tutti abbiamo temibili ricordi sui sequel che casa Disney ha dato ai vari Aladdin, Mulan o Cenerentola, le altre case di distribuzione non sono certo da meno.


Cattivissimo Me, della Illumination Entertainment, ne è l'esempio.
Anche qui si partiva con una prima parte non certo ai livelli pixariani, ma il risultato era comunque di quelli godibili e divertenti che riuscivano a piacere sia a grandi che piccini.
La sensazione su questo seguito è, però, quella di un progetto un po' campato in aria, con una trama e dei personaggi che servono solo a fare da contorno alle buffe ed esilaranti gag dei minions. Inutile dire che le risate loro le sanno strappare anche solo comparendo sullo schermo, e che quindi qui -dove spesso e volentieri sbucano irriverenti- si ride parecchio, ma il resto cola a picco.
L'ormai non più cattivo Gru è infatti diventato un padre a tutti gli effetti, che organizza le feste per le sue piccole, le mette a dormire, le intrattiene cercando nel mentre di inventarsi un nuovo lavoro come produttore di marmellate.
Un nuovo cattivo è però all'orizzonte e così la L.A.C. (Lega Anti Cattivi) lo assolda per trovarlo, affiancandolo alla goffa e entusiasta Lucy.
Come andrà a finire?
Secondo voi?
L'amore busserà a qualche cuore, gli equivoci e gli errori saranno dietro l'angolo (con tanto di prima cotta adolescenziale e relativa gelosia paterna).


Quello che non va', quindi, è proprio questa trama, che oltre a scadere in più di una qualche banalità, non regge, non rendendo cattivo e pertinente nemmeno il temibile piano del misterioso antagonista.
Gli incassi prenatalizi sembrerebbero smentire questa caduta di qualità, confermando invece la regola di un sequel ben più redditizio sia a livello lavorativo che di boxoffice per chi lo produce, e va da sé che un capitolo 3 è già in cantiere.
Fortuna che ci sono i minions quindi, che valgono la visione -casalinga- e ravvivano le ambientazioni non cosi inventive del film.
A salvarsi, infine, anche la colonna sonora composta da Pharrell Whilliams e che comprende la trascinante Happy giustamente (a differenza del film stesso) candidata agli Oscar.