Si potrebbe tranquillamente fare copia/incolla di quanto scritto ieri su Unbroken.
Ancora biopic, ancora la vita di una persona messa su grande schermo, e ancora la guerra a fare da sfondo.
Clint Eastwood ci racconta Chris Kyle, aitante texano che alla veneranda età di 30 anni decide di lasciare una poco promettente carriera da cowboy per difendere il suo Paese, per difendere la patria e la sua famiglia dai terroristi iracheni.
Si arruolerà così nei Navy SEALS dimostrando tutta la sua bravura in fase di allenamento negli spari a lunga distanza, merito di un padre che lo ha iniziato alla caccia fin dalla tenera età, diventando il cecchino di riferimento.
Prima di partire per la sua prima missione, ha la lungimiranza di sposarsi e di mettere incinta la bella Taya, che paziente e sola, lo aspetterà.
Kyle in guerra diventa un altro uomo, i cui principi patriottici si innalzano ancor più, in cui soprattutto diventa una leggenda, uccidendo a sangue freddo, senza mai esser visto, il maggior numero di nemici, e con il minor numero di colpi. Per la precisione, nella maggior parte dei casi, uno solo.
La domanda fondamentale quando ci si appresta a produrre e poi a vedere una biografia è: "interesserà davvero a qualcuno il personaggio che si andrà a raccontare/a vedere? Il pubblico imparerà qualcosa, si arricchirà per quanto visto?".
Basandosi su queste premesse, vien da chiedersi quindi perchè Clint abbia voluto mostrarci e glorificare Chris. Cosa ce ne viene a noi, pubblico, in questa celebrazione eroica di un cecchino?
Niente, se non irritazione. Se non disinteresse, visto che, a ben guardare, un film simile potrebbero farlo anche - tenendo per protagonista la nemesi di Kyle, quello sniper che in fin dei conti, fa esattamente il suo stesso, sporco, lavoro: uccide silenziosamente i nemici.
Questo discorso cambia se si mette in prospettiva quanto detto dal regista, che American Sniper sia un film contro la guerra, che mostra gli incubi peggiori di un uomo, il suo inevitabile cambiamento, e le condizioni in cui l'esercito si è trovato e si trova ad operare.
Senza soffermarci troppo su quanto sia difficile sostenere questa tesi all'interno di un film che celebra (bastano le immagini finali) un eroe di guerra, credo che Clint dovrebbe rivedersi l'ancora attuale The Hurt Locker, dove si era in guerra, si era sul filo del rasoio, si capiva cosa passassero i protagonisti, i soldati, e quanto fosse difficile per loro tornare alla normalità.
Ma lasciamo da parte le polemiche che han fatto del film il campione d'incassi di questo inizio anno -in America come qui da noi.
Parliamo di film, parliamo di regia, di livelli tecnici e di recitazione.
E in queste categorie, no, American Sniper non è difendibile.
Bradley Cooper per quanto abbia modificato il suo fisico, il suo accento, ancora una volta non è riuscito a convincermi, con quell'espressione imbambolata, con quegli occhi tanto belli quanto vuoti. Molto meglio Sienna Miller (che non imparerò mai a riconoscere), più emotiva e sentita nella sua interpretazione di una moglie già vedova, a ben guardare, una madre single per 11 mesi l'anno.
Ad aiutare gli attori non è certo una sceneggiatura esaltante, che racconta una vita dove cliffhanger e cambiamenti sono studiati, dove i dialoghi sono infiochettati con discorsi patriottici e frasi ad effetto pronunciate al momento giusto.
E finiamo con la regia, che è sempre quella solida e senza sbavature di Eastwood, quella che rispetta i canoni. Ma che sbaglia, oh se sbaglia, proprio nel momento clou, nello scontro a distanza tra i due nemici, dove al pathos che un semplice silenzio, una visione neutra dei fatti come la dava Kathryn Bigelow, Clint decide di andare di rallenty e di effetti speciali neanche fossimo in Matrix, sbagliando, innervosendo ulteriormente.
Se già la storia in partenza era di quelle che si potevano anche non raccontare, il modo in cui questa ci viene raccontata -in due lunghe ore di film- portano, senza riserve, American Sniper alla bocciatura.
E le sue nominations agli Oscar (miglior film, attore protagonista e sceneggiatura non originale), qualcosa di veramente discutibile.