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5 settembre 2015

Venezia 72 - Marguerite


Quanto è labile il confine tra sublime e ridicolo?
Quanto contano i sogni, il proprio credere, di fronte a una realtà molto più cruda di quella che si immagina?
Sono domande che nascono spontanee di fronte alla storia di Marguerite Beaumont, contessa francese, appassionata di musica, aspirante cantante lirica, ma soprattutto donna che non conosce l'amore.

E' probabilmente questa mancanza alla base della sua follia, del suo credersi cantante capace, che la porta ad organizzare spesso e volentieri concerti privati per il suo circolo di amici, nei quali li intrattiene con gorgheggi stonati, sgraziati, che stridono nei timpani.
Ma lei non se ne accorge, e vista la sua convinzione, vista la sua gioia, nessuno ha il coraggio di dirle la verità, né i vari ospiti, né il marito che piuttosto si inventa scuse, si trova un'amante, né i fedeli servitori, che per primi si fanno complici e difensori della sua follia prestandosi a foto con costumi di scena che ricreano le varie opere.
Tutto prende una svolta inaspettata con l'incontro con il giornalista Dumont, che se prima cerca di sfruttarla e di deriderla in modo sagace, poi se ne prende cura, vedendo il suo sguardo triste, vuoto, senza amore.
Assecondare la sua non bravura diventa un obbligo, al quale deve sottoporsi anche il maestro Pezzini chiamato ad istruirla, a renderla migliore, nei limiti del possibile, per poterla vedere finalmente calcare un palco importante, davanti ad un vero pubblico.
Anche noi, come pubblico, ci troviamo a deriderla impietosamente, a ridere di quella voce starnazzante, a ridere delle reazioni contenute dei vari ascoltatori, senza poterci trattenere.
La storia di una donna che però ama così tanto quello che fa, ama perdersi per non vedere la tristezza del resto che la circonda, smuove anche altre corde emotive, una compassione sincera, soprattutto di fronte ad un finale impietoso in cui è la verità ad uccidere.
Sono i sogni quindi a mandarci avanti, è quel sublime, che si incontra anche nel ridicolo.
A livello tecnico, Marguerite si distingue per un ottimo gusto nei costumi e nella fotografia, nella costruzione di personaggi ben caratterizzati (su tutti il cameriere e confidente Madelbos) che però qua e là si perdono, ai quali non sempre è dato il giusto ed equilibrato peso, e per una colonna sonora ovviamente da intenditori. Splendida Catherine Frot, che lascia il testimone a Meryl Streep che nel 2016 interpreterà il soprano Florence Foster Jenkins che ha ispirato il regista Xavier Giannoli e la sua protagonista.
L'unico difetto sembra però essere quello di mancare di una vera sostanza, di un qualche peso, che con molta probabilità si è disperso troppo in quei 127 minuti di durata, francamente esagerati.

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