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2 settembre 2016

Venezia 73 - Frantz


E' l'anno dei melò post bellici a Venezia, e dopo i drammi lacrimevoli di Cianfrance, tocca ad Ozon.
Siamo nel 1919, la guerra è ancora un ricordo vivo, le tombe sono ancora fresche, e l'Europa guarda oltre i confini con odio.
In quella guerra è morto Frantz, figlio di genitori devoti, promesso sposo di una giovane -Anna- che si sente vedova, e che ha preso il suo posto in casa, dando vita ad una nuova famiglia.

Il lutto pervade questa casa vestita di abiti scuri, resi ancora più scuri da un bianco e nero che si colora solo là dove torna il ricordo, dove fa capolino un sorriso e la gioia di vivere. Il colore corrisponde all'arrivo in città di Adrien, giovane francese che non passa inosservato agli sconfitti tedeschi. E' lì per parlare con quella famiglia, per condividere i suoi ricordi di Frantz, e così facendo, dopo un'iniziale diffidenza, riporta la felicità, la calma, si esce dal dolore. E fa capolino l'amore, la tenerezza, fra lui e Anna, che vede tanto di Frantz in questo giovane francese che ha combattuto la stessa guerra e porta cicatrici difficili da guarire.
Tutto cambia con l'arrivo della verità, con il ritorno al bianco e nero, e parte una seconda parte fatta di ricerca, questa volta in Francia, con la tedesca Anna alla ricerca di un Adrien disperso.
Anche qui si arriverà a una verità che fa male, che si nasconde per evitare ulteriore dolore.
Il prolifico Ozon non si lascia sfuggire la possibilità di sperimentare il genere agée del melodramma, donandoci un messaggio pacifista quantomai attuale, e lo fa con la solita classe, che significa costumi anni '20 da voler rubare, musiche eleganti, attori bellissimi, in particolare l'intensa Paula Beer.
Ma c'è qualcosa che non va, c'è una lunghezza che si sente, una divisione netta delle parti, pur speculari, che non mi convince. Tutto è tratteggiato bene, tutto è scritto bene, con una ricostruzione dei dettagli e delle personalità impeccabili, ma manca il guizzo, manca la vera emozione, e così nonostante una fotografia eccelsa, che passa e sfuma dal bianco e nero ai colori in base alle emozioni, alla vita in gioco, questi colori ai miei occhi restano tenui.

3 commenti:

  1. Strano... Ne ho letto solo bene, e di solito Ozon tanto che ti (mi) piace.
    Per alcuni, sarà premiatissimo. Lo aspetto comunque. :)

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    1. A livello tecnico, é una meraviglia, a me é la storia che non ha convinto, da melodramma d'altri tempi e che stranamente nonostante i tanti sentimenti messi in piazza, non é riuscita ad emozionarmi... Un premio per l'attrice ci può stare.

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    2. Un film asettico dove prevale l'immagine come trama principale. Paula Beer va anche oltre il premio. La parte finale è pasticciata e toglie anche fascino e carattere a Adrien.

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