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4 settembre 2016

Venezia 73 - In Dubious Battle


E alla fine ce l'ho fatta a vederlo, l'ultimo film di James Franco, nell'ultima proiezione possibile.
Sveglia all'alba solo per lui, fila chilometrica e disagi evitati.
Quando si tratta di mettersi dietro (ma anche davanti) la macchina da presa, il buon James non ha dubbi e va a pescare dai grandi classici moderni della letteratura americana, Faulkner prima, Steinbeck ora.

Gli ambienti sono quelli cari all'autore, in mezzo ai poveri, ai disperati della Grande Depressione che vedevano nella California e nelle sue piantagioni il nuovo oro.
Siamo in mezzo a loro, con il salario più che dimezzato, con l'umore a terra, e in mezzo a loro si insidiano anche Mac e Jim, radicali, pronti a smuovere le coscienze dei lavoratori, ad indire scioperi e proteste per un futuro migliore.
Ci sono tecniche, comizi, sotterfugi per portarli dalla loro parte, ci sono campi da organizzare, pericoli da evitare, perchè i potenti, dalla forza bruta, sono sempre pronti a seguire e proteggere i propri interessi, a qualunque costo.
Una battaglia su due fronti, ma questa volta, proprio il materiale che si trova tra le mani Franco, confeziona un film più retorico e meno riuscito degli altri.
Il problema sta propri nell'impianto della sceneggiatura, fatta per lo più di comizi urlati, di incitamento alla folla, e di svolte che poco sorprendono.
Si è distanti da quanto di crudo ma incisivo visto ne L'urlo e il furore o in Child of God, ma Franco non sbaglia nella scelta di attori con un cast all star (piccoli ruoli per Robert Duvall, Byan Cranston -davvero un paio di minuti- Zach Braff e Ashley Green) dove spicca il co-protagonista Nat Wolff e la sempre più promettente Selena Gomez. Sbaglia invece in una colonna sonora che entra a sottolineare i momenti più romantici e drammatici facendosi troppo sentire, e rendendo il tutto eccessivamente retorico.
In Dubious Battle è quindi la più debole delle sue trasposizioni a livello tecnico, ma anche quella che racchiude il messaggio più importante e ancora attuale, impossibile infatti non pensare alla situazione di migranti e di lavoratori illegali sparsi per il mondo, dimenticati e non uniti nella lotta per i loro diritti e la loro dignità. Grazie a poche righe, a gesti simbolici, Franco è capace di ricordarceli, e di emozionarci.

2 commenti:

  1. mmm, su questo ne ho lette di cotte e di crude: per altri è il film della maturità, per te, ad esempio, è il meno riuscito. A me mancano tutti, praticamente, e vedo se ora ne trovo qualcuno, senza passare per venezia. :-P
    In giro, avevo adocchiato L'urlo e il furore.

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    1. Molte scelte di regia non mi sono piaciute troppo, e la colonna sonora mi ha fatto più volte storcere il naso... Sarà che il tema ad essere di quelli maturi, ma a confronto L'urlo e il furore é ben altro, per non parlare di The Child of God, spietato e crudo in cui Franco si vede poco e si fa valere dietro la macchina da presa. Peccato che qui faccio sempre il pienone e poi in sala non arrivino..

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